Un laboratorio per la storia
Aurora Delmonaco
Presidente del LANDIS (Laboratorio
Nazionale per la didattica della Storia) - Bologna

In questo libro, le imbarcazioni navigano; le onde ripetono
la loro canzone; i vignaioli discendono dalle colline delle Cinque terre, sulla Riviera
genovese; in Provenza e in Grecia si bacchiano le olive; i pescatori tirano le reti sulla
laguna di Venezia; i carpentieri costruiscono barche, uguali oggi a quelle di ieri
E
ancora una volta, guardandole, ci ritroviamo fuori del tempo" (1).
Come si sarebbe potuto insegnare una storia così?
Dove si sarebbe trovato un manuale scolastico che
insegnasse la storia in questo modo?
Era la fine degli anni Settanta quando lidea del
laboratorio di storia prese corpo, quando la lezione annalista penetrò nei tradizionali
percorsi della disciplina scolastica, quando di fronte allo sbadiglio stanco di una
generazione di studenti che abbandonava, senza averla vissuta, la stagione
dellaffannoso interrogarsi sul mondo, molti insegnanti scoprivano lurgenza di
fondare la trasmissione non più sulle parole, divenute incerte e deboli, ma sulla
concretezza del gesto storiografico.
Dalla storia-racconto alla storia-problema
"Storia": il tempo lineare si scomponeva nelle
molteplicità delle durate e invertiva la sua traiettoria nelle vie tra il passato e il
presente; la spazialità rigida si dilatò e si restrinse nelle pluralità delle
dimensioni, la civiltà sociale e materiale si delineò come nuova frontiera della
ricostruzione del passato; nuove voci, nuovi corpi reclamarono il loro diritto alla
memoria, mentre si poneva con urgenza il problema dellintreccio con le scienze
sociali; lasse dellinsegnamento si spostava dalla "storia/racconto"
alla "storia/problema", imponendo la ricerca di nuove forme di comunicazione con
il passato.
Il saper fare acquistava una rilevanza mai sospettata sul
terreno della disciplina, e dallesplorazione pratica e teorica delle nuove
prospettive emersero alcuni punti di orientamento didattico che nel tempo hanno assunto
ulteriori valenze: il valore formativo della storia non si dispiega grazie
allaccumulo di nozioni effimere nella memoria ma attraverso lo sviluppo delle
capacità che ci consentono di "pensare" il passato; la ricerca storiografica è
una risorsa fondamentale non solo per le sue conclusioni interpretative ma per le lezioni
di metodo che essa offre; la complessità dei fenomeni storici non può essere ridotta a
un semplice racconto enciclopedico ma impone scelte di percorsi, aspetti e momenti
significativi su cui esercitare larte di porre domande e di cercare risposte
utilizzando fonti dogni genere; infine, nulla ha significato per i giovani e le
giovani se lesperienza del passato non dà indicazioni di lettura per il presente.
Oggi queste esperienze e queste ricerche didattiche assumono importanza fondamentale per
sciogliere il nodo della possibilità di insegnare la storia contemporanea.
La bottega
di Clio
Il problema che adesso si pone per molti, molte insegnanti
è da un lato quello di accogliere spunti di tale ricchezza allinterno di spazi
orari sempre più insufficienti, dallaltro quello di dare corpo ad una trama storica
concettualmente complessa senza produrre disorientamento. Il laboratorio storico risponde
a queste esigenze.
Esso è una struttura fisica, unaula speciale,
predisposta per compiere operazioni di ricerca, assemblaggio di documenti di ogni tipo,
elaborazioni di testi, esplorazioni di percorsi, analisi di fonti visive, auditive,
iconiche, materiali, seriali. Attrezzarlo non è difficile. Occorre radunare in un unico
ambiente, grande abbastanza per accogliere una classe intera, una serie di sussidi che in
genere le scuole già possiedono, ma che sono collocati in luoghi diversi, spesso
destinati ad usi diversi dallinsegnamento: televisione e videoregistratore,
fotocopiatrice, lavagna luminosa, diaproiettore, episcopio, registratore, computer
corredato di stampante, scanner, e quanto è possibile mettere insieme
dellarmamentario tecnologico con relativo software, data display e masterizzatore e
modem ed accesso Internet (è possibile oggi concedersi tali dotazioni attraverso appositi
finanziamenti ministeriali), e poi libri, dai manuali alle enciclopedie, dalle opere
storiografiche alle raccolte di fonti, e carte geografiche, mappe, schedari, monografie,
grafici, statistiche, raccolte di oggetti, di memorie, lettere e fotografie, e video e
tutto quanto la necessità e linventiva degli insegnanti riesce a reperire. Una
simile disponibilità contemporanea di strumenti prospetta immediatamente unidea
diversa del rapporto tra lezione e operatività.
