Approccio metodologico
didattico per linsegnamento delle questioni relative ai razzismi
La Shoah è uno dei nodi problematici più
significativi per interpretare il Novecento, attraverso un progetto conoscitivo ed insieme
educativo per lapprendimento dei temi legati al totalitarismo nazista e alla
dittatura fascista, caratterizzanti la parte centrale del secolo.
La prima domanda che gli studenti, ma non solo loro, si
fanno al cospetto dellevento terribile è "come è potuto accadere?".
Ed è questa la domanda da cui partire per delineare larticolazione di un percorso
di lavoro a scuola, che consenta di acquisire conoscenza delle varie tappe di attuazione
del programma di annientamento degli ebrei in Europa, anche nelle sue fasi più banali e
insignificanti.
Il tema della deportazione nei Lager è tema di grande
impatto emotivo e di rifiuto etico, ma non basta la visione di un film emozionante e
coinvolgente, non basta la lettura, seppure indispensabile, dei libri di Primo Levi, che
ha saputo raccontare e anche proporre riflessioni per capire razionalmente
lesperienza concentrazionaria.
Si rende necessario, nel tempo presente dove cè la
tendenza a cancellare la memoria del passato, conoscere ed analizzare i documenti
ufficiali e quelli privati della vita quotidiana per entrare nei meccanismi di quello che
Hanna Arendt ha definito "la banalità del male", cioè linsieme di
operazioni burocratiche del censimento degli ebrei, di per sé prive di significato
terrificante, e che pure costruiscono lintelaiatura indispensabile per le
deportazioni di massa e lannientamento. La stessa mentalità diffusa e il
radicamento dei pregiudizi sono elementi significanti di quel processo.
I lavori di ricerca e i prodotti di divulgazione realizzati
dallIstituto Nazionale, dagli Istituti della Resistenza regionali e provinciali e
dal Laboratorio nazionale di didattica della storia mettono a fuoco e problematizzano
lemanazione delle leggi razziali emanate da parte del governo dittatoriale fascista
nel 1938, la loro diligente applicazione tra il 1938 e il 1944 e gli effetti distruttivi
sulle comunità ebraiche italiane.
Le modalità di approccio prendono avvio dalla domanda
sempre presente "come è potuto accadere?" e delineano la spiegazione storica
e storiografica, prestando attenzione al pregiudizio razziale, ancora operante in
strati diffusi della popolazione e riportato in superficie negli atteggiamenti e nei
comportamenti razzisti verso gli immigrati di etnie diverse, sempre più numerosi in
Italia e nellEuropa sviluppata.
Spiegare lapplicazione delle leggi razziali
attraverso i documenti archivistici, iconografici, autobiografici e lormai
ampia letteratura storiografica consente di entrare "dentro" ai
meccanismi strutturali di "invenzione del nemico", attraverso cui gli ebrei,
assimilati nella nostra società da circa un secolo (a partire dallemancipazione
concessa dallo Statuto Albertino nel 1848) vennero identificati come "diversi",
nonostante fossero di nazionalità italiana e di pelle bianca, nonostante fossero il
commerciante, il professore, il medico, la compagna di banco, la collega dufficio,
da sempre conosciuti, gente considerata assolutamente "normale", che
improvvisamente si scopre "diversa".
Al momento della promulgazione delle leggi raziali non
prende forma un rifiuto di massa contro il provvedimento. La religione cattolica ha
considerato per secoli il popolo ebreo deicida e ha contribuito a radicare la credenza in
un destino di espiazione per gli ebrei. Riaffiorano antichi pregiudizi, che trovano
terreno fertile nel colonialismo che lItalia pratica con le guerre di conquista. Non
apre contraddizioni evidenti neppure la casistica dettagliata della definizione di
"ebreo", di "sangue misto", il risalire ai genitori e ai nonni per
capire se inserire anche quel nome negli elenchi. Non appaiono ignobili ai più né la
confisca dei beni degli ebrei, né la compilazione di elenchi precisi dei beni personali
dei singoli, lespulsione dalla scuola, dallUniversità, dalle professioni e
dalle attività commerciali. Forse qualcuno rimane sorpreso, ma non può manifestare il
suo pensiero in alcun modo, data la rigida censura della dittatura. Sembra che la palude
della maggioranza non sia turbata.
Soltanto quando dagli elenchi anagrafici si passa a forme
di persecuzione evidenti e quindi agli arresti e alla deportazione, una minoranza ha il
coraggio di prestare aiuto, di nascondere gli amici, anche correndo gravi rischi. Ma ormai
la "banale" macchina del male è avviata e diventa inarrestabile.
