4. Storia insegnata e genealogia dell'umanità

 

 

Il vero problema della storia insegnata è, invece, quello di ripensare il passato del mondo non come genealogia di singoli soggetti (gruppi o generi non importa), ma come genealogia dell’umanità. Questo compito eccede sicuramente le forze della didattica, della pedagogia e dell’intercultura e investe direttamente i luoghi della produzione del sapere storico oltre che le scelte politiche dei programmi.

La storia della didattica della storia mostra abbastanza chiaramente che sino alla seconda guerra mondiale la comunità dei ricercatori ha seguito molto da vicino le vicende della storia insegnata. C’era una guerra mondiale da combattere e da vincere e questo ha mobilitato le comunità scientifiche nazionali in tutti i paesi dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti per la costruzione di programmi di studio idonei a formare cittadini orgogliosi della propria etnia e della propria cultura, pronti a difendere col sangue la democrazia. Terminata la guerra si è registrato ovunque il ritiro delle comunità di storici dall’impegno scolastico.

La storia-racconto è rimasta ovunque la stessa, come al tempo della guerra, non è cambiata e non varia. Negli ultimi cinquant’anni gli adeguamenti e le modernizzazioni sono stati affrontati da psicologi, pedagogisti e insegnanti che hanno solamente rielaborato gli stessi contenuti per renderli più comprensibili, più appetibili, più "vicini" agli studenti.

L’istanza interculturale interrompe questa modalità di insegnare storia e richiede nuovamente l’impegno degli storici per risolvere i problemi della storia da insegnare. Tuttavia questo impegno tarda a manifestarsi per motivi vari:

    • La storia insegnata richiede grandi concettualizzazioni;
    • La professione dello storico lo porta a ricerche sempre più particolareggiate;
    • Lo stesso storico ha della storia insegnata un’immagine tradizionale.

Quest’ultima affermazione si rispecchia nel dibattito che negli anni più recenti ha accompagnato in Italia le riforme dei programmi di storia. Quando a metà degli anni ottanta il ministro Falcucci propose di insegnare nel biennio la storia contemporanea, furono proprio gli storici che coralmente obiettarono che non si poteva iniziare un ciclo partendo dalla storia contemporanea, ma bisognava rispettare la sequenza del modello lineare.Una delle paure più insistenti manifestate dagli intellettuali e dagli storici a fronte della direttiva sulla periodizzazione emanata nel ’96 è stata la seguente: se diamo troppo tempo allo studio del novecento, non potremo adeguatamente conoscere l’età antica e il medioevo.

Il modello temporale lineare che non ha più cittadinanza in ambito scientifico, per gli stessi storici rimane dominante quando pensano all’insegnamento della storia. Nella stessa comunità dove si costruisce il sapere disciplinare manca la volontà e la strumentazione per intervenire in sede educazionale. Quello messo in luce dalle istanze interculturali costituisce perciò un problema reale legato a un deficit fondamentale di conoscenza. Pertanto qualsiasi proposta oggi non può che assumere caratteri di provvisorietà e anche la nostra non fa eccezione

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