Coniugare il piano della politica e il piano dei sentimenti, spremendo fonti molteplici ed
eterogenee per interrogarsi, oggi, sulle rappresentazioni che possediamo del vecchio
continente, sulle culture, provenienti da occidente e da oriente, che hanno contribuito,
nella lunga e nella breve durata, a costruire la nostra Europa : con il suo corposo
volume Luisa Passerini ci ha messo generosamente a disposizione un vasto repertorio di
idee e immagini dalle quali partire anche per un confronto con l"Europa
reale" in cui iniziamo a vivere nel terzo millennio. Il punto di osservazione
privilegiato scelto dallautrice è lInghilterra degli anni trenta del
Novecento, una nazione "marginale e centrale" del nostro continente, in cui nel
periodo tra le due guerre mondiali, appunto, si elaborarono proposte, anche di opposto
segno politico, per la costruzione di una grande Europa dalla salda identità.
La
ricchezza storica e teorica di questo lavoro si dispiega in sei itinerari di
ricerca che ricordiamo qui a grandi linee, lasciando al lettore il gusto di
addentrarsi nella particolarità, di contenuti, sì, ma anche di proposte metodologiche,
presenti in ciascuno di essi. In questi itinerari chi legge potrà stabilire molteplici
nessi organizzati cronologicamente, anche se la loro sequenza non segue necessariamente
uno stretto ordine cronologico. In questo senso i "lunghi anni trenta" sono il
"decennio" che viene a costituire una unità tematica che corrisponde solo
parzialmente a ununità temporale. Come avverte la stessa autrice, lintreccio
fra un taglio macro e microstorico "varia a seconda delloggetto e del problema
collegato".
Il
primo itinerario lavora sullidea di unEuropa unita presente nei tanti
dibattiti sullavvenire della civiltà europea e sul federalismo negli anni trenta
del Novecento. Esso attraversa vari capitoli del libro dedicati soprattutto alla
dimensione politica della questione ; fra questi, risulta centrale la ricostruzione
del dibattito sugli Stati Uniti dEuropa innescato dalla proposta fatta al riguardo
da Aristide Briand alla Società delle Nazioni nel 1929- 1930.
Il
secondo itinerario si condensa invece intorno alla corrispondenza tenuta da una
donna britannica e da un uomo tedesco appartenenti ad unélite benestante negli anni
1938-1945; appartenenza ad una nazionalità e dimensione amorosa privata sono i due poli
conflittuali entro i quali si dipana la vicenda affettiva di Catherine e Konrad, vicenda
individuale di una coppia, che si rivela però rappresentativa in termini di storia
sociale. Anche qui si disegna l'immagine di una europeità che oscilla fra il
rafforzamento delle identità nazionali e il riconoscimento di scambi cosmopolitici fra
individui e popoli
Nel terzo
itinerario lautrice esplora le connessioni tra il dibattito sulla crisi
della civiltà europea e quello sulla crisi del matrimonio, sulla sessualità e
lamore. Protagonista dellinserimento di un fondamento religioso cristiano di
forte spessore nella storia dellidea di Europa è in questo caso Christopher Dawson.
Il quarto
itinerario discute la tesi dellinvenzione da parte degli europei della
poesia e dellamor cortese nella Provenza del XII secolo, concezione alla base dello
sviluppo dellamore e della letteratura romantica. Il rapporto fra lEuropa e
lamore è ripensato mettendo in luce i nodi amore-guerra, amore-conquista,
amore-dominio, attraverso una rilettura di autori come il già citato Dawson, Clives
Staples Lewis, Robert Briffault, Denis de Rougemont.Briffault, il geniale autore di The
Mothers, individua nellamore provenzale un intreccio di influenze diverse che
vanno "dalla tradizione orale celtica ai romanzi eroici e alla poesia araba."
Per altri invece, come Lewis, autore della celebre Allegoria damore, e de
Rougemont, che pubblica alla vigilia della Seconda guerra mondiale laltrettanto
fortunato Lamore e lOccidente, la certa "europeità"
dellamor cortese è data dal trionfo dei valori morali e cristiani che esso veicola.
La "passione" nella storia europea diviene passione delluno,
delluomo per la donna e viceversa, e passione dei tanti per un ideale, una
convinzione, un principio fondante di culture, mentalità e costruzioni nazionali.
