Contesti e percorsi

Luciana Rocchi

Istituto Storico Grossetano della Resistenza e dell’Età Contemporanea

 

I contesti
Osservazioni sulla didattica del laboratorio
Un esempio

 

 

 

Le note che seguono sono più un tentativo di connettere la specifica questione dei laboratori al quadro di riferimento generale che un approfondimento. Credo che vadano anche lette come un approccio al problema da parte di chi vive una condizione di povertà di risorse interne ed esterne ed avverte l’esigenza di tenere insieme la necessità di qualificare l’Istituto e quella di operare efficacemente nella fase di proposta ed attivazione dei laboratori.

I contesti

Preliminare ad una riflessione sui laboratori è la considerazione dei contesti in cui in questo momento e nelle diverse situazioni locali si opera.

Intanto, la fase che attualmente sta vivendo la nostra scuola è quella di una dinamica impressa dalla prima attuazione dell’autonomia. Questo ha delle implicazioni immediate sul vissuto degli insegnanti e quindi sul loro atteggiamento. Schematizzando, potremmo indicarne così le conseguenze:

  1. Un’accresciuta attenzione da parte di ciascuno alla globalità della vita della scuola
  2. La percezione di essere in una fase di cambiamento
  3. Una maggiore responsabilizzazione in rapporto al proprio ruolo
  4. Una minore disponibilità di tempo e di energie per un aggiornamento disciplinare
  5. Un impiego di una parte delle energie in una miriade di attività non sempre e non necessariamente coerenti con un progetto complessivo della singola scuola

 

Da queste considerazioni potremmo derivare la necessità di tener presenti alcuni accorgimenti fondamentali. Per esempio, cercare il più possibile di connettere il nostro lavoro specifico agli altri ambiti disciplinari, affrontando anche la difficoltà dello scarto temporale tra programmi di storia e programmi delle altre discipline umanistiche nell’ultimo anno della scuola media superiore. Una riflessione sulla globalità può intanto essere affrontata attraverso un approfondimento dello spirito e della lettera del " documento dei saggi", premessa al riordino dei cicli.

Altro passaggio essenziale in questa fase è l’approfondimento del tentativo di modellizzazione delle forme di aggiornamento utili in questo momento e in futuro. E’ un lavoro già iniziato da parte di molti istituti, ma è urgente continuarlo, in più sedi, per arrivare a definire un modello flessibile, che tenga conto del quadro di riferimento generale e della specificità delle situazioni locali.

Un dato certo già da ora è la modifica del rapporto tra scuola ed agenzie esterne, che fino ad ora hanno gestito quasi tutte le iniziative di aggiornamento, in considerazione dell’assunzione di un ruolo maggiormente propositivo da parte delle istituzioni scolastiche, ma anche della nuova situazione rappresentata dalle disposizioni attuative della direttiva sulla storia contemporanea, che potrebbe enfatizzare il nostro ruolo di consulenti, riducendo quello – fino ad oggi prevalente – di organizzatori e gestori "in proprio" di iniziative di aggiornamento.

Entrando più nel merito del problema dell’attivazione dei laboratori, la questione – preliminare - della definizione del nostro ruolo implica un’ulteriore riflessione, sulla varietà delle situazioni locali. E’ infatti importante tener conto del contesto locale per ritagliare agli Istituti un ruolo efficace. Si potrebbero così schematizzare le variabili dalle quali non si può prescindere per valutare le condizioni in cui operano i diversi Istituti.

Variabili esterne:

  1. risorse culturali del territorio
  2. livello di elaborazione culturale e didattica della scuola locale
  3. stato delle cose dell’attività dei Provveditorati
  4. rapporto enti locali-scuola

Variabili interne agli Istituti:

1. risorse culturali - biblioteca

- archivio

- strumenti tecnici

2. risorse umane - competenze per la ricerca

- competenze per l’archivistica

- competenze per la didattica

3. risorse finanziarie

4. rapporto con l’istituzione scolastica

5. rapporto con gli insegnanti

6. radicamento nel territorio

Una attenta considerazione da parte di ciascun istituto della propria condizione, a partire da queste variabili, potrà dare un utile contributo al fine di operare le scelte necessarie a ritagliare per l’Istituto il ruolo più adeguato.

In particolare, per gli Istituti che non sono in condizione di poter definire a pieno titolo laboratorio quello di cui dispongono al loro interno, sarà necessario procedere prima di tutto ad un potenziamento dei propri strumenti di lavoro e ad una verifica della propria capacità di esercitare la funzione di laboratorio, prima di sollecitare la costruzione dei laboratori nelle scuole-polo. In questo senso, la scelta di proporre, dopo il corso di formazione dei tutor, una seconda fase, occupata da un percorso di formazione sulla didattica del laboratorio – e non solo ( vedi par. 3.) - può costituire un utile momento di transizione.

