Fare storia a scuola

 

 

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Competenze e conoscenze

E’impossibile, nel processo educativo, disgiungere in modo assoluto le competenze dalle conoscenze: al contrario, lo stretto intreccio tra aspetti disciplinari, metodologie di ricerca e trasmissione didattica può aiutare a definire alcune caratteristiche di un curricolo di storia che non ignori la storia delle donne ma che viceversa ne sappia raccogliere la ricchezza teorica e le pratiche storiografiche. Più che la predilezione per alcune tematiche particolari si dovrebbe dare la possibilità di uno sguardo diverso che colga la presenza nella storia di donne e di uomini, nella vita familiare come nelle istituzioni, nelle attività economiche e nei consumi, nella rappresentazione simbolica, nella produzione culturale, nella vita religiosa.

Una finalità forte del fare storia a scuola consiste nel far raggiungere a ragazzi e ragazze la consapevolezza che la storia è un processo di costruzione delle conoscenze sul passato e che questo processo ha proprie pratiche, propri concetti, strumenti e metodi specifici; che esso si sviluppa attorno all’interpretazione delle storiche e degli storici, individui che esprimono un proprio punto di vista sulla base di una loro collocazione di genere, di classe, all'interno di un tempo, uno spazio e un contesto culturale. Chi si occupa di storia, quindi, compie scelte precise relative alle fonti, ai metodi e alle prospettive storiografiche (la storia non può coincidere con tutto il passato); la sua attività interpretativa e immaginativa intrattiene un complesso rapporto con la dimensione fattuale del passato, con l’istanza della realtà (Duby, De Certeau) giacché il passato non si dispone ai nostri occhi in un ordine sequenziale, lungo un percorso narrativamente coerente di eventi, situazioni, protagonisti. La continuità storica, come viene proposta dalla narrazione del manuale, è infatti soprattutto una costruzione retorica; è il primo stereotipo, insieme alla convinzione diffusa di una storia progressiva, con il quale la pratica didattica dovrà misurarsi. Il manuale come percorso narrativo, dove eventi e problemi appaiono sistemati in un certo ordine, offre comunque un patrimonio di conoscenze sedimentate; è un testo su cui compiere operazioni comuni di smontaggio o di critica, senza vincoli di progressione nella lettura e dovrebbe essere integrato con altri testi storiografici, fonti o strumenti multimediali prodotti in classe e acquisiti dalla scuola.

In questa dimensione di "pratica storiografica" le competenze da far acquisire dovrebbero consistere:

  • nella comprensione dell’apparato concettuale di fondo (tempo, spazio, tematizzazione, problematizzazione, interpretazione);
  • nella capacità di formulare ipotesi in base a cui interrogare le fonti, con le dovute operazioni di analisi critica;
  • nella individuazione delle pratiche e dei metodi storiografici (esplicitazione del punto di vista, capacità di comparare, di cogliere la dimensione interdisciplinare, di produrre scritture di storia).

Questi elementi epistemologici, a livelli diversi di complessità a seconda dei differenti cicli scolastici, devono essere presenti nella progettazione dell’insegnante e tradursi in competenze che ragazze e ragazzi acquisiscono e utilizzano da subito in campi di ricerca via via più lontani dalla loro esperienza immediata.

Storia generale?

Il concetto stesso di storia generale dovrebbe essere sottoposto a seria critica: da un lato, infatti "si è rinnovata la maniera di concettualizzare categorie come lo spazio, il tempo, la causalità, la soggettività, gli eventi", dall’altro si è assistito alla nascita di storie "altre" che hanno in qualche modo delegittimato l’idea di una "storia universale, solo bianca, solo maschile, soprattutto europea ed occidentale" (4).

La storia generale potrebbe essere ricondotta ad alcuni quadri generali di riferimento fortemente tematizzati e precisamente collocati in griglie spaziali e temporali che dovrebbero via via inglobare gli elementi informativi che emergono nel lavoro della classe.

