Indicazioni metodologiche per l’ambito storico-geografico-sociale

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1. Premessa

Nella scelta delle strategie didattiche è necessario che l’insegnante consideri preliminarmente il quadro di riferimento generale (quali soggetti, quali contenuti formativi, quali modalità d’interazione) rispetto a cui collocare i suoi interventi.

Il curricolo delinea il quadro generale all’interno del quale i docenti possono realizzare autonomamente il progetto educativo, con la garanzia della trasparenza degli obiettivi e dei criteri di scelta dei contenuti formativi, e con la sicurezza del coordinamento delle attività, lungo tutto il percorso della scuola di base. Tale quadro è costituito dall’incontro fra i diversi apparati disciplinari (teorie, concetti, metodi, contenuti e linguaggi specifici), le operazioni concettuali, attraverso le quali il discente si appropria del sapere disciplinare, e – infine – le attività di insegnamento: laboratori, lezioni, visite, discussioni con gli adulti e tra pari e così via.

Questo quadro curricolare è articolato in tre fasi, calibrate in funzione delle modalità cognitive e socio-relazionali dei relativi momenti dello sviluppo. Ogni fase è definita esplicitamente da un elenco di obiettivi, comuni all’area e specifici delle singole discipline che la compongono; è caratterizzata da alcune indicazioni contenutistiche, necessarie per qualificare gli obiettivi (data la natura empirica e fattuale delle discipline geo-storico-sociali), ma è del tutto aperta alla ricerca e alla pratica di modalità efficaci di insegnamento.

2. Descrizione sintetica del curricolo

Nella prima fase (6-8 anni), da progettarsi in stretta continuità con le esperienze già realizzate nella scuola dell’infanzia, il bambino parte dall’esperienza che vive e dalle conoscenze che già possiede per ricavarne, con l’aiuto del docente, alcuni concetti e strumenti, elencati nel curricolo, che gli consentano di iniziare a coglierne la complessità della realtà e a sviluppare il senso della spazio e del tempo. Nel corso del lavoro, il bambino sviluppa competenze diverse, quali ricercare, analizzare, rappresentare, quantificare e raccontare.

Il compito della scuola, già dai primi anni, è quello di aiutare gli allievi a decifrare i messaggi e le immagini del mondo e ad avvicinarsi, seppure nel rispetto delle peculiarità e delle forme d’apprendimento legate all’età, ai grandi temi generali, insegnando loro a dominare gli strumenti attraverso un uso adeguato, per non correre il rischio di esserne inconsapevolmente dominati. Non va trascurato il fatto che la società multiculturale in cui si è immersi trova uno degli ambiti d’elezione, deputati al confronto e all’integrazione, proprio nella scuola: i bambini convivono e si confrontano quotidianamente con compagni di provenienza etnica differente.

Appare ovvio come nel primo biennio l’approccio alla realtà sociale, temporale e spaziale e ai metodi d’indagine debba realizzarsi nell’ambiente vicino al bambino, in continuità con il lavoro svolto nella scuola dell’infanzia. Le "esperienze" senso-percettive e di orientamento nello spazio noto, strettamente connesse con le prime "esperienze" di socializzazione e di orientamento nel tempo, non possono che attuarsi in una dimensione spaziotemporale "vissuta", per contribuire a formare i prerequisiti delle successive acquisizioni.

Successivamente, a 8-10 anni, il bambino, lavorando sull’esperienza diretta, apprende ad elaborare quadri di società e ad organizzarli secondo precise coordinate spazio temporali progressivamente più precise. Utilizza i concetti, appresi nella prima fase, per analizzare, comparare, descrivere e rappresentare società diverse. Si tratta di società osservate direttamente, e dunque nel vicino e nel presente; oppure di società lontane nello spazio e nel tempo, e dunque studiate attraverso l’osservazione indiretta: testi manualistici, divulgativi, televisione, cinema, fumetti, racconti. I quadri sociali, inoltre, possono essere ricostruiti a partire da documenti, riprodotti o realmente osservati (in un museo, in un’archivio attrezzato didatticamente, in uno scavo) o da racconti orali. Questi quadri sociali vanno intesi come descrizioni di società, nelle quali siano ben in rilievo sia la componente ambientale e sia quella dei rapporti e dei soggetti sociali: in tal modo, essi si presteranno ad un insegnamento profondamente integrato delle tre componenti disciplinari. Il docente è libero di scegliere le società che meglio si prestano al suo percorso formativo. Tuttavia, è bene che esse siano uniformemente distribuite nella tipologia prescritta dal curricolo: si eviterà, così, il rischio che gli allievi si formino un’immagine univoca di società, e si otterrà lo scopo di dotarli di strumenti più efficaci per i successivi processi di generalizzazione e di sistemazione delle conoscenze. La presenza di quadri ricavati dall'analisi storico-geografico-sociale del territorio, infine, permette di impostare una ineludibile educazione al patrimonio

L’apprendimento di un’ampia varietà dei modelli sociali è uno strumento necessario, sia per affrontare i problemi dei rapporti interculturali, sempre più presenti anche nelle aule italiane, e sia per organizzare e razionalizzare gli universi mentali dei bambini, sempre più complessi e ricchi di apporti, provenienti da culture e regioni, lontane nello spazio e nel tempo. L’uso, sia pure iniziale dei documenti, è un primo passo per prepararsi alle capacità critiche che il curricolo prevede per le età più mature.

Nella terza fase (10-13 anni) si promuove la conoscenza organizzata e ragionata della storia dell’umanità. Durante i tre anni, gli allievi imparano a mettere in sequenza le immagini sociali apprese; imparano a costruire schemi storico-geografici, capaci di rappresentare il mondo (ad esempio durante il processo di ominazione), una singola regione (ad esempio il mediterraneo antico e medievale), uno stato o una singola località (come ad esempio, nell’analisi di una città medievale o di uno stato italiano di età moderna). Infine, l’allievo impara ad utilizzare le risorse locali, per concretizzare immagini e conoscenze di altri tempi. Lo studio sistematico della storia è rigorosamente sincronizzato con quello della geografia e delle scienze sociali. Questa convergenza autorizza a prevedere un apprendimento efficace della storia generale, tale da consentire agli allievi di assimilare le conoscenze basilari e di formarsi una immagine organica e razionale del passato. Al tempo stesso, le scelte previste dal curricolo mettono in grado il docente di progettare spazi laboratoriali – ben equilibrati nelle tre discipline - idonei a formare le competenze relative alla produzione del sapere, in direzione di quell’acquisizione di capacità critiche che troverà il suo naturale completamento nel proseguimento degli studi.