 

Osservazioni sulla didattica del laboratorio

In molti casi la proposta di una didattica centrata sul laboratorio si scontra con l’abitudine degli insegnanti ad una didattica della trasmissione. Il problema che si pone prioritariamente è quello di non limitare la proposta di una didattica del laboratorio a quella che Mario Pinotti definisce la " pratica del frammento, dell’esperienza episodica, bella ma irripetibile", ma comunque di tenere in considerazione il fatto che si tratterà di avviare una fase di transizione, accettando il rischio di una schizofrenia tra momenti di didattica della trasmissione e momenti di innovazione. Si tratterà in questa fase di trovare risposte a molte obbiezioni da parte di quegli insegnanti radicati in una pratica didattica centrata sulla trasmissione ( la mancanza di tempo, la difficoltà di adottare ai livelli medio e superiore strategie didattiche innovative con ragazzi abituati a moduli diversi di apprendimento, la necessità di convivere con colleghi di altre discipline non in linea con questo modello, etc.).

Così sarà necessario contemporaneamente:

  1. il lavoro di approfondimento sul curricolo in verticale ( all’interno di ciascun ordine e di tutti gli ordini) e sulle abilità e le competenze da attivare attraverso l’insegnamento della storia, ma anche delle altre discipline ( vedi il documento dei saggi), nel quale dovranno essere coinvolti il maggior numero possibile di insegnanti
  2. la ricerca di "percorsi-tipo", su cui sviluppare una riflessione di carattere metodologico e contenutistico. Per questo potrebbe essere di particolare efficacia la storia locale, da interpretarsi come modello di costruzione di sapere storico attraverso i passaggi della metodologia della ricerca storica, ma in un ambito limitato, con la possibilità di una messa a fuoco specifica di ogni passaggio e con l’enfatizzazione delle soggettività protagoniste della costruzione di sapere. In questo caso si rivela molto più importante il processo che non il prodotto.

 

Esemplificazione di un possibile impiego della fase di transizione

Il lavoro di approfondimento indicato al punto 1. nel paragrafo precedente potrebbe impegnare il gruppo dei tutor. Dovrebbe essere nostro compito far sì che si trovasse il giusto equilibrio tra lo specifico delle questioni relative alla storia del ‘900 ( le rilevanze, la metodologia) e le problematiche di connessione con gli aspetti più generali suindicati.

Per esemplificare che cosa si intende al punto 2. ,faccio riferimento ad un gruppo che è stato attivato nel nostro Istituto, per lavorare sul tema Sviluppo urbanistico a Grosseto nel secondo dopoguerra. L’obbiettivo della costruzione di un percorso didattico su questo tema ha implicato, per l’Istituto, una fase di predisposizione dei materiali ( fonti scritte ed orali, sequenza delle operazioni, etc.), cui è seguito l’avvio di un lavoro tuttora in corso.

Trattandosi di una questione relativa alla seconda metà del secolo, in un quadro di riferimento caratterizzato dall’ assenza di una chiave di lettura storiografica locale, si sperimentano sul campo tutte le difficoltà di costruzione di percorsi didattici privi di un sostegno storiografico solido.

Un altro possibile ambito di lavoro può essere attivato attraverso la proposta di progetti finalizzati all’ utilizzo didattico degli archivi storici delle scuole.

Il risultato atteso di questa operazione riguarda contemporaneamente l’Istituto, chi lo segue all’interno dell’Istituto ed il gruppo di insegnanti che vi sono impegnati.

Dovrebbero rimanere come patrimonio per l’Istituto:

  • la costruzione e l’affinamento di abilità di ricerca storico-archivistica e di ricerca didattica
  • la costruzione di una motivazione e la predisposizione di materiali, utili a dare seguito al lavoro didattico nel senso di attivazione di ricerca storica locale
  • la costruzione di una rete di connessione con soggetti esterni all’Istituto ( depositari di archivi, biblioteche, enti locali,etc.)

Agli insegnanti impegnati nella ricerca didattica dovrebbero rimanere:

  • le abilità costruite sul campo attraverso le diverse operazioni, tra cui fondamentali quelle di esame delle fonti e di critica delle fonti
  • la consapevolezza delle possibilità di misurarsi con una pratica di laboratorio
  • una motivazione e degli strumenti concreti per la realizzazione del percorso didattico in classe.

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