Tra progetto e quotidianità.
La vicenda storica della scuola italiana è attualmente letta da alcuni, e forse anche da
molti, nella prospettiva dellansiosa attesa di una sorta di renovatio messianica,
dalla quale discende una certa presbiopia progettuale sfortunatamente congiunta ad una
notevole miopia operativa.
Accade, insomma che, da parte di chi vive in questa tensione psicologica, che
finisce con lessere anche sospensione razionale, non si riesca a realizzare il
necessario collegamento con lindispensabile ed insopprimibile realtà della
quotidianità scolastica.
Parliamo di presbiopia progettuale perché molte delle tante attività di progettazione
che fioriscono nella trama culturale del sistema scolastico, soffrono di una sorta
deffetto proiezione, per cui si finisce con limmaginarne la piena
realizzazione soltanto in tempi lunghi o in qualche caso lunghissimi.
Si pensi, a questo proposito, alle argomentazioni di coloro che sostenevano che soltanto
dopo il riordino del sistema scolastico secondario si sarebbe potuto dar luogo alla
riforma, pur invocata disperatamente, degli esami di Stato finali e conclusivi del corso
di studi secondari superiori.
Tali argomentazioni portavano, in pratica, ad ipotizzare che quellinvocata riforma
degli esami fosse operativa almeno dieci anni dopo che ad essa si fosse in qualche modo
arrivati sul piano legislativo, poiché questi risultavano, a conti fatti, i tempi tecnici
occorrenti per la messa a regime di una ipotesi di riordino totale del sistema scolastico
che culminasse e sfociasse nel rinnovo anche delle procedure di verifica conclusiva dei
risultati raggiunti dal sistema stesso.
Sulla riforma degli esami di Stato torneremo, comunque, più avanti, per riflettere sulla
portata che essi possono avere in termini di incidenza sul rinnovamento dello stesso
sistema scolastico.
Ma parliamo anche di miopia operativa, perché proprio nella fase spicciola, banale,
quotidiana delloperare scolastico accade spesso che si verifichino sfasature e ci si
aggrovigli in difficoltà che una visione appena più lungimirante e aperta della
situazione avrebbe potuto evitare.
La Riforma
Gentile.
Proprio in relazione a questa situazione complessiva di non limpida lettura e visione
della problematica complessiva del rinnovamento, vuoi in riferimento ad obiettivi a breve
o brevissimo termine, vuoi pensando e proponendo risultati a più lunga scadenza, può
essere particolarmente utile una riflessione che, magari ancorandosi a qualche realtà
storica di riferimento, possa proporsi come ipotesi di sistema, per fare chiarezza su
quello che oggi esiste, in tema di rinnovamento della scuola italiana, e su quello che
domani, dallesistente di oggi potrebbe, con buona probabilità progettuale,
derivare.
E non si fa certo fatica ad identificare la possibile realtà storica di riferimento nella
Riforma Gentile, alla quale occorre riconoscere subito lo status di unico provvedimento
legislativo che nella complessità della sua pluriennale articolazione ha inciso in
maniera sufficientemente marcata sul sistema scolastico italiano nel corso di
questultimo secolo.
Si sarebbe tentati di dire che, prima di fare giustizia della Riforma Gentile, come
qualcuno potrebbe essere tentato di proporre, magari anche soltanto nella prospettiva di
uno slancio iconoclasta, è indispensabile rendere giustizia alla Riforma Gentile. E si
potrebbe anche essere tentati di dire che il limite di sintesi di quella progettazione
scolastica sta, al massimo, nella sua data, nel senso, non revocabile in dubbio, che
quello che poteva andar bene nel 1923 (ma la Riforma fu a regime soltanto dal 1928), anche
a non voler considerare le peculiarità intrinseche del contesto storico-politico in cui
Gentile pensava ed operava, non va comunque certamente bene nel Duemila.
Non è questa certamente la sede adatta per svolgere compiutamente una rassegna degli
aspetti caratterizzanti di quella riforma, aspetti abbastanza noti se non per altro,
almeno per la loro diuturna presenza nel sistema scolastico. Quello che in questo contesto
potrà essere utile ricordare è che la Riforma Gentile impiegò almeno cinque anni, a
partire dalla prima acquisizione normativa, per articolarsi nella sua compiutezza, e che
gli interventi correttivi si susseguirono in quei cinque anni e nei successivi, senza che
la proposta di rinnovamento avesse quella sorta di monolitica compattezza che solo nel
tempo e col tempo ha finito con lassumere.