Osservando il percorso formativo nella sua interezza, si osserva che la continuità fra le sue tre fasi è assicurata da una programmazione collettiva, dei docenti impegnati nelle tre fasi del curricolo, in modo che le esigenze dell’apprendimento finale possano tradursi in immagini di società, in concetti e in strumenti, già insegnati nelle prime fasi; e, viceversa, che le acquisizioni dei momenti iniziali vengano messe a frutto nelle fasi successive.

3. La prima fase: il primo e il secondo anno

Il lavoro suggerito nel curricolo non è del tutto nuovo nella scuola italiana. Infatti, è una prassi diffusa, quella di utilizzare dei "momenti di vita vissuta" come argomenti attraverso i quali gli allievi vengono coinvolti in discussioni e in messe a punto di problemi di vario genere. La novità (peraltro già sperimentata e praticata in moltissime situazioni) di questo curricolo consiste in alcune sottolineature:

    1. si invitano i docenti a focalizzare l’attenzione prevalentemente su concetti, discussioni e problemi che si pensa verranno riutilizzati in seguito. Per favorire questa operazione il curricolo fornisce degli elenchi di parole-concetto, fra le quali i docenti scelgono quelle più utili: conviene, perciò, che questa operazione venga effettuata insieme ai colleghi che operano nelle fasi successive.
    2. Spesso, l’attività didattica di questa fase "parte dal vissuto e resta nel vissuto". Il curricolo propone invece di ricavare dal vissuto concetti (le parole fondamentali della storia, geografia e studi sociali), rielaborarli nei modi accessibili agli allievi, e di "formalizzarli", cioè di rappresentarli nei linguaggi che gli allievi dominano e imparano progressivamente a controllare: corporei, iconici e, man mano, scritti o informatici. In questo modo, i concetti non vengono trattati una volta sola e definitivamente. Ma vengono ricordati, ripresi, modificati continuamente, in contesti sempre nuovi. E, man mano che vengono rielaborati, l'insegnante curerà che i concetti si "diventino sempre più complessi", cioè, che gli allievi scoprano come essi siano connessi con altri elementi, che - proprio nel loro vissuto - non riuscivano a scorgere. In questa attività (di progressiva scoperta della complessità, di formalizzazione e di modificazione consapevole) consiste appunto lo specifico formativo, che rende tale lavoro propedeutico all'apprendimento disciplinare.
    3. Il concetto di competenza, relativamente nuovo (rispetto ai più tradizionali "abilità" o "capacità"), sottolinea il fatto che l'operazione cognitiva va mostrata concretamente in qualche contesto (corporeo, iconico, scritto, narrato, informatico) e che si definisce in modo diverso in ciascuno di essi. Ad esempio, non basta "descrivere il lavoro dei propri genitori", per raggiungere la competenza specifica "riconoscere e utilizzare il lessico di base dell'ambito", prevista per la fine del primo biennio. Occorrerebbe, a tale scopo, provare l'abilità degli allievi anche in altri contesti, ad esempio, "osservando una scena di lavoro", oppure "ascoltando un racconto relativo ad una situazione di lavoro", oppure, ancora - man mano che le competenze di lettoscrittura si consolidano (così come affermato peraltro dai programmi dell'85) - "leggendo una breve descrizione di una situazione lavorativa". In tutti questi casi si osserva come il contesto diverso mette gli allievi in grado di effettuare letture nuove della realtà, di scoprire ulteriori aspetti, prima nemmeno intravisti; e li obbliga a rappresentare le scoperte in forme sempre diverse.
    4. E' diffusa, inoltre, una concezione ristretta del "vissuto", che impedisce agli insegnanti di inserire nella loro programmazione elementi lontani nel tempo e nello spazio, col timore di parlare di "cose che i bambini non possono capire". A questo proposito è bene ribadire il fatto che il vissuto dei bambini è complesso. Vi concorrono non soltanto gli elementi che materialmente lo circondano, e che hanno fatto parte della sua esperienza concreta; ma anche ciò che il bambino ha ascoltato o visto. E, nella nostra società, ciò vuol dire - praticamente - non porre alcun limite teorico alle conoscenze trattabili in questa prima fase. Per questo motivo, è opportuno che i docenti si attengano rigorosamente all'esperienza, rifiutando di trasformare in dogmatismi alcuni corretti principi pedagogici. Infatti, le due condizioni perché "parole e conoscenze" entrino in questa fase del curricolo sono: che siano già possedute dai bambini, e che siano reimpiegabili successivamente..
    5. Rientrano in questa prima fase, anche quelle esperienze - dedicate alla fondazione dei concetti temporali e alla preparazione delle abilità documentarie - che possiamo considerare come le basi per il percorso formativo critico, cioè teso all'acquisizione, nel corso del curricolo, delle capacità di valutazione delle conoscenze (storiche, geografiche e sociali): un campo di attività che ormai diffusamente si chiama "il mestiere dello storico" e dobbiamo aggiungere anche quello del geografo e dello scienziato sociale. In questo campo vanno inserite anche le prime rappresentazioni temporali, mediante semplici grafici, e vanno progettate quelle situazioni ludiche, nelle quali, a partire da tracce o da segni si cerca di ricostruire una data vicenda e così via. Si progettano, ancora, le prime semplici inchieste, volte a verificare la presenza o assenza di determinati sentimenti o abitudini, in gruppi determinati (i compagni di classe, i genitori ecc.).
    6. La rappresentazione dello spazio, prerequisito specifico per la geografia ed essenziale per le altre discipline d'ambito, può essere anch'essa impostata a partire dal vissuto. Infatti, ci si può concentrare inizialmente sull'organizzazione spaziale dello schema corporeo e sulla propria collocazione nello spazio, anche in rapporto ad altre persone o oggetti,m presenti o assenti, precedenti o contemporanei, vicini o lontani. La situazione spaziale statica e dinamica, sperimentata dai bambini, prevalentemente in forma ludica, viene poi rappresentata graficamente indicando le posizioni o tracciando i percorsi di alcuni punti su un foglio, sul quale l'insegnante avrà precedentemente disegnato il perimetro del locale in cui ci si trova, e la posizione di alcuni punti di riferimento, quali gli arredi, le finestre ecc. Per l'acquisizione dei concetti topologici e dei relativi indicatori (sopra/sotto, vicino /lontano, destra/sinistra) si possono adottare metodi efficaci, mutuati dalla psicomotricità, come il "metodo dei contrasti": consiste nel far vivere al bambino due situazioni successive similari, ma nelle quali un elemento (es. il vicino) è sostituito dal suo contrario (es. il lontano): attraverso la percezione del contrasto egli scopre più agevolmente il significato fondamentale dei due termini del binomio. Proprio il contrasto vicino/lontano si presta anche alla formazione delle categorie essenziali del tempo (valutazione delle distanze in termini temporali: è vicino ciò che è raggiungibile in poco tempo) e socio-affettive (le persone più care sono quelle che si percepiscono "vicine"), anche quando sono spazialmente lontane.
    7. Si deve infine dare la doverosa importanza alla osservazione diretta - necessaria per tutte e tre le discipline dell'ambito. L'azione didattica si indirizza all'approccio al concetto di paesaggio, attraverso la percezione sensoriale dello spazio vissuto. L'esplorazione dello spazio vicino alla scuola (meglio se si tratta di uno spazio verde o di un parco urbano) può avvenire inizialmente attraverso la raccolta di indizi sensoriali. La classificazione della grande mole di indizi visivi richiede un criterio d'ordine: è questo uno degli spunti possibili per introdurre una prima distinzione degli elementi componenti di un paesaggio in "naturali e artificiali". Gli allievi vengono così avviati all'applicazione di uno dei metodi fondamentali della conoscenza geografica: l'osservazione diretta, condotta attraverso processi di ricerca e di scoperta, dapprima molto semplici e man mano più articolati. Allo stesso modo, gli allievi potranno essere guidati alla scoperta (o alla semplice ipotesi) di ciò che - a loro giudizio - è da considerarsi recente o antico (esiste da poco o da moltissimo tempo) di quanto rilevano nel territorio; di ciò che "vorrebbero conservare o eliminare", in modo da avviarli ai concetti di patrimonio storico e di profondità storica dell'ambiente.
    8. In sintesi, questa fase del curricolo è progettata perché possa essere avviata a partire dalle attuali capacità dei docenti e con i materiali attualmente a disposizione. Certamente, però, occorrerà dotare rapidamente i docenti di materiali strutturati idonei e di una preparazione necessaria per operare al meglio nei campi di attività suggeriti.