Le
sovrapposizioni emotive e dellimmaginario fra la conquista di una terra e la
conquista di una donna trovano nella vicenda leggendaria del rapimento di Europa da parte
del dio Zeus in sembianze di toro un mito fondante della civiltà occidentale, variamente
rappresentato iconograficamente e simbolizzato nel nostro passato, sia remoto che
prossimo. E nel quinto itinerario si ridisegnano dunque i diversi volti e
corpi assunti dal mito di Europa, leggibile forse come il passaggio da una società
matrilineare e matriarcale a una patriarcale (evocando Europa la figura della Grande
Madre) o come il passaggio dalloriente a occidente, essendo Europa il nome dato alle
terre che si trovano a Occidente della Grecia. Lautrice si sofferma poi sulla sua
rielaborazione simbolica novecentesca, attraverso una rilettura del romanzo di Ralph
Mottram, Europas Beast, pubblicato nel 1930, al cui centro si collocano le
trasformazioni di genere indotte dalla Prima Guerra Mondiale, con i loro violenti
effetti di crisi della maschilità e di cambiamenti nel corso di vita delle donne. Negli
anni tra le due guerre mondiali, il tradizionale sereno erotismo olimpico si rovescia in
alcuni artisti politicamente sensibili nella rappresentazione della barbarie nazista che
viola il corpo dellEuropa.
Il
sesto itinerario, infine, ruota intorno allutopia della Nuova Europa, in
particolare attraverso le vicende del New European Group, il NEG, nato nel
1931 dalla celebre società adleriana, deciso a sostenere il sogno di una federazione
europea fondata sullautonomia regionale alla cui base doveva collocarsi un generale
rinnovamento spirituale, sostenuto da ideologie eclettiche e sincretistiche. Esso
combinava eurocentrismo, anglocentrismo e socialismo europeo, guardando a una federazione
europea che ponesse le basi per una federazione mondiale. Fu uno dei pochi tentativi di
contrastare le forti tendenze autoritarie che si stavano affermando in Europa, anche
attraverso la riflessione psicanalitica sui temi dellaggressività, del dominio, e
insieme della passione amorosa. Fu anche uno dei pochi luoghi culturali realmente
allarmati per il possibile profilarsi di una nuova catastrofe sociale e politica capace di
travolgere lEuropa come una nuova Atlantide.
Si diceva delle fonti eterogenee che nutrono il libro: romanzo, poesia, letteratura
psicanalitica, pittura e scultura, immagini di copertina, vignette satiriche,
fotografia ; un grande spazio viene finalmente concesso nella ricerca alle cosiddette
arti applicate, come la terracotta, i tessuti darredamento e le tappezzerie con i
loro disegni. Inoltre l'autrice, nellAvvertenza finale, amplia il dibattito
metodologico, ipotizzando linterscambiabilità in molte situazioni
dellindagine storica attuale di fonti primarie e secondarie, i cui confini
andrebbero sfumando, a seconda delloggetto e del metodo storico via via adottato. Le
fonti letterarie, per loro stessa natura a cavallo tra limmaginario e il reale, sono
non a caso largamente utilizzate, poiché, come già avvertiva lautrice in suoi
lavori precedenti "la nostra epoca non nutre più la sicurezza che spingeva Tucidide
a separare nettamente il favoloso dallo scientifico". La letteratura, intesa in senso
stretto e in senso lato, è in effetti uno dei luoghi in cui avviene la costruzione
dellidea, o meglio, delle idee di Europa. Allinterno delluniverso
letterario, inoltre, lautrice sceglie anche la poesia, fonte qualitativa per
eccellenza, per delineare il suo percorso metodologico. Poesie e poeti che si sono
espressi sul tema dellidentità europea si ritrovano sia ne LEuropa e
lamore che in un altro bel libro curato da Luisa Passerini, una raccolta di
saggi sulla Identità culturale europea (Scandicci - Firenze, La Nuova Italia,
1998).
Del primo libro mi piace segnalare ancora la parte dedicata alle poesie sulla Spagna e
lEuropa, nelle quali si prefigura nellesperienza tragica della guerra civile
spagnola la speranza di un possibile riscatto, di una rigenerazione, una rifondazione
della civiltà europea. O a quelle, di tono più leggero, che hanno rivisitato il mito di
Europa in chiave più scherzosa e "moderna". Ma vorrei rimandare anche alla
densa Introduzione del libro collettaneo citato, che riporta e commenta frammenti
di poeti delle ultime generazioni, a partire da Diario dAlgeria di Vittorio
Sereni, scritta in piena guerra mondiale, nel 1942, per spostarsi poi su autori più
sbilanciati su versanti esistenziali e "impolitici".
Apprezzerà molto questa opera, che richiede impegno nella lettura, chi intende la ricerca
storica come sfida a impianti e modelli unitari e crede nella fecondità di un metodo che
sappia spostare orizzonti e punti di vista, giocando sulla tensione costante fra personale
e politico, particolare e collettivo.
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