Caratteristiche del curricolo

 

.

Nella riflessione che in molti paesi europei si sta conducendo sulla riforma dei curricoli scolastici si dà molta importanza alle finalità formative generali del sistema scolastico e alle modalità di trasmissione delle singole discipline.

Il curricolo, cioè, deve essere accentrato sui significati, che sono validi in sé, ma che devono esserlo anche per il soggetto che li apprende, in modo da potersi integrare con valori, scelte e decisioni personali. Possiamo dunque provvisoriamente definire il curricolo come un insieme coerente di concetti, modelli, metodologie, pratiche, conoscenze e competenze, la cui integrazione si costruisce nello stretto legame tra i contenuti disciplinari e le motivazioni all’apprendimento.

Anche nei documenti ministeriali si chiede, del resto, di lavorare ad un curricolo "essenziale" (nel senso di uno studio criticamente approfondito di contenuti selezionati) e "progressivo" (il percorso di istruzione accompagna gli allievi senza più riprodurre accavallamenti, ridondanze e ripetizioni cicliche) e si pone l’accento sulla reciproca responsabilità di chi insegna e di chi impara, per evitare frammentazioni, separazioni disciplinari e criteri enciclopedici inadeguati .

Il curricolo si costruisce in un aggiustarsi continuo di passi e procedure tra docente e alunni/alunne, richiede attenzione alle competenze già acquisite (sul bambino che entra nella scuola "già competente" esistono importanti analisi che vanno da Jean Piaget a Jerome Bruner a Clotilde Pontecorvo), alle domande, alla cultura generazionale e individuale di bambine/i , adolescenti e giovani .

Il termine programmazione troppo spesso indica una modalità di insegnamento/apprendimento un po’ rigida, senza spazi per l’accoglienza dell’imprevisto che invece è il dato costitutivo del confronto tra generazioni nell’ esperienza quotidiana e scolastica, e che può essere valorizzato se si mantiene la tensione tra gli aspetti progettuali e quelli realizzati. L’apprendimento di qualsiasi sapere passa infatti attraverso quella struttura emotivo-esperienziale della storia soggettiva, ben indagata dalla letteratura psicopedagogica degli ultimi decenni.

La relazione pedagogica che promuove la valorizzazione delle differenze fa crescere la conoscenza radicandola nei soggetti, nelle loro azioni di modificazione dell’oggetto o di adattamento attivo ad esso (ancora una volta il riferimento è a Piaget e all’epistemologia genetica). Tutto questo presuppone l’introduzione di pratiche intellettuali volte all’autoriflessione fino alle autobiografie intellettuali che collocano le provenienze e consentono di risalire la trafila genealogica dei saperi e delle appartenenze, di contestualizzarli rendendoli relativi, parziali e comparabili.

Per questo ai/alle docenti è necessaria, oltre ad una rigorosa preparazione disciplinare, anche una disponibilità all’autoriflessione e la consapevolezza delle proprie pratiche, delle parole e dei concetti utilizzati; una capacità di assumere criticamente la propria soggettività e di provare su di sé a livello adulto ciò che viene richiesto agli alunni/alunne. Chi insegna è consapevole che la sua trasmissione non potrà diventare maniera impositiva, ma dubbio, ricerca, adattamento e nuovo tentativo e che attraverso una riflessione continuativa sulla sua pratica quotidiana, possibilmente condivisa con altri docenti, costruisce il proprio sapere.