4. Seconda fase: il terzo e quarto anno

Il lavoro delineato in questa fase tende a interrompere una tradizione consolidata, secondo la quale l'avvio alla storia e alla geografia è pensato come una successione di piccoli racconti, che parlano di ciò che verrà ripreso e allargato in seguito: un sommario ristretto di storia generale, e un catalogo rapido di regioni e di stati. Da cinquant'anni, la ricerca didattica ha mostrato definitivamente l'inutilità (e a volte la dannosità) di questo approccio). D'altra parte sono ben conosciute nelle scuole le sensazione di sconforto - di allievi e insegnanti - di fronte a racconti troppo rapidi e troppo essenziali, per poter dar luogo a operazioni didattiche interessanti e avvincenti. Anche per questo motivo, il programma dell'85 "bandiva" chiaramente lo studio della storia generale in questa fase di età. Al tempo stesso, il curricolo smentisce uno stereotipo didattico alternativo, ma anch'esso alquanto diffuso, secondo il quale la storia (in quanto disciplina codificata e comunicabile attraverso immagini, scritti, racconti o altre forme di comunicazione) non può essere insegnata e appresa fra gli 8 e i 9 anni.

Il curricolo suggerisce una via intermedia, che possa fungere da ponte fra l'apprendimento, prevalentemente sul vissuto della prima fase, e l'apprendimento strutturato della terza fase. In questo periodo di transizione ci si avvicina alla comunicazione storica formale, e di si forma agli strumenti essenziali per comprendere i racconti storici, decisamente più complessi, che l'allievo dovrà studiare, a partire da 10 anni.

La chiave di questa fase è il concetto di "quadro di società". Si è scelta questa definizione per evitare di dare ancora spazio all'interpretazione equivoca dei "quadri di civiltà", il cui studio era indicato dai programmi dell'85, e che aveva fornito l'alibi per la ripresa dell'insegnamento tradizionale. Per quadro di società si deve intendere la descrizione di una società, nella quale siano presenti i suoi elementi costitutivi e connotativi: l'ambiente nel quale tale società si sviluppa, le tecnologie che adopera, le risorse che produce, i rapporti sociali, gli usi, le credenze, la sua cultura e la sua religione. Non sono presenti, nel "quadro di società", alcuni elementi che sicuramente fanno parte della conoscenza storica, ma che - in questa fase - correrebbero il rischio di aumentare eccessivamente la complessità del racconto, e conseguentemente del lavoro che devono compiere allievi e docenti: le notizie sulla formazione della società, sulle sue modificazioni nel corso del tempo e sui rapporti con le altre società. Rispetto al racconto storico (che gli allievi conosceranno successivamente), il quadro di società pecca "volutamente" di staticità: ma lo fa allo scopo di favorire alcune operazioni didattiche fondamentali, per il successo dell'apprendimento storico.

Ma non rinuncia, in ogni caso, ad una sua complessità di fondo: la descrizione a tutto tondo della società (dall'ambiente fino alle strutture mentali), le relazioni che il quadro mette in evidenza fra i vari comparti del sociale (aspetti economici, sociali, mentali, culturali ecc.), le interazioni e il ruolo dei soggetti che si riconoscono in ciascuna società: uomini e donne, adulti, anziani, bambini, ricchi, poveri, lavoratori, datori di lavoro, intellettuali, servi, liberi, dominatori e dominati ecc.

Per progettare l'insegnamento in questo biennio, conviene tenere conto dei seguenti elementi:

a. se è vero che l'impianto è innovativo (per quanto si abbiano numerosissimi esempi di studio di "casi di civiltà"), tuttavia la didattica necessaria per avviare questa fase può essere impostata a partire dalle capacità diffuse: si tratterà di leggere, spiegare, verificare l'apprendimento, utilizzare documenti, fare ricognizioni sul territorio ecc. Sicuramente, ciò che di realmente innovativo il curricolo richiede, è una nuova generazione di sussidi didattici, che riportino descrizioni chiare e distese delle società prese in esame. IL curricolo, inoltre, è strutturato volutamente affinchè tale produzione sia fortemente differenziata, in modo da favorire una competizione positiva fra editori e autori: una buona garanzia per ottenere nelle scuole prodotti sempre migliori.

b. il currricolo non prescrive un numero determinato di società. Consiglia di scegliere curando una forte varietà:

    • spaziale: dal vicino al lontano, dalle società osservabili direttamente, o da quelle ricostruibili a partire da documenti osservabili
    • temporale: dal presente al passato e viceversa
    • qualitativo: società che non presentino gli identici modi di vita, che permettano agli allievi di conoscere e studiare un'ampia gamma di situazioni
    • ambientale: società inserite in ambienti sempre diversi (da quelli aridi a quelli umidi, forestali e di pianura, naturali o fortemente antropizzati).

c. Per facilitare questa scelta e orientarla su categorie che risulteranno fortemente   efficaci per l'apprendimento della storia successiva, il curricolo propone tre grandi classi:

    • società di cacciatori e raccoglitori
    • società agricole e pastorali
    • società industriali e post-industriali

Tali classificazioni anticipano, in qualche modo, la periodizzazione fondamentale del triennio successivo (che si apre col neolitico e si chiude con l'avvento del mondo industriale contemporaneo) e fornisce i modelli realmente elementari di società, quelli cioè che gli allievi incontreranno sempre, quale che sia il periodo storico che studieranno. Naturalmente, se la velocità di apprendimento lo permette, si potranno aprire sotto-classificazioni (soprattutto nel secondo settore), utili per distinguere:

    • società tribali
    • società urbane
    • ecc.