Il revisionismo storico tende a minimizzare i
provvedimenti e le procedure, a non individuare responsabilità storiche precise,
indicando piuttosto nel clima di unepoca totalitaria la ragione di tanto orrore.
Questo orientamento interpretativo ha influenzato il pensare comune anche di molti docenti
e studenti. Il rinvio alla documentazione esistente e a quella che ancora si può far
emergere con ricerche intelligenti comporta, invece, la "revisione" del
revisionismo e del negazionismo, che vuole dimostrare addirittura che i lager non erano
luoghi di sterminio.
Lanalisi dei documenti produce una conoscenza della
realtà e dello sviluppo delle leggi razziali, che non possono essere storicamente
sottovalutati o minimizzati, esistono le leggi e le circolari applicative, i censimenti
nominativi degli ebrei in ogni città, i campi di internamento degli ebrei stranieri, i
nomi delle persone "allontanate", gli elenchi dei deportati e dei morti nei
Lager. Si possono leggere o ascoltare testimonianze, memorie, narrazioni di fatti
incontrovertibili. Si può vedere con i nostri occhi ciò che resta, come monumento
permanente della memoria, di lager italiani e stranieri. Il profondo impatto emotivo si
accompagna alla conoscenza storica e ci fa diventare, a nostra volta, testimoni: i campi
di sterminio sono esistiti e hanno funzionato per disumanizzare uomini e donne,
sfruttandoli con il lavoro coatto, e per produrre morte con diligenza burocratica e con
ferocia ideologica
Il compito del revisionismo è di "far
passare" il passato, che ancora si impone nel presente, il nostro impegno è di
ricordare lammonimento di Primo Levi: "Meditate che questo è stato". I
razzismi sono ancora una componente inquietante della contemporaneità. La conoscenza
dellevento deportazione permette di ragionare su concetti fondativi delle democrazie
quali uguaglianza/differenza e diritti umani.
Non intendiamo, con la nostra impostazione critica sulla
storia del Novecento, diventare "trasmettitori" di valori, creduti ormai
superati, ma vogliamo, attraverso il nesso fecondo memoria-storia, "riscrivere i
valori" insieme alle nuove generazioni, non dimenticare né dal punto di vista
storico né da quello emotivo che i razzismi sono un problema aperto e che la strada per
il rispetto delle minoranze etniche, culturali e religiose e la convivenza civile va
percorsa ogni giorno con tenacia e consapevolezza. Intendiamo anche offrire occasioni di
riflessione sulle responsabilità istituzionali, collettive e individuali per smontare gli
alibi di chi "non sapeva quello che stava succedendo" e per rispondere alle
domande originarie e tremendamente attuali: "come è potuto succedere?" e
"potrà accadere ancora?", considerando che le violazioni dei diritti umani
continuano a verificarsi anche nella storia recente (basti pensare, a titolo
desempio, ai desaparecidos di Pinochet, allaparheid, alla pulizia etnica nella
ex-Jugoslavia, ma non solo) e potranno trovare nuove forme di legittimazione o di
acquiescenza.
La Shoah è, comunque, evento "unico"
nella storia e non è paragonabile, così come fa in modo semplicistico il
revisionismo, ad altre terribili esperienze concentrazionarie come i gulag stalinisti, che
meritano specifiche ricerche con adeguati criteri di interpretazione storica. Se si perde
il senso di quella unicità, si perde il senso storico di quello che è realmente accaduto
e si annullano le condizioni per ricordare.
La raccolta di documentazione che segue, preparata per il
Convegno "Linvenzione del nemico. Sessantesimo anniversario delle leggi
razziali" (Roma, Camera dei Deputati, 3 dicembre 1998), è stata curata da Silvana
Sgarioto docente comandata presso lInsmli e segretaria della Commissione didattica
nazionale. Il dossier contiene la schedatura delle molteplici attività di ricerche e
proposte didattiche della rete degli Istituti: mostre, percorsi didattici, corsi di
aggiornamento, convegni, seminari, cdrom, video, pubblicazioni.
Dalla documentazione emerge con chiarezza il nostro metodo
di lavoro: luso critico delle fonti archivistiche e multimediali, delle fonti
soggettive, della ricognizione e visita dei luoghi su cui costruire percorsi della
memoria. La ricerca e la proposta traggono origine dalla problematizzazione dei valori
negati nellesperienza quotidiana, dallanalisi dei meccanismi strutturali del
pregiudizio e delle sue modalità di costruzione, della riflessione sulle procedure di
applicazione delle leggi.