Normalmente si ricorre al sussidio (uno solo alla volta e
solo qualche volta) come supporto alla lezione che si impartisce, spostando
lattenzione delle alunne e degli alunni dalle parole dellinsegnante ad un
linguaggio diverso, ad una diversa mediazione, ad arricchire il discorso, ad approfondirne
gli aspetti ed anche, talvolta, a dimostrazione del suo assunto. Se si hanno invece molte
disponibilità contemporanee, la logica del loro uso cambia segno poiché è possibile
integrare in un unico processo cognitivo operazioni differenti. Allora si aprono percorsi
nuovi, flessibili ed articolati nelle loro geometrie di ricerca, e laccento si
sposta dalla rigidità della struttura espositiva allelasticità di un progetto che
si arricchisce nel suo stesso sviluppo, dal momento che ad ogni passaggio sono possibili
opzioni diverse in cui la classe intera è coinvolta.
In una situazione di grande disponibilità e varietà di
fonti, di materiali, di supporti storiografici, il mondo storico si disegna come un campo
da esplorare nella sua varietà, come una realtà dai molteplici aspetti che attende di
essere ricomposta in un insieme significativo. Non più quindi sequenze del passato che si
susseguono sul binario temporale entro contorni rigidi, legate ad un solo tipo di
trasmissione didattica, ma un mosaico di tessere che attende di essere connesso; per farlo
occorre scoprire i molteplici itinerari del tempo, le combinazioni complesse dello spazio,
le strategie delle relazioni fra i soggetti: architetture rette dal solido puntello della
storiografia,.
La bottega di Clio è per i ragazzi il luogo in cui si
svolge il gioco serio della memoria: archivio, biblioteca, museo, spazio in cui le domande
trovano le loro risposte, luogo predisposto per loro, ma non simulazione, luogo dove si
costruisce la storia ma non miniatura o caricatura del dominio dello storico: luogo reale
dove si stabilisce la giusta proporzione fra le possibilità ed i bisogni.
Il processo e il prodotto
Ogni unità di lavoro, concepita come una rete di relazioni
che bisogna individuare, scegliendo materiali e strumenti cognitivi, non può essere
lasciata al caso partendo da un nucleo tematico centrale e magari delegando agli studenti
il compito di "navigare" in esso seguendo le libere associazioni e le curiosità
immediate. Il processo di lavorazione della bottega didattica è duplice: i ragazzi, le
ragazze costruiscono un oggetto storiografico mentre linsegnante progetta e persegue
la formazione del loro senso storico ponendo in campo tutte le strategie didattiche in suo
possesso.
Chiedere agli studenti ed alle studentesse di adattarsi ad
unimmagine precostituita del passato, significa limitare lintelligenza
allelaborazione di una sola possibile risposta ad una domanda inespressa; nel
laboratorio occorre sia impegnare a tutto campo la capacità di imparare ciò che gli
storici, le storiche hanno già elaborato sia sviluppare lattitudine ad usare gli
strumenti concettuali della storia secondo prospettive diverse.
Tale percorso richiede unaccurata scelta degli
strumenti, una predisposizione del campo di lavoro per ottenere il massimo con il minimo
impiego di tempo. E quanto puntualmente si verifica: ciò che in genere si ottiene
in tre ore di laboratorio non potrebbe essere raggiunto in dieci ore di lezione
esplicativa.
Costruire griglie di separazione ed accorpamento del
materiale secondo indicatori opportuni, ad esempio, in laboratorio non dovrebbe mai essere
un esercizio di verifica, unoperazione aggiuntiva, che misura o rafforza
lapprendimento mnemonico, ma può rappresentare una condizione preliminare,
necessaria per inoltrarsi in quel territorio sconosciuto in cui il mondo non era ancora
quello di oggi ma ne preparava lavvento, per distinguerne i contorni confusi, per
dipanare gli itinerari contorti. Tutto ciò sviluppa la sensibilità per il linguaggio
antico delle cose, per le profondità ricche della memoria, per il nostro stesso
inoltrarci nel flusso di ciò che, anche grazie a noi, sta per accadere; tutto ciò ci fa
abitare il tempo.