Ma si tenga presente il carattere strumentale-didattico di queste classificazioni. Non servono per formare immagini fisse e univoche di società, quanto piuttosto per orientare il docente in una scelta saggiamente differenziata, lungo l'intero arco delle possibilità offerte dalla storia.

d. Una volta scelte le società (il cui numero effettivo dipenderà dal tempo a disposizione e dalla velocità di apprendimento della classe), i lavori fondamentali che si possono prospettare sono di due tipi:

    • il primo, all'interno di ciascun quadro sociale, è volto alla concettualizzazione dei diversi "comparti", che nel loro insieme compongono il quadro sociale. Dunque: capire che cosa vuol dire "produzione alimentare", e metterla in connessione con "il possesso di determinati strumenti" e la presenza di "determinate idee religiose", ecc. Questo lavoro è finalizzato, nel tempo, alla formazione di un concetto complesso di società: l'allievo deve sapere che esso è formato di molti "sottoinsiemi", in relazione problematica fra di loro. Questa acquisizione, probabilmente, è il prerequisito indispensabile per un apprendimento della storia generale consapevole e problematico.
    • il secondo consiste nella comparazione fra le varie società, man mano che queste si studiano, ed è volto alla costruzione di modelli sociali generali (i nomadi, i sedentari, le società urbane ecc.), ed è considerabile come un prerequisito necessario per comprendere le dinamiche fra popolazioni, che l'allievo incontrerà studiando la storia generale.

e. I quadri sociali possono essere forniti all'allievo e, in questo caso, serviranno a verificare le sue capacità di comprensione di un testo e a sollecitare la formazione delle sue abilità di studio (in stretta connessione con l'insegnamento linguistico), oppure potranno essere in qualche modo ricostruiti, a partire dall'osservazione diretta (nell'ipotesi di un quadro sociale relativo al presente e al locale), o a partire dallo studio di documenti. In questo caso, il quadro sociale sarà il terreno ideale per proseguire in quel lavoro di progressiva conoscenza del mestiere dello storico, già avviato in precedenza.

f. Per quanto i quadri sociali siano relativamente "statici", essi forniscono ottime possibilità di educazione temporale, secondo tre direzioni:

    • i tempi interni alle singole società (ritmi di lavoro, quotidiani o annuali) i quali potranno essere analizzati anche a partire dall'esperienza dei ragazzi e in un confronto costante col presente
    • i tempi formali della storia: infatti, man mano che si studia, si pone agli allievi il problema di situare le società analizzate in grafici temporali che, dapprima, utilizzeranno dei semplici indicatori (prima/dopo; tanto tempo fa/oggi), e man mano, introdurranno indicatori sempre più raffinati, fino a porre il problema della datazione.
    • Proseguirà ancora il lavoro di rappresentazione delle durate (di singole azioni, di società, di intervalli di tempo fra società e noi ecc.).

g. Dal momento che ogni società vive in un determinato ambiente, è possibile scegliere i diversi quadri sociali in modo che diano la possibilità di studiare ambienti geografici diversi. Così le società di cacciatori e raccoglitori offriranno lo spunto per osservare gli elementi essenziali dei paesaggi naturali (steppa, savana, foresta equatoriale, pianura alluvionale, monti, coste, fiumi ecc.) e della loro relazione con i climi; le società agricole e pastorali permetteranno di riflettere su alcuni elementi fondamentali di geografia antropica (il villaggio, l'agricoltura e la pastorizia, il paesaggio agricolo e quello pastorale); infine i quadri industriali e postindustriali permetteranno di esplorare questioni e scenari di geografia urbana, economica e politica.

h. Attraverso i quadri di società prosegue poi lo sviluppo della geo-graficità: dalla visione della realtà tridimensionale si giunge alla sua rappresentazione bidimensionale, in altre parole alla lettura e interpretazione della carta geografica e alla costruzione di semplici schizzi cartografici. Quest’ultima potrebbe avvenire, ad esempio, mediante una prima fase di passaggio dal disegno libero di uno spazio noto (l’aula, una porzione del giardino della scuola…) alla sua rappresentazione in pianta: sovrapponendo al disegno un foglio di carta da lucido, ogni alunno può trasferire su di esso gli stessi "oggetti" contenuti nel disegno, ma rappresentati come se fossero visti dall’alto, vale a dire in prospettiva zenitale. Al contempo si inizia anche ad abituare i ragazzi alla visione interscalare: accanto all’uso delle carte a grande e grandissima scala (carte topografiche e piante del territorio "vicino") si affianca quello delle carte a piccola e piccolissima scala (carte generali e planisfero) per la localizzazione spaziale di temi e problemi su cui s’incentra la didattica modulare. Uno dei sussidi basilari nella didattica dell’ambito storico-geografico-sociale è, prima ancora del planisfero murale, il globo geografico, che non dovrebbe mai mancare nelle aule per consentire agli alunni di soddisfare autonomamente le loro curiosità mediante un approccio spontaneo.

Lo studio di alcuni modelli di società, scelti in varie parti del mondo, consente di cominciare ad analizzare il rapporto degli uomini e delle società con il loro ambiente di vita. Dal momento che ogni quadro sociale si realizza in un determinato ambiente, è possibile scegliere i diversi quadri sociali, in modo che diano la possibilità di studiare ambienti geografici diversi.

Così le società di cacciatori e raccoglitori offriranno lo spunto per osservare gli elementi essenziali dei paesaggi naturali (steppa, savana, foresta equatoriale ecc.) e della loro relazione con i climi; le società agricole e pastorali permetteranno di riflettere su alcuni elementi fondamentali di geografia antropica (il villaggio, l’agricoltura e la pastorizia, le vie di comunicazione ecc.); infine, i quadri industriali e postindustriali permetteranno di esplorare questioni e scenari di geografia urbana, economica e politica.