La cronologia non si ridurrebbe in questa prospettiva ad alcune date fondamentali, che pure andranno fissate e contestualizzate, ma ad ampi telai cronologici con scale diverse in cui i fenomeni studiati troverebbero una collocazione precisa che, evidenziando durate, contemporaneità, periodizzazioni, datazioni potrà dar conto delle diverse temporalità sulle quali si articolano le storie e liberare lo studio dalle ipoteche della linearità e dai vincoli della causalità genetica.

Questo telaio disciplinare permette l’espressione della soggettività delle persone in gioco nella relazione didattica: conoscere il modello di riferimento, essere consapevoli del carattere procedurale della disciplina dovrebbe mettere in grado gli/le studenti di esercitare questa competenza nei confronti di se stessi e del mondo in cui vivono e dunque sapersi narrare, interpretando il proprio passato, saper utilizzare le fonti ma anche collocarsi nel qui ed ora; saper operare distinzioni, riconoscere i modelli di comportamento impliciti, porre domande al passato, produrre immagini di futuro; saper cercare/individuare i propri confini, i fili che costituiscono il tessuto in divenire della propria identità.

La mediazione didattica

Alla responsabilità dei/delle docenti resta affidata la scelta di metodi e contenuti "appropriati" nei confronti degli studenti e degli obiettivi formativi, ma in ugual misura rispettosi dello statuto della disciplina e delle metodologie della ricerca. La mediazione didattica non può tradursi in un semplice trasferimento di conoscenze storiografiche, ma deve fare i conti con la soggettività degli studenti, cioè con le loro domande di senso, con i loro bisogni, con il processo di apprendimento, legato alla materialità dei mutamenti fisici e psichici della adolescenza.

L’attenzione che la storia delle donne dedica alle storie individuali e ai percorsi biografici può suggerire conseguenti scelte didattiche: nella biografia è possibile lavorare sugli intrecci tra libertà e necessità, tra l’irriducibilità dell’individuo e i limiti o le costrizioni dei contesti, rispettando possibilità, opportunità e responsabilità individuali.

La riflessione sul rapporto tra memoria e storia, nodo problematico del dibattito attuale, deve tener conto della complessità della questione teorica attraverso riferimenti concreti ai contesti storici e alle diverse interpretazioni. La cura e la storicizzazione delle tematiche che riguardano le relazioni (di genere, tra generazioni, tra gruppi sociali,…) dovrebbero descrivere ed evidenziare continuità e discontinuità, rotture e permanenze, e integrarsi con l’attenzione alla vita materiale, alle strutture economiche, alle istituzioni politiche e sociali, ma anche con la conoscenza delle diverse rappresentazioni simboliche.

Alcune proposte

In base alle considerazioni fin qui svolte, appare evidente che una prospettiva di storia delle donne, oltre a suggerire percorsi tematici specifici, può arricchire la riflessione sull’insegnamento della storia, già peraltro molto approfondita nel nostro paese (5). E’ infatti una prospettiva che costringe ad una rilettura critica delle stesse categorie concettuali, e che chiede di riesaminare con un nuovo sguardo le fonti documentarie e le ipotesi interpretative che si costruiscono.

Si potranno ricontestualizzare alcuni temi della storia generale, anche a partire dalla problematicità delle questioni attuali, per rintracciarne nella storia le cause, i punti di crisi, le svolte; individuare nuove periodizzazioni legate a diverse prospettive tematiche; costruire percorsi più articolati nelle diverse fasi della didattica grazie ad una programmazione pluridisciplinare; applicare alcune categorie tematiche e concettuali che permettono di scomporre l’organizzazione cronologica, spaziale, sociale del manuale.

Esistono già molte esperienze in questo senso (6): a titolo di esempio e senza pretesa di esaustività si propongono qui alcune tracce di riflessione.

Una prospettiva di genere si accompagna all’introduzione, nell’insegnamento della storia, della famiglia, come cellula in trasformazione che mette in primo piano le strutture della parentela, i ruoli sessuali e la divisione del lavoro, la trasmissione della proprietà, i legami affettivi e residenziali tra le generazioni.

