Luisa Passerini, L’Europa e l’amore. Immaginario e politica fra le due Guerre, Milano, il Saggiatore, 1999, 383 pp., £. 48.000

di Roberta Fossati

       Coniugare il piano della politica e il piano dei sentimenti, spremendo fonti molteplici ed eterogenee per interrogarsi, oggi, sulle rappresentazioni che possediamo del vecchio continente, sulle culture, provenienti da occidente e da oriente, che hanno contribuito, nella lunga e nella breve durata, a costruire la nostra Europa : con il suo corposo volume Luisa Passerini ci ha messo generosamente a disposizione un vasto repertorio di idee e immagini dalle quali partire anche per un confronto con l’"Europa reale" in cui iniziamo a vivere nel terzo millennio. Il punto di osservazione privilegiato scelto dall’autrice è l’Inghilterra degli anni trenta del Novecento, una nazione "marginale e centrale" del nostro continente, in cui nel periodo tra le due guerre mondiali, appunto, si elaborarono proposte, anche di opposto segno politico, per la costruzione di una grande Europa dalla salda identità.

        La ricchezza storica e teorica di questo lavoro si dispiega in sei itinerari di ricerca che ricordiamo qui a grandi linee, lasciando al lettore il gusto di addentrarsi nella particolarità, di contenuti, sì, ma anche di proposte metodologiche, presenti in ciascuno di essi. In questi itinerari chi legge potrà stabilire molteplici nessi organizzati cronologicamente, anche se la loro sequenza non segue necessariamente uno stretto ordine cronologico. In questo senso i "lunghi anni trenta" sono il "decennio" che viene a costituire una unità tematica che corrisponde solo parzialmente a un’unità temporale. Come avverte la stessa autrice, l’intreccio fra un taglio macro e microstorico "varia a seconda dell’oggetto e del problema collegato".

        Il primo itinerario lavora sull’idea di un’Europa unita presente nei tanti dibattiti sull’avvenire della civiltà europea e sul federalismo negli anni trenta del Novecento. Esso attraversa vari capitoli del libro dedicati soprattutto alla dimensione politica della questione ; fra questi, risulta centrale la ricostruzione del dibattito sugli Stati Uniti d’Europa innescato dalla proposta fatta al riguardo da Aristide Briand alla Società delle Nazioni nel 1929- 1930.

      Il secondo itinerario si condensa invece intorno alla corrispondenza tenuta da una donna britannica e da un uomo tedesco appartenenti ad un’élite benestante negli anni 1938-1945; appartenenza ad una nazionalità e dimensione amorosa privata sono i due poli conflittuali entro i quali si dipana la vicenda affettiva di Catherine e Konrad, vicenda individuale di una coppia, che si rivela però rappresentativa in termini di storia sociale. Anche qui si disegna l'immagine di una europeità che oscilla fra il rafforzamento delle identità nazionali e il riconoscimento di scambi cosmopolitici fra individui e popoli

       Nel terzo itinerario l’autrice esplora le connessioni tra il dibattito sulla crisi della civiltà europea e quello sulla crisi del matrimonio, sulla sessualità e l’amore. Protagonista dell’inserimento di un fondamento religioso cristiano di forte spessore nella storia dell’idea di Europa è in questo caso Christopher Dawson.

     Il quarto itinerario discute la tesi dell’invenzione da parte degli europei della poesia e dell’amor cortese nella Provenza del XII secolo, concezione alla base dello sviluppo dell’amore e della letteratura romantica. Il rapporto fra l’Europa e l’amore è ripensato mettendo in luce i nodi amore-guerra, amore-conquista, amore-dominio, attraverso una rilettura di autori come il già citato Dawson, Clives Staples Lewis, Robert Briffault, Denis de Rougemont.Briffault, il geniale autore di The Mothers, individua nell’amore provenzale un intreccio di influenze diverse che vanno "dalla tradizione orale celtica ai romanzi eroici e alla poesia araba." Per altri invece, come Lewis, autore della celebre Allegoria d’amore, e de Rougemont, che pubblica alla vigilia della Seconda guerra mondiale l’altrettanto fortunato L’amore e l’Occidente, la certa "europeità" dell’amor cortese è data dal trionfo dei valori morali e cristiani che esso veicola. La "passione" nella storia europea diviene passione dell’uno, dell’uomo per la donna e viceversa, e passione dei tanti per un ideale, una convinzione, un principio fondante di culture, mentalità e costruzioni nazionali.