L’applicazione dei metodi geografici dell’osservazione diretta, indiretta e delle analogie e differenze facilita la conoscenza di diversi tipi di paesaggio e dei componenti fisici e antropici che li caratterizzano. Questo studio deve essere compiuto in parallelo tra la scala mondiale, quella nazionale (con particolare riferimento ai principali paesaggi italiani) e quella locale. È opportuno che gli alunni imparino in questi anni anche a ricavare informazioni geografiche da una molteplicità di fonti diverse (cartografiche, letterarie, pittoriche, materiali...).

i. Questi quadri sociali forniscono il terreno ideale per la messa a punto di concetti e di problemi tipici delle scienze sociali: la famiglia, le regole sociali e le leggi, le credenze e così via. Come per la fase iniziale del curricolo, la loro scelta dipenderà dalla programmazione concreta del docente e dalle società effettivamente prese in considerazione. Inoltre, di ogni società si potranno analizzare alcuni aspetti, di volta in volta particolarmente evidenti o più facilmente trattabili: per esempio, i concetti di famiglia, ruolo, genere, scambio; quelli di legge, istruzione, amministrazione; quelli di rapporti internazionali, sviluppo/sottosviluppo, materie prime e prodotti finiti.


5. Terza fase: quinto, sesto e settimo anno

5.1 Premessa

L’impostazione di continuità e progressività dei nuovi curricoli, che lasciano ai docenti e alle istituzioni scolastiche ampia libertà di articolazione progettuale, consente di mantenere nei tre anni che concludono la scuola di base uno stretto collegamento fra storia, geografia e studi sociali, analizzando le diverse forme d’interazione tra società e natura sviluppatesi nel tempo. Agli allievi è necessario fornire un ambiente di apprendimento che, in continuità con l’impostazione del curricolo per il terzo e il quarto anno, li metta in grado di affrontare le conoscenze da una molteplicità di punti di vista, combinando le diverse dimensioni spaziali, da quella mondiale fino a quella locale.

 5.2 Indicazioni specifiche per l’insegnamento della storia nel quinto, sesto e settimo anno

Caratteristica fondamentale di tutto il curricolo dell’ambito storico-geografico-sociale è l’attenzione costante alla dimensione mondiale, come quadro di riferimento e sintesi di tutte le dimensioni spaziali che la compongono. Questa scelta ha un valore particolarmente innovativo per quanto riguarda la storia, nello studio della quale ha predominato finora una visione parziale, quella eurocentrica, che non coglie la dimensione mondiale di una serie di fenomeni che hanno coinvolto tutta la storia dell’umanità, come ad esempio la rivoluzione neolitica. Di fatto i manuali di storia si occupano del resto del mondo solo quando e nella misura in cui l'Europa entra in contatto con esso.

Negli ultimi anni questa impostazione eurocentrica ha cominciato ad essere messa in discussione da più parti, in favore di una impostazione mondiale. Le motivazioni sono diverse, di tipo storiografico, didattico e sociale. Sul piano storiografico la ricerca internazionale negli ultimi vent’anni sta sviluppando sempre più intensamente lo studio del sistema mondo. Sul piano didattico, poi, il diffondersi nell’opinione pubblica dell’attenzione al processo di globalizzazione ha portato ad osservare non soltanto il presente ma anche il passato su una scala mondiale. Sul piano sociale, infine, la crescente immigrazione extraeuropea ha posto a vari stati europei, anche se in misura e con tempi diversi, il problema di una trasformazione in senso multiculturale della scuola, una trasformazione di cui la storia mondiale rappresenta la base indispensabile.

Insegnare storia mondiale è ormai una necessità scientifica e didattica. Infatti al di fuori di un quadro di storia mondiale, che si estenda senza soluzione di continuità sia nel tempo che nello spazio, non è possibile comprendere le questioni storiche fondamentali: le fasi del popolamento, le varie forme dell'attività produttiva umana, dalla rivoluzione neolitica a quella industriale, il differente sviluppo delle varie zone del mondo, e infine l'attuale globalizzazione.

Insegnare storia mondiale non significa giustapporre alla storia dell'Europa le storie di altre parti del mondo, il che porterebbe ad avere una mole di materiale ingovernabile scarsamente intelligibile. Insegnare storia mondiale deve invece significare individuare i fenomeni fondamentali per tutta la storia dell’umanità, e non solo per la storia di un’area geografica o di un’epoca, ed interpretarli secondo chiavi di lettura valide in ogni luogo e in ogni tempo: il rapporto produttivo fra l’uomo e l’ambiente, l’organizzazione politico-sociale, le dinamiche di controllo dei territori, le espressioni culturali. Queste chiavi di lettura sono gli indicatori che consentono di definire le caratteristiche di qualsiasi società e di compararla con altre.

Insegnare storia mondiale non significa certo trascurare la storia locale o nazionale, che sono di fondamentale importanza nella formazione culturale e civile. Al contrario queste dimensioni possono essere illustrate efficacemente proprio inserendole nel quadro della storia mondiale.

In questo senso il curricolo deve essere concepito su due piani: un piano di base, che contenga il quadro della situazione del mondo nei vari momenti e relativamente ai vari temi trattati (ad esempio lo sviluppo urbano o gli scambi commerciali), e che assicuri la continuità della trattazione, affinché nessuna parte del mondo rimanga mai, nella mente degli studenti, come una macchia bianca priva di informazioni; e poi una serie di approfondimenti relativi a dimensioni spaziali minori, nei quali si possono fra l’altro sviluppare attività di laboratorio.

Una grande importanza va data alla cartografia storica, che dovrebbe diventare uno strumento di uso costante, in contatto anche con la geografia, per la sua grande efficacia didattica. In particolare i vari quadri della situazione del mondo dovranno essere sintetizzati di volta in volta attraverso planisferi tematici.

Va infine sottolineato il ruolo particolare che ha la storia in un’ottica di programmazione interdisciplinare: ogni sapere, infatti, ha una dimensione storica, dalla quale trae senso, e quindi la storia rappresenta il luogo di convergenza tematico o temporale per più discipline, soprattutto per attività di laboratorio.


