Cesure e concettualizzazioni del Novecento

All’interno di questo percorso problematico occorre forse partire da una riflessione sulle questioni e i temi da assumere come centrali, sulle cesure e le periodizzazioni del secolo, attraverso le quali ripercorrere la storia senza smarrirsi nella grande quantità di avvenimenti e di problemi diversi.

Nel 1950 lo storico, Lucien Febvre invitato da "Le Monde" a tracciare un bilancio del primo mezzo secolo, individuò come cesura periodizzante la rivoluzione scientifica di Einstein e giunse a non introdurre in questo bilancio né la prima guerra mondiale né il 1917: un’applicazione quasi paradossale della critica alla histoire événementielle compiuta dalle "Annales". In realtà l’angoscia del secondo dopoguerra segnato da Hiroshima ha dietro di sé sia la rivoluzione scientifica che la prima e la seconda guerra mondiale: processi di lungo periodo e cesure traumatiche vengono a intrecciarsi e a confluire.

Ai fini del nostro discorso, indicazioni importanti derivano certamente dal dibattito storiografico che in questo finire di secolo ha prodotto primi i bilanci generali. Ma è necessaria soprattutto una profonda riflessione sull’idea di contemporaneità, sul Novecento, sul rapporto tra modernità e post-modernità: nodi teorici che sono stati sullo sfondo del confronto aperto intorno alle scansioni cronologiche e alle cesure del secolo. Trovare le coordinate per ripercorrerlo significa anche ripensare al proprio tempo e alla propria identità di contemporanei, significa capire lo sviluppo non lineare dalla modernità alla contemporaneità connotata ora dalla "dislocazione" e dalla "virtualità".

Il viaggio intorno a questo passato porta anche ad individuare ciò che del Novecento non passa, le permanenze che ritornano in modo inquietante come le guerre, le pulizie etniche, i nazionalismi ‹‹ed è facile pronosticare che nel prossimo futuro gli storici del Novecento dovranno confrontarsi con la memoria e la storia non solo della Shoah ma di altri, previsti e prevedibili, orrori e crimini.››

Un esame del Novecento implica dunque ‹‹uno sforzo di sintesi che è insieme interpretazione e rischio di giudizio di valore.››

Le sintesi che gli storici hanno elaborato sono state appunto interpretazioni diverse e molteplici: il secolo "delle guerre", "dei totalitarismi", "delle ideologie", "degli estremi", "delle donne". Giudizi che si sono intrecciati con le proposte di periodizzazione: dal secolo breve di Hobsbawm all’epoca lunga di Charles S. Maier, dal secolo spezzato di Leonardo Paggi fino ad arrivare alle scansioni delle guerre civili di Ernest Nolte. Cesure e periodizzazioni che non vogliono significare il primato degli eventi, ma piuttosto rappresentano modi diversi di rendere il senso di questo secolo, di riflettere sulla cultura occidentale, sulla sua egemonia, sui suoi valori e disvalori. Le cesure del progresso, le domande e le paure per il futuro potrebbero anche diventare le chiavi di lettura del secolo e della contemporaneità.

Ma le periodizzazioni da sole non bastano a comprendere questa storia, occorre anche un lavoro di concettualizzazione, di costruzione di categorie che rendano intellegibile il tempo presente. I processi di modernizzazione della società attuale e il rischio di sradicamento dal passato richiedono una riflessione profonda, soprattutto in un’epoca in cui la fine delle filosofie della storia sembra privare di senso l’immagine di un percorso lineare e aprire prospettive conoscitive basate sulla frammentazione.

Proprio in questa direzione Mariuccia Salvati sottolinea la necessità di non identificare i termini contemporaneità e Novecento i quali, lungi dall’essere sinonimi, definiscono invece campi d’indagine diversi: il Novecento è un termine carico di significati e ‹‹parola tipicamente "europea" perché intrisa di quella cultura della storia, al singolare, con la maiuscola – cioè come Ragione e Civiltà – (..) Ciò che è peculiare di questa cultura, e dunque della storia del suo Novecento (che terrei distinta dalla storia del xx secolo nel mondo, cioè dell’età contemporanea) è la cesura rappresentata dalla copresenza di volontà, di modernità, e di una sorta di autocritica interna e crescente di quella stessa modernità.››

Dunque una storia che non è più semplice continuazione degli eventi dell’Ottocento e che vive profondamente la crisi del progresso e l’incertezza verso il futuro: un contesto che rende sempre più problematico il senso della trasmissione storica.

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