La formazione di società patrilineari (in cui il nome e la ricchezza passano di padre in figlio) caratterizza gran parte delle società conosciute e si accompagna ad una cultura che pone al centro il controllo sulla sessualità femminile entro sistemi simbolici - la religione, il diritto- incentrati sui valori della legittimità della prole, della integrità del corpo femminile e del valore della maternità. Fino ad anni recenti, la cultura dell’onore familiare e femminile ha regolato, nelle società mediterranee ed islamiche, le relazioni tra i sessi e fra le generazioni, confinando per lo più le donne alla dimensione privata delle attività domestiche e precludendo loro l’accesso allo spazio pubblico – e dunque anche istituzionale- e alle attività qui consentite ( parlare in pubblico, predicare, fare propaganda politica).

La storia delle donne e della relazione di genere introduce anche tematiche comuni alla storia sociale e all’antropologia storica: la cultura materiale, le pratiche quotidiane di allevamento e cura, la "mentalità", tutti ambiti che vedono le donne in posizione preminente, perché depositarie di saperi e conoscenze specifiche (medicina, farmacologia, ginecologia).

Un secondo ambito tematico che si apre a comparazioni interne non solo alle società occidentali, ma anche extraeuropee, è quello del mercato, come luogo degli scambi, della sfera produttiva, e dunque delle attività economiche e lavorative delle donne. Queste attività vanno studiate tenendo presente il nesso tra produzione e riproduzione e dunque a partire dal ciclo di vita che condiziona il rapporto delle donne con il lavoro, caratterizzandolo nei termini di una presenza discontinua, interstiziale e flessibile. Questa modalità ha connotato, e ancora oggi caratterizza in alcune aree e settori produttivi, la presenza delle donne nel mercato del lavoro.

Nelle varie epoche e contesti, una riflessione sistematica sull’accesso delle donne alle risorse culturali (alfabetizzazione e scrittura), economiche ( ricchezza mobile, fondiaria, mercato del lavoro) giuridiche ( i diritti di cittadinanza, le norme sociali di inclusione ed esclusione ) ha l’intento di misurare alcune fasi, acquisizioni e conquiste che la storia generale interpreta e divulga nella loro presunta portata universale: così le "rivoluzioni", da quella scientifica del secolo XVII, a quella culturale del Rinascimento, a quelle politiche del secolo XVIII nelle colonie americane e in Francia. Rivisitate a partire da queste domande, queste svolte periodizzanti aprono punti di vista e piani di riflessione in larga parte inediti.

La storia delle donne e delle relazioni di genere è una storia di lunga durata, che attraversa tutte le società e i sistemi giuridici, economici e politici. E’ una storia plurale, che introduce nuovi punti di vista e spezza l’uniformità del soggetto universale, occidentale, bianco e maschile. E’ una storia che si interroga sulle forme di potere e di subordinazione e sulla loro articolazione, a cui nel tempo si sono contrapposte forme di compensazione, resistenza, contro-poteri, consenso. Il problema del potere si fa più complesso avvicinandosi al mondo contemporaneo, alla costituzione di una sfera politica autonoma e della democrazia; nelle società di massa aumenta la visibilità pubblica dei soggetti femminili, nelle guerre e nelle resistenze ai totalitarismi, nei luoghi della cultura e della politica, nei percorsi di migrazione e nelle diverse forme di produzione. Tuttavia l’affermazione della parità dei diritti individuali (politici, civili e sociali), generalmente acquisita nel mondo occidentale, non esaurisce gli aspetti contraddittori delle formulazioni giuridiche e la sostanziale "asimmetria" delle pratiche di cittadinanza; in molti luoghi del mondo attuale, poi, tali diritti restano ignorati perfino al livello delle elaborazioni formali.

Note
4. Cfr. Paola Di Cori, Altre storie. La critica femminista alla storia, Bologna, Clueb, 1996; P.Di Cori, Insegnare di storia, Torino, Trauben, 1999 e bibliografia.
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5. Il riferimento è in particolare alle elaborazioni del Movimento di Cooperazione educativa, dell'Insmli, del Laboratorio nazionale per la didattica della storia, dell'associazione Clio 92. torna su

6. Cfr. ad es. Emma Baeri, Desiderio di una storia, desiderio di storia. Esperienze e riflessioni di ricerca didattica e metodologica in AA.VV., Una facoltà nel Mediterraneo, Milano, Giuffrè, 2000. torna su