Quinto anno

Lo studio della storia nel quinto anno ha come snodo centrale la rivoluzione neolitica, che ha rappresentato per gli esseri umani il fondamentale passaggio dall’appropriazione delle risorse prodotte dall’ambiente, attraverso la caccia e la raccolta, alla loro produzione, attraverso l’agricoltura e l’allevamento. Ad essa si giunge attraverso la ricostruzione del processo di ominazione e lo studio del popolamento del pianeta, durante il quale si sottolineerà come – in seguito alla fine dell’ultima grande glaciazione – alcune parti dell’ecumene siano rimaste a lungo isolate dalle altre, e come il processo di riunificazione sia iniziato molto più tardi grazie alla tecnologia che ha reso possibili le scoperte geografiche. Si porrà poi attenzione al passaggio all’agricoltura e all’allevamento nella varie parti del pianeta, sottolineando la diversità di piante ed animali disponibili e le sue conseguenze in termini economici e demografici. Si metterà in luce la differenziazione fra nomadi e sedentari, il diversi ambienti da loro occupati e le dinamiche di interazione e conflitto che hanno caratterizzato i loro rapporti. E infine si illustrerà con molta attenzione lo sviluppo della tecnologia fino all’età del ferro.

Questa fase, generalmente trattata molto sommariamente e in un certo senso liquidata come "preistoria", è invece di importanza fondamentale per capire le fasi successive della storia dell’umanità, in quanto in questo periodo si delineano gli elementi fondamentali dello sviluppo successivo delle varie parti del mondo, legate soprattutto alle diverse caratteristiche del rapporto dell’uomo con l’ambiente e le risorse. Da queste considerazioni nasce la scelta di dedicarle molto spazio in questo primo anno.

Alla trattazione della rivoluzione neolitica seguirà poi lo studio delle prime società urbane: si illustrerà il ruolo dell’agricoltura irrigua nel processo di urbanizzazione, e lo si seguirà nella varie parti del pianeta, per dare una visione completa del fenomeno, e limitandosi all’approfondimento di alcuni esempi (la Mesopotamia e l’Egitto sono quelli più familiari alla tradizione scolastica italiana), attraverso i quali mostrare la complessità dell’organizzazione di queste società e il nascere degli stati e degli imperi.

Sesto anno

Questo anno si apre con lo studio del mondo classico del Mediterraneo: la Grecia e Roma. La cui storia sarà comunque opportuno inquadrare in quella degli stati e degli imperi eurasiatici, fino alla grande crisi che li coinvolge tutti, in maniera più o meno catastrofica, con le grandi migrazioni di popoli dalle steppe centroasiatiche, nel IV-V secolo d. C. Si metterà in luce come queste migrazioni facciano parte di un processo di lunga durata, che caratterizzerà la storia dell’Eurasia ancora per molti secoli, fino alle migrazioni mongole e turche. L’attenzione si concentrerà poi sull’espansione araba e sullo sviluppo dell’Europa medievale. Fra gli elementi da sottolineare, nella trattazione di questo lungo periodo della storia dell’Eurasia, non può mancare il sistema degli scambi, di merci e di idee. Si seguirà poi la storia della delle altre parti del mondo: per quanto riguarda l’America si mostrerà in particolare lo sviluppo statale nell’America centrale e sulla costa pacifica dell’America meridionale, senza però dimenticare la grande diffusione di società di cacciatori e raccoglitori o di agricoltori in società di villaggio nel resto del continente; per quanto riguarda l’Africa si metterà in rilievo il ruolo della migrazione bantu nel popolamento del continente e lo sviluppo degli stati nella zona subsahariana, fra i fiumi Niger e Senegal, e nella fascia orientale, a sud dell’Egitto. Infine si darà un quadro del lento processo di colonizzazione delle isole del Pacifico a partire dall’Asia sudorientale.

 Settimo anno

La storia di questo anno ha come snodo fondamentale l’espansione dell’Europa, un fenomeno che ha avuto conseguenze enormi sulla storia di tutte le altre parti del pianeta. La necessaria particolare attenzione che viene riservata all’Europa non deve peraltro portare ad un eurocentrismo: il successo dell’Europa dovrà essere problematizzato nel contesto degli equilibri di forza mondiali, proponendo ad esempio le risposte date dalla storiografia contemporanea alla domanda sulle ragioni della mancata espansione della Cina. La storia dell’incontro e dello scontro fra europei e altri popoli dovrà essere presenta utilizzando fonti prodotte dalle diverse parti coinvolte, secondo una pratica ormai consolidata, ma con una attenzione particolare nel seguire le vicende successive dell’Asia, dell’America, dell’Africa e dell’Oceania, in modo da mantenere un filo essenziale di continuità che si connetta alle vicende del colonialismo europeo nell’Ottocento e nel Novecento.

5.3 Indicazioni specifiche per l’insegnamento della geografia nel quinto, sesto e settimo anno

La rinnovata impostazione delle linee programmatiche dell’area storico-geografico-sociale, rispondente alla varietà di quadri socioeconomici e politici mondiali in continua evoluzione, si colloca nella tradizionale visione degli spazi della Terra che la geografia è in grado di offrire alle diverse scale (planetaria, nazionale, regionale, locale), utilizzando uno dei linguaggi fondamentali della comunicazione contemporanea: il linguaggio cartografico.

Gli apporti di tecnologie sempre più avanzate, come quelle legate al telerilevamento (consistente nell’elaborazione computerizzata delle informazioni trasmesse a terra dai satelliti), e le recenti acquisizioni offerte dalla ricerca scientifica hanno contribuito a innovare il profilo epistemologico della geografia, che da disciplina prevalentemente descrittiva ed enciclopedica è divenuta scienza crono-spaziale interpretativa ed esplicativa dei rapporti dell’uomo e delle società con la natura, che si traducono in assetti territoriali in continua trasformazione.

Fra i compiti dei geografi si annoverano oggi lo studio delle trasformazioni subite nel tempo dall’organizzazione dello spazio, l’elaborazione di modelli di spiegazione delle dinamiche territoriali e dei parametri per la valutazione d’impatto ambientale, la progettazione di nuovi assetti del territorio. La ricerca avanza anche in relazione alle impostazioni incentrate sullo sviluppo sostenibile: i geografi offrono il loro contributo per la creazione, a livello internazionale, di un nuovo modello di sviluppo che, partendo da una gestione delle risorse oculata ed equamente condivisa fra tutti i popoli, prospetti uno sviluppo sostenibile dall’ambiente e compatibile con le esigenze e le necessità degli uomini in ogni continente.

La nuova geografia non perde di vista lo stretto legame, oltre che con la storia e gli studi sociali, anche con le scienze naturali e ambientali: ad esempio, il filone della "geografia della percezione" accoglie sempre di più, avvalendosene per la ricerca, il contributo delle "geografie" soggettive, vale a dire delle percezioni che gli individui e i gruppi sociali hanno del territorio in cui vivono. Riguardo al legame con le scienze naturalistiche e ambientali, denso di prospettive è il filone della "geografia medica" o della salute, che esamina l’ambiente nella prospettiva del benessere dell’uomo.

