Dal presente alla storia: una storiografia della soggettività

 

     La pratica della ricerca conduceva all'incontro con tecniche storiografiche mai incontrate nei corsi universitari, come l'uso delle fonti orali (5) ma, considerata la mole delle esperienze che si andavano accumulando, e soprattutto dopo che, nel 1985, l'avvio dei nuovi programmi nella scuola elementare aveva chiamato in forze le sezioni didattiche in varie province all'aggiornamento degli insegnanti di storia, cresceva il bisogno del confronto e cominciò ad essere esplorato il terreno per una concezione curricolare della storia insegnata (6). Le esperienze di ricerca a scuola ponevano il problema di come, che cosa e quanto dovessero conoscere gli allievi del quadro storiografico complessivo, e secondo quali linee questo dovesse essere disegnato (7). Allora lo stile del dibattito risentiva molto dei temi pedagogici del momento (le tassonomie, gli obiettivì ... ) ma poneva già con decisione il problema del rapporto passato - presente.

    I grandi appuntamenti di confronto non bastavano più, era necessario un centro nazionale di riferimento che elaborasse le diverse proposte individuando le strategie di percorso, proponesse alla riflessione dei molti i temi più ricchi di futuro, avvicinando il cammino degli storici a quello della scuola in azione partendo da una lettura della realtà in rapidissima trasformazione, formasse una coscienza comune, un linguaggio ed una pratica capaci di diventare strumento per gli interventi, di sempre maggiore raggio, sul terreno dell'aggiornamento degli insegnanti. Si costituì (8) per tali ragioni il Laboratorio nazionale per la didattica della storia (LANDIS), un istituto della rete ma finalizzato a tali scopi, con sede a Bologna, che cominciò a muoversi collegando le diverse sezioni didattiche e proponendo grandi campagne d'interesse comune (9). D'altra parte l'Istituto nazionale di Milano aveva già come sua emanazione una Commissione didattica, finalizzata all'analisi delle politiche scolastiche generali, cui il lavoro del LANDIS cominciò ad offrire spunti per la messa a fuoco dei problemi e per interventi sul fronte delle istituzioni.

    Il campo originario del tema della Resistenza si era già da tempo allargato: le metodologie didattiche chiedevano spazi di contesto sempre più ampi, in direzione delle durate della storia contemporanea (10), delle dimensioni territoriali di riferimento delle pluralità dei soggetti senza di cui nessuna storia è mai vitale; l'ispirazione radicale di una pratica della storiografia, che costituisse memoria di memoria e collegasse in tal modo il passato al presente dei giovani come trasmissione di valori, non poteva irrigidirsi in un monito astratto di formazione civica, ma doveva essere messa alla prova dei mutamenti e delle emergenze del vissuto attuale. Ciò significava, da un lato, individuare le direzioni del percorso tra l'oggi e tutti gli infiniti possibili ieri (11) e dall'altro aprire le sguardo su un presente che mostrava sempre più evidenti i connotati della complessità.  

     Le osservazioni quotidiane e gli studi sociologici (12) suggerivano l'ipotesi di un nascente stacco generazionale, probabilmente oggi da ascrivere alla seconda metà degli anni Settanta ma rilevabile allora come fenomeno solo nel corso dei decennio successivo. Era necessario dunque fissare l'occhio alla nuova realtà, sfuggente nei suoi lineamenti precisi, per comprendere dove e come potesse innestarsi la sutura dei diversi linguaggi, dove potesse ricomporsi la comunicazione asimmetrica fra le generazioni.

     Il tragitto che individuammo allora passava attraverso le diverse taglie del tempo, dal presente ad una contemporaneità più estesa, al passato, per riconquistare il lento discendere delle epoche fino a noi (13). E come si potevano ignorare la guerra del Golfo, l'esplosione dei Balcani e il riproporsi di orrori antichi, e la postmoderna "arma dello stupro"?

     Bisognava incardinare il passaggio dal presente alla storia nella domanda di civiltà che nasceva dagli sguardi sul mondo, sui mondi. Bisognava inoltre costruire le diverse ampiezze delle appartenenze, dell'identità singolare e plurale, mostrando come i soggetti della storia si muovessero nelle grandi relazioni che noi chiamiamo "storia generale", mentre si affermava la certezza che la "storia di tutti" non potesse nascere dalla somma di tutte le storie (14) perché tale somma è possibile solo se si elide ogni differenza. Esplorammo il cammino inverso: la soggettività è fonte di storia attraverso la trama vissuta delle relazioni, che compongono l'intreccio del contesto. È lo svelarsi di mondi in cui convivono e confliggono le diversità. E l'incontro di prospettive diverse nella ricerca storiografica: "la soggettività e l'intersoggettività degli storici e delle storiche; i soggetti della storia, dai soggetti collettivi alla categoria ancora poco esplorata dell'individualità; i soggetti come oggetto dello storico...; la ricomposizione e l'interiorizzazione delle varie problematiche, ovvero le linee di una nuova storiografia della soggettività" (15).

