I problemi posti dalla riforma dei cicli

 

.Al curricolo elaborato dalla Sottocommissione presieduta da Chiara Croce si sono aggiunti, col tempo, alcuni curricoli "alternativi", fra i quali il curricolo Pitocco-Polacco (il primo storico modernista e il secondo presidente dell’associazione Prisma, per il ripristino della formazione classica); quello elaborato dall’Aimc e l’altro (che chiameremo per brevità "Villari"), elaborato da un gruppo di storici, con il supporto didattico di alcuni collaboratori della rivista "Lineatempo"; vicina alla Cattolica e ad ambienti di Comunione e Liberazione. E’ una situazione inedita, nella quale sembra affermarsi il principio che – almeno per quanto riguarda la storia – chiunque possa scrivere il suo programma, certo che verrà preso in considerazione da un Cnpi di larghissime vedute. E’ evidente che questa nuova situazione impone con urgenza la diffusione e lo studio dei criteri da seguire per elaborare un simile progetto, e – fra questi – la conoscenza dei vincoli legislativi e istituzionali, nei quali si deve operare. Tali leggi, infatti obbligano tutti, sia gli esperti nominati dal ministero e sia quelli autonominati, a tenere conto di fattori che, nonostante alcuni proclami nomoclastici, potranno essere cambiati con qualche difficoltà, anche da un governo diverso. Non sembra, infatti, che tali fattori siano stati presi nella giusta considerazione dai nuovi legislatori, impegnati forse più nella polemica contro il testo ufficiale, che nella messa a punto di una proposta funzionante e rispettosa della nuova realtà scolastica. Per questo motivo, è utile rammentare i termini ai quali conviene attenersi, e ripercorrere serenamente il lavoro fatto dalla Sottocommissione. In sintesi, tali fattori obbligano a progettare:

  1. un curricolo di competenze, cioè una progressione di "capacità di ragionamento", che guidi la formazione degli italiani per 15 anni (3 anni di scuola dell’Infanzia, 7 di scuola di base e 5 di superiore).
  2. Tale progetto è indirizzato a scuole "autonome", le quali, di conseguenza, hanno il diritto-dovere di "completare" con loro proposte, il curricolo nazionale (le percentuali di curricolo autonomo oscillano intorno al 20%).
  3. La scuola di base è caratterizzata dal fatto che risulta dalla fusione delle vecchie elementari e medie: il che, in termini di vincoli legislativi, è stato tradotto nell’obbligo di progettare un curricolo molto integrato, per la prima parte (l’ambito storico-geografico-sociale), e un po’ più "disciplinare" per la parte finale.
  4. La scuola superiore è divisa a metà dall’obbligo: e questo pone la grave questione di decidere quali sono le materie cosiddette di "equivalenza", quelle per intenderci comuni a tutti i giovani italiani, perché legate alla formazione del cittadino, e quelle invece più specialistiche e di indirizzo.
  5. Il sistema scolastico, nel quale si opera, è "integrato": la questione apparentemente si esaurisce nel rapporto fra scuole pubbliche e private, ma nella sua sostanza principale riguarda invece un aspetto poco discusso nella grande stampa (ad eccezione mi pare di un unico intervento, di Allulli, sul "Sole 24 ore"). E’ il problema della formazione professionale: così spinoso che quasi da solo bloccò la riforma Brocca. In Italia, infatti, oltre agli istituti professionali di stato, operano una miriade di agenzie (religiose, private, sindacali, regionali) che curano la formazione dei giovani che fuoriescono dal sistema formativo dopo la scuola di base. La riforma prevede che la formazione di tutti i giovani italiani rientri in un unico sistema.