Alla scuola spetta il compito, ricchissimo di valenze formative, di trasferire i nuovi paradigmi della ricerca geografica in una didattica che sviluppi nei bambini e nei giovani le competenze spaziali, ma anche le irrinunciabili premesse di un atteggiamento aperto di solidarietà e disponibilità all’integrazione delle culture e alla cooperazione fra i popoli, proprio attraverso la conoscenza e il rispetto di ambienti e modi di vita "altri", la salvaguardia e la condivisione dei beni naturali e culturali.

La principale innovazione consiste nel definitivo superamento della scansione tradizionale ciclica dei contenuti, che per la geografia procedevano dal vicino al lontano e dal semplice al complesso. Oggi ci si trova di fronte a una realtà sempre più complessa, in cui l’uomo con le sue attività intreccia una fitta rete di scambi con l’ambiente naturale, muovendosi in una dimensione che continuamente travalica lo spazio circostante. Gli scenari di una società che va verso la globalizzazione (nell’accezione migliore del termine, riferita a una realtà mondiale omogenea e non frammentata) sono davanti agli occhi di tutti, transitando continuamente attraverso i moderni mezzi d’informazione e di comunicazione telematica, cui i bambini hanno un accesso sempre più facilitato.

Con la progressione del curricolo, ci si può ancora soffermare sull’indagine locale, evitando però di cadere in forme di localismo, che potrebbero far perdere di vista l’inserimento di una qualsiasi realtà storico-socio-spaziale in un contesto più ampio: regionale, nazionale, mondiale. Dall’approccio prevalentemente regionale si passa oggi a un approccio sistemico, che consente di organizzare le conoscenze e le competenze geografiche intorno a temi o problemi di rilevanza non soltanto d’ordine spaziale. In una didattica modulare l’apporto della geografia converge a enucleare ed esaminare gli elementi spaziali che caratterizzano i luoghi connessi al tema di volta in volta prescelto e che ne costituiscono lo sfondo. Occorre dunque suscitare negli allievi la consapevolezza della coabitazione in una comune "casa" mondiale, in cui numerosi problemi coinvolgono direttamente o indirettamente tutti gli abitanti del pianeta, in una condivisione di destini e responsabilità.

Con questa nuova impostazione metodologica e con il costante uso delle carte geografiche (e si raccomanda qui di utilizzare, nella misura del possibile, anche la cartografia computerizzata), al termine del settennio i ragazzi dovranno comunque acquisire il grande quadro fisico-politico del mondo, con particolare puntualizzazione riferita all’Europa e all’Italia. Per quanto riguarda l’Italia, dovranno riconoscere i principali elementi fisici dei paesaggi, le regioni amministrative, le principali città e localizzarli sulla carta geografica. Per l’Europa dovranno essere in grado di localizzare sulla carta almeno la maggior parte degli Stati con le relative capitali.

Questo quadro mondiale - rappresentato da elementi fisici (catene montuose, fiumi…), antropici (città, aree urbanizzate…), politici (formazioni statali) - costituirà il riferimento spaziale di base, nel quale i ragazzi saranno in grado di collocare problemi e avvenimenti alle varie scale.

Nel continuo rimando di scale, dalla rappresentazione analitica a quella sintetica e viceversa, l’obiettivo focale della didattica della geografia è quello di far giungere le giovani generazioni a una visione "glocale": il neologismo sta proprio a indicare la necessità di un percorso di studio mirato ad un’ottica insieme locale e globale dei temi e dei problemi che si affrontano; l’articolato bagaglio di competenze, così accumulato consente poi ai giovani di tornare ad approfondire l’analisi locale, essendo però in grado di comprendere meglio l’organizzazione di una determinata realtà territoriale e di fornire il loro consapevole e qualificato apporto, arricchito dallo sguardo planetario.

Quinto anno

Oggetto di studio, che consente subito ai ragazzi di lavorare anche su scala mondiale, è la varietà e la distribuzione degli ambienti naturali della Terra (deserto di sabbia, di sassi e di roccia, savana, prateria, foresta pluviale equatoriale, foresta di latifoglie, macchia mediterranea, tundra…) e le loro particolari caratteristiche. per questo è opportuno che gli allievi conoscano le cause endogene (fenomeni derivanti dai movimenti delle zolle litosferiche) e quelle esogene (cicli di erosione delle acque correnti, dei ghiacciai, del vento…) che hanno modellato nel tempo il volto della Terra. Sempre seguendo il procedimento interscalare, i ragazzi possono passare, nell’osservazione di questi fenomeni, dai paesaggi della loro regione e dell’Italia a quelli dell’Europa e del mondo.

Con l’analisi delle prime società urbane mondiali (africane, asiatiche, amerinde, europee), in raccordo con la storia e gli studi sociali, gli allievi devono comprendere come l’uomo sia, fin dalla sua comparsa, importante agente modificatore dell’ambiente, per rispondere alle proprie esigenze in continua evoluzione. Si tratta di far conoscere e comprendere ai ragazzi come gli uomini, fin dalle prime società urbane, abbiano strappato i terreni al deserto grazie all’irrigazione, ma anche come, nel corso del tempo, abbiano favorito la desertificazione di interi territori (si pensi, ad esempio, al Sahel) diboscando per ricavare risorse energetiche non rinnovabili; come abbiano prosciugato paludi rendendole idonee all’agricoltura e all’insediamento (e qui l’osservazione può partire da una dimensione locale e nazionale, localizzando le molteplici zone bonificate in Italia, fino ad estendere l’osservazione a realtà europee e mondiali); come abbiano coltivato i pendii terrazzandoli (si può osservare indirettamente la situazione dei terrazzamenti in Cina o sulle Ande, e poi passare a una scala spaziale nazionale per studiare, ove possibile anche in presa diretta, esempi italiani); come abbiano cercato di muoversi sempre più agevolmente nello spazio, superando ostacoli naturali (con i trafori nelle montagne e i ponti sui fiumi).

Lo studio delle fasi della rivoluzione agricola, che ha profondamente mutato le condizioni di vita e di aggregazione sociale degli uomini, offre l’occasione per analizzare le caratteristiche dei paesaggi agrari (con particolare riferimento all’Italia) in modo sincronico e diacronico, utilizzando anche dati statistici circa la produzione agricola mondiale e nazionale, da inserire nella costruzione di grafici e tabelle. Il confronto è completato con l’analisi della situazione attuale, in cui si assiste a processi di deruralizzazione molto avanzati nel Nord del mondo, con riduzione dell’occupazione nel settore primario, mentre nel Sud del mondo la maggior parte della forza lavoro è ancora impiegata nell’agricoltura, prevalentemente di sussistenza o di piantagione.

