"Siamo impegnati in Kosovo con i nostri alleati per
un' Europa che, per la prima volta nella storia sia pacifica, unita e libera. E
siamo lì per contrastare l'ultima grande minaccia a quel grande obiettivo: l'instabilità
dei Balcani, scatenata da un'infame campagna di pulizia etnica. (
)
Le intollerabili condizioni in cui la regione si trova sono il risultato di una campagna
decennale di Slobodan Milosevic per
costruire una "Grande Serbia", destinando interi popoli alla distruzione a causa
della loro etnia e della loro fede. I suoi metodi brutali sono ormai noti. (
) Ci
perseguitano le immagini di persone strappate dalle loro case. (
)
In un primo momento la comunità internazionale reagì con studiata neutralità,
equiparando le vittime agli aggressori. Poi con la diplomazia e schierando truppe di pace
disarmate, con il mandato di difendere i civili, ma senza i mezzi per farlo. Quando la Nato
entrò in azione, 250 mila persone erano già state uccise, oltre 2 milioni deportate,
e molte non hanno ancora fatto ritorno a casa. In futuro, pensando al Kosovo, si dirà che
in quest'occasione sono state salvate più vite, e che tutti i rifugiati sono tornati a
casa, perché abbiamo agito rapidamente e con forza sufficiente.
Non siamo in grado di reagire dappertutto a simili tragedie, ma quando il conflitto etnico
si trasforma in pulizia etnica, ovunque la nostra azione possa essere determinante,
dobbiamo tentare. E questo è il caso del Kosovo. Se avessimo mancato a questo imperativo,
il risultato sarebbe stato un disastro morale e strategico. I kosovari sarebbero
diventati un popolo senza patria (
). Il conflitto balcanico sarebbe continuato
indefinitamente, minacciando di estendersi in una guerra più vasta ed in continue
tensioni con la Russia. La stessa Nato sarebbe stata screditata per aver mancato di
difendere gli stessi valori che danno senso all'Alleanza.(
)
La strategia di Milosevic è di superarci sulla distanza dividendo l'Alleanza. Ma
ha fallito.(
) Nel frattempo la nostra campagna aerea ha distrutto e danneggiato un
terzo delle forze corazzate serbe in Kosovo, metà della loro artiglieria, gran parte
della loro capacità produttiva di munizione, l'intera capacità di raffinazione del
carburante ed ha prodotto enormi danni ad altri settori dell'economia. (
) L'UCK ha
iniziato a passare all'offensiva contro le forze serbe, impegnate a nascondersi
dagli attacchi aerei. (
)
Anche se non escludo altre opzioni militari, noi perseguiamo la strategia attuale per tre
motivi.
Primo, e più importante, perché sta funzionando e riuscirà a far rispettare le
condizioni poste dalla Nato: riportare a casa i kosovari con i serbi fuori dal territorio
e lo spiegamento di una forza internazionale di sicurezza. Questa forza deve avere la Nato
come nucleo, il che significa che deve avere un comando Nato(
). In secondo luogo
la nostra strategia gode di un appoggio ampio e profondo nell'Alleanza e ci
permette di raggiungere i nostri obiettivi. In terzo luogo, questa strategia ci dà
la migliore occasione di raggiungere i nostri obiettivi in un modo che rafforza, non
indebolisce, il nostro fondamentale interesse in una relazione positiva con la Russia.
L'Unione Europea e gli Stati Uniti devono fare per l'Europa sud-orientale quel che
noi facemmo per l'Europa occidentale dopo la seconda guerra mondiale e per l'Europa
centrale dopo la guerra fredda. (
) Le democrazie della regione stanno già reagendo
alla spinta integrativa, portando avanti le riforme, accettando i profughi e appoggiando
la campagna della Nato. Una Serbia democratica, che rispetti i diritti dei propri
cittadini e dei propri vicini, può e deve unirsi a loro. Se lo fa, la aiuteremo a
ristabilirsi e ad occupare il suo giusto posto come Stato europeo dei Balcani e non
come Stato balcanizzato alla periferia dell'Europa."
(da "La Stampa",
24.05.1999)
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