Conclusioni

Perché raccontare quest’esperienza? Almeno per due ordini di fattori: l’uno inerente all’utilizzo delle "nuove tecnologie" nella didattica, l’altro più propriamente connesso ad una riflessione sulla didattica laboratoriale della storia e al valore della "memoria" nella ricostruzione storica.

Rispetto al primo ambito, la risposta va cercata ponendo attenzione al contesto illustrato: non certo ricco di opportunità né facilitante, anzi frequenti sono stati i momenti di impasse (malfunzionamento dei PC, disguidi nell’accesso al laboratorio, "sparizione" di file, difficoltà a reperire informazioni, scarsa familiarità con i libri da parte dei ragazzi….) che hanno rischiato di scoraggiare insegnante e studenti!

Ma se l’uso del mezzo tecnologico comporta alcuni dei limiti sopra indicati, la sua mancanza oggigiorno è causa di deprivazioni ben maggiori: le facilitazioni nell’accesso e nella gestione delle informazioni, quindi la possibilità di "essere presente", di levare la propria voce, o quanto meno di conoscere, costituiscono -e costituiranno sempre più- le discriminanti tra chi potrà essere "dentro" e chi si troverà inevitabilmente escluso dalla "rete".

E’ necessario avviare un processo di costruzione di conoscenze e di nuove competenze comunicative, come alfabetizzazione telematica finalizzata non solo alla fruizione (il già diffuso "consumismo-avanzato"), ma in special modo alla padronanza/produzione dei saperi.

In quest’ottica ben si colloca il nostro lavoro, che presuntuosamente mira a coniugare esperienza soggettiva e "oggettività" (1) della storia ricostruita, presente – passato - futuro, educazione e istruzione.

Soffermandoci in ambito didattico e laboratoriale, premettiamo che il nostro lavoro non è partito con l’intento di verificare ipotesi storiografiche o antropologiche, perché ci sembrava sufficiente un atteggiamento osservativo, di compartecipazione e conoscenza dei modi di vita di persone care -i nonni- portatori di un’esperienza spesso molto distante da quella dei nipoti. Tanto distante da apparire del tutto sconosciuta ed estranea a questi ultimi.

Abbiamo così incrociato temi e attività ricorrenti nel curricolo di una prima media (la famiglia, gli affetti… il ricordo… la lettura, la descrizione, il racconto, l’intervista…) con attività meno usuali, ma fondamentali, quali la consultazione di varie tipologie di testi, la selezione di informazioni, la catalogazione, la rielaborazione, la ricerca, la modellizzazione… il tutto supportato e "strutturato" dall’uso delle tecnologie informatiche, a cui la maggioranza dei ragazzi si è avvicinata per la prima volta.

Nel nostro percorso, centrato più sulla soggettività che sull’oggettività, abbiamo però agevolmente verificato

come spesso la "narrazione" orale e la memoria soggettiva si incrocino e vivifichino o precisino la ricostruzione storiografica.

Ad esempio è stato interessante notare che l’immigrazione dei nonni in Lombardia ha coinciso proprio con gli anni del boom economico: e questo tipo di "scoperte" ha un grande valore educativo, consentendo ai ragazzi di "riappropriarsi" della storia, di sentirsi parte di un grande "gioco".

D’altro canto, la vita descritta dalle testimonianze raccolte si è rivelata una vita arcaica, rispetto alle ricostruzioni degli anni ‘30/’40 dei quali in genere vengono sottolineati gli aspetti di modernizzazione e di progresso tecnologico. Questa duplice visione può tuttavia essere facilmente trasferita alla realtà attuale, ai problemi della maggioranza dell’umanità, al sempre più ampio divario tra nord e sud del mondo, di cui noi abbiamo l’eco attraverso -ancora una volta- il fenomeno migratorio.

Non secondarie sono state le operazioni che i ragazzi sono stati condotti a seguire, per "validare" o contestualizzare il più correttamente possibile reperti e testimonianze: incrociare i dati, verificare le date, ricercare conferme o disconferme, attraverso la consultazione di testi e persone diverse. Tutto ciò, operativamente sperimentato, ha dato ai ragazzi la misura della necessità del rigore documentario, della verifica delle fonti, della precisione nella raccolta dei dati.

Per un’insegnante, condurre i ragazzi a riflettere e a capire, attraverso un percorso co-costruito, può essere un buon lavoro!

NOTE

1. da intendersi ovviamente non come valore assoluto e "neutro", bensì come risultato/razionalizzazione dello studio torna su