Va detto, insomma, che se a noi, oggi, nella prospettiva di una lettura
storica essa appare come un blocco abbastanza compatto dal punto di vista
dellimpatto normativo, in realtà quella compattezza venne fuori soltanto attraverso
una sorta di stratificazione che è certamente il segno del travaglio esperienziale e
decisionale che alla compattezza stessa porta.
Di qui farei discendere in primo luogo un atto di fiducia nel travaglio attuale, nel senso
che le difficoltà che si incontrano sul cammino di un processo di rinnovamento, tanto
indispensabile quanto faticoso1, vanno forse collocate in una prospettiva di fisiologico
superamento delle contingenze storiche e della loro altrettanto fisiologica resistenza
alle novità, soprattutto quando queste novità, come nel caso dellinnovazione
scolastica, vadano ad incidere in prospettiva diacronica, nei tempi lunghi della vicenda
dei cittadini.
Voglio dire che una innovazione registrata nel sistema scolastico produce conseguenze su
larga scala: avrà forse bisogno di tempi lunghi per essere assimilata e messa
compiutamente in circolo, ma, una volta inserita nel meccanismo operativo del sistema
scuola, la sua azione si esplicita a lungo e largamente.
Il Novecento e il programma di Storia.
Uno dei casi più tipici ed esemplari di quanto appena detto lo si può riscontrare nelle
dinamiche apertesi a seguito della decisione di considerare il Novecento un luogo
privilegiato e insostituibile della formazione degli studenti nellanno conclusivo
dellultimo ciclo. Era inevitabile che da quella scelta scaturissero polemiche anche
se non sempre il modo con cui esse si sono articolate ha permesso di approfondire quello
che era ed è il nesso principale dellintera questione: il rapporto tra comprensione
del passato e analisi del presente, la formazione di una mentalità critica e di una
coscienza civile e attenta, la verifica che lintero curriculum sia orientato tanto
allinserimento nel mondo del lavoro quanto alla partecipazione critica alla vita
pubblica come cittadini consapevoli.
La scelta di dedicare alla storia del Novecento lintero ultimo anno non può essere
vista come un semplice appiattimento verso il presente dello studio della storia. Resta
centrale, in questa disciplina, la globalità dellapproccio diacronico: che
sintegra del resto perfettamente con il mantenimento di una forte presenza della
cultura classica, medievale e umanistica in altre fondamentali materie del ciclo
superiore.
La necessità di affrontare in modo più completo e globale la storia del Novecento è
nata da una duplice esigenza: superare il limite ormai anacronistico della seconda guerra
mondiale come termine ad quem del programma reale nel migliore dei casi
dellultimo anno; spingere gli insegnanti a unopera di aggiornamento e di
maggiore sensibilità interdisciplinare coerente proprio con le esperienze compiute da una
minoranza degli stessi nella sperimentazione compiuta nellultimo decennio. Che si
sia trattato di una scelta attesa e necessaria, del resto, lo attestano proprio le decine
di corsi di aggiornamento che hanno visto impegnati migliaia di insegnanti in ogni parte
dItalia; corsi che hanno permesso un confronto e un rapporto proficuo tra il mondo
della scuola e quello delluniversità e della ricerca.
La scuola non può restare alla retroguardia della formazione storica delle coscienze, non
può ignorare i processi di costruzione del senso comune storiografico che i mass-media
sollecitano e attuano con modalità spesso strumentali e sempre superficiali ma che
lasciano comunque un segno indelebile nelle convinzioni e nella trasmissione di paradigmi
interpretativi. Non si tratta, ovviamente, di proporre delle verità storiche condivise su
temi su cui la stessa analisi storica è lungi dallaver trovato giudizi comuni: ma
di innescare un ripensamento critico, metodologicamente e teoricamente agguerrito, capace
di affrontare la complessità delle problematiche che sono dentro a ciascuna delle grandi
questioni del Novecento.
Soltanto se e quando ci saremo messi compiutamente e chiaramente daccordo su quello
che tutti i cittadini debbono possedere a livello di strumenti della conoscenza, potremo
rendere meno prescrittivi, vincolanti, cogenti i programmi scolastici. Solo allora potremo
proporre un modello di scuola degli obiettivi, in alternativa secca alla scuola dei
programmi, per arrivare a far uscire dal sistema giovani ai quali possiamo serenamente
chiedere di mettere in campo le loro capacità, perché quelle capacità la scuola gliele
ha date.