    Si poneva allora il problema se la "storia del mondo" non fosse per caso un limite, "una metafora, un esperimento" poiché le storie che conosciamo parlano soltanto di luoghi e dei loro abitanti, ed oggi occorrono anche storie per "coloro che viaggiano, che non hanno terre", o per "coloro che la terra la possiedono tutta" (16). Bisognava recuperare alla storia i corpi e le vite nascoste, gli sguardi della differenza a cominciare da quella di genere. Bisognava aprire il campo della memoria e della sua costruzione, dagli archivi "pesanti" a quelli diffusi, dall'uso pubblico della storia alle invenzioni della tradizione, interrogandosi sul legame fra spazi, tempi e cittadinanze (17), in quel passaggio che annunciava il ritorno furioso, all'interno di una crescente globalizzazione, dell'arcaismo etnico. Bisognava scavare, all'interno della storia già compiuta, il nucleo ancora sensibile della scelta (18), per mostrare come nel procedere collettivo si annidasse il momento dell'indeterminazione per cui ognuno è responsabile, anche nel rifugio della "zona grigia". Per tutto ciò, la storia degli storici offriva squarci di luce, ma andava profilandosi anche un nuovo rapporto con la storia insegnata che cominciava ad aprire piste, a spostarsi su terreni non ancora esplorati o a precisare punti di vista non completamente connessi con quelli della produzione storiografica.

    La scuola si delineava come una grande committente della ricerca, con l'esigenza delle sue domande. E questo è un problema che campeggia anche adesso, ridefinendo possibili contorni dell'uso pubblico della storia, che risponde alle domande della politica di massa, ma non sa ancora rispondere a quelle della scuola che prepara il futuro.

NOTE

5. AA.VV., La storia: fonti orali nella scuola, Atti del Convegno "L'insegnamento dell'antifascismo e della Resistenza: didattica e fonti orali", organizzato dal Comune di Venezia in collaborazione con l'Istituto nazionale per la storia dei movimento di liberazione in Italia e l'università di Venezia 12 - 1 5 febbraio 1981, Marsilio Editori, Venezia, 1982. torna su

6. Il dibattito cominciò a prendere forza nel 198/1987 nella Commissione didattica e nel LANDIS con molti documenti preparatori come le "Tesi sul curricolo di storia" ampiamente discusse. torna su

7. AA.VV., La storia insegnata, a.c.. di 0. Clementi, G. Marcialis, T. Sala, edizioni scolastiche Bruno Mondadori, Milano, 1986. torna su

8. Nel 1983. torna su

9. Seminario di studi delle Sezioni didattiche "Gli Istituti storici e l'insegnamento della storia", Bologna, 2 - 4 novembre 1986; su di esso, v. R. Lamberti, Gli Istituti della Resistenza e l'insegnamento della storia, in "Italia contemporanea, n. 166, marzo 1987. torna su

10. G. Quazza, Resistenza e storia d'Italia Problemi e ipotesi di ricerca, Feltrinelli, Milano, 1976. torna su

11. Convegno nazionale di studi "Il curricolo di storia. Ricerche e proposte delle sezioni didattiche degli Istituti storici della Resìstenza", Cesena, 10 - 13 marzo 1988. torna su

12. A. Cavalli (a. c. di), Il tempo dei giovani, Il Mulino, Bologna, 1985. torna su

13. A. Delmonaco, " ... fino ai nostri giorni": storia contemporanea e presente, in "Annale '92", Istituto Romano per la Storia d'Italia dal Fascismo alla Resistenza (IRSIFAR). torna su

14 .Scuola LANDIS per formatori dell'arca storico sociale "Formarsi per formare. Approcci storiografici alla soggettività nel contesto dei regimi autoritari", primo modulo, Bologna, 27 febbraio - 3 marzo 1991; secondo modulo, S. Agata dei due Golfi (NA), 1 - 4 aprile 1992. torna su

15. Intervento di L. Passerini in "Formarsi per formare" cit. 28 febbraio 1991.V. il fascicolo LANDIS a c. di G. Bertacchi, 0.Clementi, Formarsi per formare. Un'idea LANDIS di scuola per formatori dell'area storico-sociale. Il primo modulo, Bologna, 1992. Stampato in proprio. torna su

16. A. Brusa, documento introduttivo a "Formarsi per formare. Spazi, tempi cittadinanze", seconda scuola di formazione LANDIS per formatori dell'area storico - sociale, primo modulo Bologna, 5 - 8 maggio 1994, secondo modulo ("Historia ludens") Trento, 14 - 16 febbraio 1996. torna su

17. "Formarsi per formare", Bologna 1994, cit. torna su

18. C. Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità della Resistenza, Bollati Boringhieri, Torino, 1991. torna su