"Ricerca
storica simulata" è la definizione usata da Giuseppe Deiana
per configurare la specificità dei processi didattici attivati, per
l'insegnamento della storia, da un gruppo di docenti di diverse
scuole, medie e superiori, dell'area sud di Milano. Il concetto di
simulazione in questo caso attiene più al campo degli obiettivi che a
quello delle pratiche didattiche. In effetti, i lavori realizzati e
documentati costituiscono vere e proprie ricerche, produzione di
conoscenze nuove, e non tanto riscoperta, attraverso documenti e fonti
preventivamente predisposte, di fatti e realtà altrimenti già note.
Con
buone ragioni, quindi, si può parlare di trasformazione dell'unità
classe in comunità di apprendimento costituita sul modello della
comunità "scientifica": il docente si riconfigura in
maestro che, conoscendo la metodologia della ricerca e la
storiografia, predispone il contesto, determinando temi e obiettivi "proporzionati
alle possibilità cognitive [...] degli studenti"; dà
indicazioni, fornisce assistenza alla ricerca; formula ipotesi ma
anch'egli è in attesa di risposta, in atteggiamento di
interrogazione. L'ingrediente che
da un punto di vista pedagogico assume carattere fondativo della
ricerca storica simulata e che legittima le riflessioni teoriche-
insegnare secondo epistemologia storica e secondo epistemologia
didattica- è la centralità del soggetto che apprende, l'obiettivo di
"valorizzare le potenzialità cognitive" dei soggetti
in formazione, di far maturare in loro "attitudine
interrogante", capacità di lettura critica degli eventi, "
un metodo per comprendere i fatti a partire dalle fonti".
Le
ricerche di storia locale appaiono le più utili sia per agire sul
versante della "funzione formativa di costruzione
dell'identità e del riconoscimento delle identità diverse"
sia come auspicabile passaggio per comprendere la storia generale. Si
tratta quindi di mettere a punto modelli di comprensione e spiegazione
per un approccio rigoroso alla storia locale. "[…]
che considera la conoscenza della storia locale come accesso alla
conoscenza generale dei processi storici, sulla base dei principi e
delle regole di una buona metodologia storiografica, secondo le quali
gli storici costruiscono le generalizzazioni e le astrazioni della
storia generale dopo aver studiato i casi locali e particolari".
Sebbene le
ricerche documentate e realizzate in ambito didattico siano
prevalentemente microstorie non è trascurata né ritenuta
impraticabile la ricerca su tematiche generali o di macrostoria. In
particolare Giancarlo Pennacchietti sostiene l'utilità di lavori di
macrostoria in quanto sollecitati dagli avvenimenti del presente che
pongono la necessità di rispondere a domande, insorgenti nei giovani,
di comprensione e spiegazione di problemi che investono il mondo e la
società attuale. In tal caso il problema è di scegliere temi
adeguatamente definiti e affrontare con rigore i problemi di
mediazione didattica.
Saggi di
come si possa procedere a tematizzare e a segmentare adeguatamente
sono offerti dal progetto elaborato da Cazzaniga, Glorioso e
Pennacchietti per lo studio dei "mitici e ambigui anni
'60" e dall'ampia trattazione delle problematiche dell'Italia
dalla Resistenza a oggi in cui Deiana traccia un articolato panorama
della storiografia, delinea ipotesi di periodizzazione e soprattutto
individua possibili percorsi di ricerca in ambito didattico. I
resoconti delle esperienze portate a termine dagli
insegnanti-ricercatori mentre illustrano il processo di ricerca e i
criteri di indagine delle fonti, con misura felice rendono conto di
ciò che è stato scoperto e appreso. Emerge
un'area urbana e suburbana del sud di Milano popolata di manufatti
architettonici, campi irrigui e rogge, cascine e monasteri che
raccontano storie antiche e storie più recenti di urbanizzazione poco
rispettosa dei siti, distruttiva delle identità e della memoria. Il
Quartiere Stadera racconta la storia della sua Resistenza come affiora
dalla memoria dei partigiani e la sua storia operaia attraverso le
testimonianze sulla Grazioli, una fabbrica metalmeccanica di macchine
utensili, la cui vicenda si sviluppa dagli anni '30 al 1980. "Oggi
la fabbrica è quasi del tutto abbattuta. Ma io mi sono portato a casa
alcuni mattoni e un macigno come ricordo. Li ho portati nell'orticello
che ho in campagna".
Da questa
testimonianza di un ex-operaio della Grazioli potrebbe cominciare
un'altra storia, più generale, di operai di mestiere e operai-massa,
di figure tipiche di imprenditori fatti da sé, per spirito di
iniziativa e competenze tecniche, autoritari e paternalisti come
Giacomo Grazioli e Ambrogio Binda, che pretendeva l'appellativo di
"amorevolissimo padre", di ritmi di lavoro, di sfruttamento
e sistema di "human relations" nella fabbrica fordista.
Per dirla con Concetta
Brigadeci, che ha organizzato la ricerca sul bottonificio Binda, si
potrebbe mostrare "il tempo storico iscritto in un
corpo-materia fatto di carta e di pietra…"
|