Daltra parte, ritenere il conosciuto ed esplorare
lindeterminato corrispondono a due processi intellettivi di tipo diverso; mentre il
prevalere delluno sullaltro concorre a definire la personalità, nessun
individuo è totalmente privo delluno o dellaltro. Se linsegnamento
della storia si basa soprattutto sulla capacità di riprodurre il già detto, non solo si
sfrutta un solo aspetto delle possibilità degli alunni ma si selezionano in modo punitivo
le personalità più originali e creative.
Il pensiero convergente tende a preferire i sistemi
cognitivi chiusi, al cui interno prevalgono idee e schemi di comportamento già definiti:
ciò corrisponde per la storia ad una concezione del passato antiquario, che da qualche
parte si dividerebbe dal presente secondo una linea di demarcazione profonda, in cui ciò
che doveva essere è stato, ciò che doveva farsi è già fatto, definitivamente. Resta da
infilare la collana della memoria.
Il pensiero divergente è invece aperto
allesperienza, che approfondisce esplorandone le connessioni con altri spazi di
realtà per elaborare il futuro: per la conoscenza storica ciò vuol dire lincalzare
di domande spesso inevase ma anche il recupero del rapporto "oggi ieri
domani".
L'aula e
il laboratorio.
I nostri allievi, le nostre allieve vivono nelloggi.
Se si offre loro una storia antiquaria separata dal presente, li si rende padroni di un
passato distinto e lontano dal mondo in cui essi si stanno formando; le conoscenze
storiche avranno vita breve nella loro memoria. Connettere lesplorazione del passato
con le esigenze forti della personalità in sviluppo significa invece aprire un orizzonte
ben più vasto della limitata esperienza "io qui oggi".
La sola creatività e la pura ansia del nuovo però non
danno frutti, come sono frutti nati già vecchi quelli dellesclusivo apprendimento
mnemonico: lo spazio del laboratorio deve dunque offrire elementi di conoscenza già
costituita e strumenti per costruire con essi nuove risposte a nuove domande.
E impensabile che ogni classe abbia un proprio
laboratorio: tutta la scuola, se esiste unaula di storia, può e deve accedervi.
Luso quindi ne risulta limitato ed è necessario programmare il lavoro individuando
le specificità delle diverse operazioni: in laboratorio si affrontano i nodi centrali,
quelli capaci di mettere in moto, a partire da esperimenti limitati, idee e saperi che si
riattiveranno al passaggio di ogni nuovo flusso di conoscenze; nellaula normale si
procede nel tragitto verso il passato, acquisendo ulteriori elementi ed elaborando
riflessioni che li inquadrino in sistemi datori di senso, fino al momento di tornare in
laboratorio per compiere un passo avanti nel cammino che conduce dalle "cose"
alluniverso logicoastratto, in cui il visibile rimanda allinvisibile, la
fonte alle categorie, la data alla durata. Alle sequenze di operazioni devono
corrispondere sequenze di elaborazioni intellettive; quelle rimandano a queste e
viceversa, ma non per distinzione meccanica.
Ci sono momenti, nel fare storia, del lavoro in comune e ci
sono momenti in cui ci si piega sui dati confrontandoli con le proprie capacità di
comprenderli, come ci sono momenti in cui lo scambio verbale, la discussione, il confronto
sono insostituibili.
Laula sarà lo spazio del lavoro personale e della
parola nuda, sarà il contenitore - con le sue pareti come aree da riempire, i suoi
armadi, i cassetti, gli scaffali - dellarchivio di classe, dello schedario relativo
alle ricerche in corso, dei semilavorati, dei prodotti intermedi, di quelli su cui
occorrerà tornare. I prodotti finiti, i dati raccolti, il materiale reperito potranno
invece, dopo le opportune valutazioni, andare ad arricchire il patrimonio del laboratorio,
perché possano essere ripresi in anni successivi, oppure perché altre classi possano
usufruirne, o perché gli insegnanti stessi possano ripercorrere le tappe del loro lavoro,
o ragionare sullesperienza degli altri.
Il laboratorio dunque può essere considerato il luogo
fisico dincontro del lavoro che parte dalle aule e nelle aule ritorna, senza
interruzioni e salti: la scuola intera allora si configura come laboratorio.
Note.
1.Fernand Braudel, Mediterraneo, in Il
Mediterraneo. Lo spazio la storia gli uomini le tradizioni, Bompiani, Milano, 1995,
pag. 7.
Torna al Sommario
|