I tempi
della riforma.
Non è questa la sede per passare in rassegna le caratteristiche e le peculiarità della
proposta normativa di riassetto totale del sistema scolastico italiano. Voglio dire
soltanto che, al di là delle integrazioni e correzioni che il parlamento vorrà
apportare, auspicabilmente senza snaturarlo, il progetto disegna con sufficiente snellezza
la scuola italiana degli anni Duemila, una scuola che recuperi uno spazio attualmente
piuttosto poco valorizzato, quello terminale della scuola materna, che riorganizzi il
ciclo primario, dandogli più spazio, che ponga al centro anche temporale del processo
lorientamento dei giovani, attraverso lanno di orientamento generale, il
biennio di orientamento mirato e la netta caratterizzazione del triennio.
Cè una cosa, apparentemente marginale, che mi piace sottolineare a proposito di
questa ipotesi di riordino dei cicli scolastici: un avvio realizzato secondo le
prospettive tradizionali con linizio dal primo anno e la successiva crescita
fisiologica, se così si può dire, delle classi rinnovate, richiederebbe tredici anni per
la messa a regime piena e totale. Non credo di esagerare se dico, a questo punto, che
probabilmente al traguardo del tredicesimo anno, sugli anni iniziali del corso si
registrerebbe già la necessità di qualche correttivo rinnovatore.
Ed è questo un caso tipico di presbiopia progettuale, che abbiamo cercato di correggere,
prevedendo la possibile messa a regime con partenze simultanee da quattro livelli: quello
iniziale della scuola materna, uno intermedio nel ciclo primario, un altro a livello
iniziale del ciclo secondario ed un quarto livello di seconda parte dello stesso ciclo
secondario. Il che implica che, una volta accettato questo sistema, nel giro di tre anni
dal suo avvio la riforma sarebbe completamente a regime.
Autonomia e rigenerazione della scuola.
Fare, a questo punto, previsioni sullevoluzione prossima e remota della situazione
scolastica italiana è attività da cui rifugge limpegno culturale ed anche quello
politico, con riferimento ai troppi fattori imponderabili che governano la realtà
socioculturale in generale e quella scolastica in particolare.
Cè però la possibilità di fare almeno una riflessione: lo stato di
sclerotizzazione del sistema era giunto ad un livello tale, nel momento in cui sè
messo mano allautonomia scolastica, che continua ad apparirmi il collante di tutte
le problematiche innovative, il brodo di coltura di tutti i positivi germi della crescita
culturale del sistema educativo italiano, che un ulteriore indugio avrebbe forse di quel
sistema segnato il collasso.
Di qui discende la certezza di una sorta di inarrestabile processo rigenerativo: una
scuola attraverso la quale sta passando la ventata ossigenatrice dellautonomia non
potrà non essere anche una scuola nella quale la catena di reazioni alla staticità
normativa si metterà in moto inarrestabilmente.
Si pensi anche alle spinte rinnovatrici che pulsano allinterno del sottosistema
delle sperimentazioni, un sottosistema che sè tentato, riuscendovi in gran parte,
di disciplinare senza soffocarlo, attraverso opportune e meditate restrizioni
nellambito delle autorizzazioni, ma che continua a costituire il grande polmone
dellinnovazione, opportunamente verificata sul campo prima ancora di sistemarla
nella organicità di un regime normativo.
Al parlamento italiano, sotto la spinta propositiva del governo, spetta in questo momento
il compito e la responsabilità di non frustrare queste spinte rinnovatrici, determinando
invece le condizioni più positive per la loro maturazione ed organica definizione.
*Riprendiamo da "Italia
Contemporanea" n. 214 questo intervento del Ministro della P.I. on. Luigi Berlinguer.
"Italia Contemporanea" è la rivista trimestrale dell'INSMLI (abbonamento annuo
£ 100.000, abbonamento annuo per insegnanti e soci della rete degli istituti associati
all'INSMLI £ 75.000; ccp 77228005 intestato a: Carocci editore, via Sardegna, 50 -
00187 Roma), stampata e distribuita da Carocci editore (e-mail: carocci.riv@swen.it).
Torna SU
|