Sesto anno

Si affronta lo studio approfondito dei componenti fisici e antropici dei paesaggi, cogliendo in particolare le relazioni tra componenti fisici, insediamenti umani e attività economiche. L’attenzione è mirata all’analisi dei rapporti dell’uomo e delle società con la natura e ai rischi ambientali da sempre riferiti alle "forze" naturali (come alluvioni e frane, vulcanismo, sismicità), ma collegati, soprattutto nell’amplificazione delle conseguenze, anche a interventi non sempre corretti dell’uomo sull’ambiente. La ricerca parte da casi particolari, esaminati come sempre alle varie scale (si potrebbero esaminare casi di dissesto geologico, di cui purtroppo anche il nostro Paese fornisce più di un esempio!).

Altro tema che va affrontato è quello dell’insediamento e delle problematiche ad esso connesse. Si possono sollecitare gli studenti ad indagare, sempre alle diverse scale spaziali, le cause che fanno sì che un luogo sia preferito ad un altro, cogliendo in questo modo le interrelazioni, variabili nel tempo, degli insediamenti con gli aspetti fisici ed economici. Questo conduce ad introdurre il macrotema dell’urbanizzazione, da sviluppare anche in senso diacronico, collegando la spiegazione geografica agli aspetti storici, oltre che sociali. Attraverso una molteplicità di fonti, comprese quelle archeologiche, si può seguire lo sviluppo della città dalla sua nascita, con la rivoluzione urbana del IV millennio a. C., agli ultimi sviluppi che conducono alle grandi metropoli del nostro secolo, nei diversi continenti. Le varie fasi dell’espansione urbana possono essere affrontate con riferimento all’Italia (la città romana, la città medioevale, la città industriale…), all’Europa e alle città degli altri continenti, comprese le immense città dei Paesi emergenti, che si espandono a macchia d’olio per il continuo afflusso di immigrati dalle campagne e la forte crescita demografica. Si possono analizzare e comparare le diverse qualità dell’espansione urbana, come pure la trasformazione della campagna in città attraverso il fenomeno della "rurbanizzazione", diverso nelle varie realtà geografiche. Lo studente può, inoltre, esaminare le varie fasi di espansione della propria città, evidenziandole con colori diversi sulla pianta. È importante mirare alla comprensione della città in modo ecosistemico: non l’insieme caotico di edifici, ma un insieme razionale per il raggiungimento di una migliore qualità della vita.

Settimo anno

Nell’affrontare da più ottiche disciplinari il periodo che va dalla prima rivoluzione industriale agli attuali processi d’informatizzazione e globalizzazione, l’applicazione dei metodi dell’indagine geografica consente agli studenti di esaminare le profonde trasformazioni dei paesaggi; può essere analizzata a scala mondiale, europea e nazionale la distribuzione degli apparati e delle aree industriali (ad esempio, l’area dell’Europa occidentale definita "Banana Blu"), in modo che i ragazzi possano anche dedurre le macroscopiche differenze dello sviluppo industriale nel Nord e nel Sud del mondo e, all’interno dei singoli stati, le differenze socioeconomiche.

Sempre in raccordo con gli studi sociali e con la storia, si procede all’analisi delle varie situazioni nazionali e internazionali in base alla correlazione degli indicatori demografici, economici e sociali ("Indici di Sviluppo Umano"). Ciò porta ad affrontare lo studio dei diversi sistemi territoriali. Il territorio può essere indagato come sistema aperto, pronto a ricevere impulsi di tipo economico, demografico, culturale, sociale da altri territori, ad elaborarli in base alle proprie esigenze e caratteristiche e a trasmettere i propri impulsi ad altri territori, in un continuo scambio di input e output. È possibile per gli studenti osservare quanto avviene dalla scala locale alla globale o viceversa (fra i singoli quartieri di un centro urbano, i paesi di una provincia, le regioni, gli stati, i continenti, o seguendo un procedimento inverso). Ogni sistema va considerato all’interno di un sistema più grande, fino ad arrivare alla scala planetaria. Occorre mettere gli studenti in grado di analizzare i processi e la struttura di un sistema prescelto, perché acquistino le competenze per potersi orientare ed operare all’interno di altre realtà sistemiche. In collegamento con la storia, si può affrontare lo studio delle strutture sociali delle epoche passate in termini d’analisi dei sistemi territoriali, mettendo a frutto le potenzialità d’indagine cronospaziale della disciplina geografica. Nel settimo anno si completa l’inquadramento dell’assetto politico mondiale, con il riconoscimento delle forme politiche e delle organizzazioni internazionali e con l’orientamento puntuale sul planisfero politico. I ragazzi devono essere in grado di localizzare con precisione i principali Stati di ogni continente e le rispettive capitali, evidenziando anche le aree di maggiori attriti internazionali, che mettono in pericolo la coesistenza pacifica tra i popoli.

Quello dello sviluppo sostenibile è un paradigma che va senz’altro indagato; occorre favorire nei giovani la formazione di una coscienza seriamente ecologica, evitando l’esasperato e semplicistico ecologismo, ma anche la sottovalutazione dei rischi ambientali, umani e sociali connessi a un progresso economico e tecnologico incontrollato. È importante prevedere una riflessione sui punti essenziali emersi dalla Conferenza di Rio del 1992: l’integrità dell’ecosistema, con il rispetto della biodiversità; l’efficienza economica con l’utilizzazione preferenziale delle risorse rinnovabili rispetto a quelle non rinnovabili; l’equità sociale e il rispetto delle diversità culturali.

5.4 Indicazioni specifiche per l’insegnamento degli studi sociali nel quinto, sesto e settimo anno

Per quanto riguarda l’area degli studi sociali saranno programmati itinerari didattici su temi specificamente inerenti all’organizzazione delle società umane, per l’analisi delle quali si ricorrerà a strumenti tipici dell’economia, del diritto, dell’antropologia e della sociologia. I vari temi indicati nel curricolo, dalla demografia, alla dimensione normativa dei rapporti sociali, al funzionamento delle istituzioni, all’educazione interculturale, verranno trattati in riferimento sia al passato che al presente. Per quanto riguarda il presente si dovrà tener conto sia della dimensione mondiale, con particolare attenzione alla tutela dei diritti umani , sia della dimensione territoriale più prossima agli studenti, ovvero quella locale, quella italiana e, sullo sfondo, quella europea, la cui conoscenza è fondamentale per la partecipazione civica.

I temi trattati dal punto di vista metodologico degli studi sociali saranno presentati di volta in volta in forte connessione con la trattazione della storia e della geografia.