      Le sovrapposizioni emotive e dell’immaginario fra la conquista di una terra e la conquista di una donna trovano nella vicenda leggendaria del rapimento di Europa da parte del dio Zeus in sembianze di toro un mito fondante della civiltà occidentale, variamente rappresentato iconograficamente e simbolizzato nel nostro passato, sia remoto che prossimo. E nel quinto itinerario si ridisegnano dunque i diversi volti e corpi assunti dal mito di Europa, leggibile forse come il passaggio da una società matrilineare e matriarcale a una patriarcale (evocando Europa la figura della Grande Madre) o come il passaggio dall’oriente a occidente, essendo Europa il nome dato alle terre che si trovano a Occidente della Grecia. L’autrice si sofferma poi sulla sua rielaborazione simbolica novecentesca, attraverso una rilettura del romanzo di Ralph Mottram, Europa’s Beast, pubblicato nel 1930, al cui centro si collocano le trasformazioni di genere indotte dalla Prima Guerra Mondiale, con i loro violenti effetti di crisi della maschilità e di cambiamenti nel corso di vita delle donne. Negli anni tra le due guerre mondiali, il tradizionale sereno erotismo olimpico si rovescia in alcuni artisti politicamente sensibili nella rappresentazione della barbarie nazista che viola il corpo dell’Europa.

       Il sesto itinerario, infine, ruota intorno all’utopia della Nuova Europa, in particolare attraverso le vicende del New European Group, il NEG, nato nel 1931 dalla celebre società adleriana, deciso a sostenere il sogno di una federazione europea fondata sull’autonomia regionale alla cui base doveva collocarsi un generale rinnovamento spirituale, sostenuto da ideologie eclettiche e sincretistiche. Esso combinava eurocentrismo, anglocentrismo e socialismo europeo, guardando a una federazione europea che ponesse le basi per una federazione mondiale. Fu uno dei pochi tentativi di contrastare le forti tendenze autoritarie che si stavano affermando in Europa, anche attraverso la riflessione psicanalitica sui temi dell’aggressività, del dominio, e insieme della passione amorosa. Fu anche uno dei pochi luoghi culturali realmente allarmati per il possibile profilarsi di una nuova catastrofe sociale e politica capace di travolgere l’Europa come una nuova Atlantide.

         Si diceva delle fonti eterogenee che nutrono il libro: romanzo, poesia, letteratura psicanalitica, pittura e scultura, immagini di copertina, vignette satiriche, fotografia ; un grande spazio viene finalmente concesso nella ricerca alle cosiddette arti applicate, come la terracotta, i tessuti d’arredamento e le tappezzerie con i loro disegni. Inoltre l'autrice, nell’Avvertenza finale, amplia il dibattito metodologico, ipotizzando l’interscambiabilità in molte situazioni dell’indagine storica attuale di fonti primarie e secondarie, i cui confini andrebbero sfumando, a seconda dell’oggetto e del metodo storico via via adottato. Le fonti letterarie, per loro stessa natura a cavallo tra l’immaginario e il reale, sono non a caso largamente utilizzate, poiché, come già avvertiva l’autrice in suoi lavori precedenti "la nostra epoca non nutre più la sicurezza che spingeva Tucidide a separare nettamente il favoloso dallo scientifico". La letteratura, intesa in senso stretto e in senso lato, è in effetti uno dei luoghi in cui avviene la costruzione dell’idea, o meglio, delle idee di Europa. All’interno dell’universo letterario, inoltre, l’autrice sceglie anche la poesia, fonte qualitativa per eccellenza, per delineare il suo percorso metodologico. Poesie e poeti che si sono espressi sul tema dell’identità europea si ritrovano sia ne L’Europa e l’amore che in un altro bel libro curato da Luisa Passerini, una raccolta di saggi sulla Identità culturale europea (Scandicci - Firenze, La Nuova Italia, 1998).

         Del primo libro mi piace segnalare ancora la parte dedicata alle poesie sulla Spagna e l’Europa, nelle quali si prefigura nell’esperienza tragica della guerra civile spagnola la speranza di un possibile riscatto, di una rigenerazione, una rifondazione della civiltà europea. O a quelle, di tono più leggero, che hanno rivisitato il mito di Europa in chiave più scherzosa e "moderna". Ma vorrei rimandare anche alla densa Introduzione del libro collettaneo citato, che riporta e commenta frammenti di poeti delle ultime generazioni, a partire da Diario d’Algeria di Vittorio Sereni, scritta in piena guerra mondiale, nel 1942, per spostarsi poi su autori più sbilanciati su versanti esistenziali e "impolitici".

        Apprezzerà molto questa opera, che richiede impegno nella lettura, chi intende la ricerca storica come sfida a impianti e modelli unitari e crede nella fecondità di un metodo che sappia spostare orizzonti e punti di vista, giocando sulla tensione costante fra personale e politico, particolare e collettivo.