Noi partiamo dalle domande degli studenti, della
loro percezione del tema storico e del presente per interrogare i documenti e produrre un
percorso storico rigoroso e adeguato sia dal punto di vista conoscitivo che da quello
delleducazione dei sentimenti, perché la storia si compone di fatti, idee e
ideologie, ma anche sentimenti soggettivi e collettivi.
Abbiamo ospitato presso molti dei nostri Istituti la mostra
"La menzogna della razza", curata dal Centro Furio Jesi di Bologna, dalla
Soprintendenza dei beni librari e documentari della Regione Emilia-Romagna, dalla
Biblioteca dellArchiginnasio e dallIstituto Parri. La mostra è diventata
spesso occasione per allestire una sezione locale sul tema, per fare ricerca e percorsi
didattici attraverso la selezione e la predisposizione di documenti e di fonti.
La ricerca locale è una risorsa preziosa per
avviare e consolidare la formazione di una coscienza storica negli studenti, perché
consente di circoscrivere il periodo, di rintracciare documenti significativi e spesso
carichi di emozioni in un luogo noto ai ragazzi. Tali procedure producono una migliore
conoscenza della storia della propria città e della provincia e consentono una
riflessione non stereotipata o rituale sulle responsabilità collettive e personali, così
come effettivamente si delineano in un contesto limitato e conoscibile nelle sue diverse
dimensioni, attraverso un approccio multidisciplinare, che dalla disciplina storica si
allarga a comprendere la lettura antropologica e culturale in senso complessivo degli
avvenimenti.
Gli allievi possono fare direttamente pratica di
archivio: nellarchivio scolastico trovano lelenco degli studenti e dei
professori ebrei espulsi e magari nella biblioteca di scuola rintracciano qualche annuario
di quegli anni con articoli dichiaratamente razzisti e libri depoca
sullargomento. Possono anche individuare e analizzare esperienze di attività
scolastiche chiaramente influenzate dallo spirito delle leggi razziali: qualche quaderno o
libro di testo, qualche memoria personale di ebrei o di loro compagni, e così via.
NellArchivio di Stato consultano le circolari
prefettizie con le disposizioni esplicative delle Leggi (e sono tante), i provvedimenti
locali che danno il quadro del comportamento delle istituzioni. NellArchivio della
Camera di Commercio, ad esempio, trovano i cambi di proprietà di aziende e di esercizi
commerciali di proprietà di ebrei; nellArchivio comunale le disposizioni del
Podestà per la compilazione delle liste degli ebrei e per la limitazione dei loro diritti
politici e civili, i regolamenti dei campi di internamento per ebrei stranieri in Italia,
le nuove di vita quotidiana imposte ai "diversi". Sarebbe utile anche potersi
servire degli archivi delle banche per tutto il comparto della confisca dei beni, ma
questo è compito di indagine ancora in atto e da espletare non solo da parte degli
storici.
Nella biblioteca comunale è possibile fare una
rassegna della stampa locale, che contiene espliciti e reiterati riferimenti
allespulsione degli ebrei dalla società, con notizie di particolare rilevanza per
capire la battaglia di propaganda ideologica in atto, ma anche il razzismo quotidiano, e
le successive tappe del processo dalla discriminazione alla deportazione.
Le testimonianze sia delle vittime sia di coloro che
le hanno aiutate (tutti gli altri non testimoniano certamente i loro pregiudizi) possono
rendere consapevoli i ragazzi dellincomprensione diffusa della reale portata storica
delle leggi razziali, al momento della loro promulgazione. Gli stessi ebrei sono increduli
e impreparati a cogliere le conseguenze estreme di quei provvedimenti.
La storia quotidiana di una città e di una provincia dal
1938 al 1944 consente dunque di ricostruire le premesse della storia estrema della Shoah
e, messa a confronto con la storiografia sullargomento, può dar luogo a un fecondo
intreccio di microcostoria e storia generale.
Il lavoro a scuola sulle Leggi razziali si presenta
dalle sue prime battute necessariamente multidisciplinare, perché oltre alle fonti
archivistiche, si rendono necessari la visione di film e di documenti visivi, la lettura
di testi letterari, considerazioni sullarte, la tecnica e la scienza del periodo, la
chiave di lettura antropologica. Gli strumenti informatici forniscono la possibilità di
ricerche quantitative e comparative e occasioni di comunicazione pubblica del lavoro
svolto.
In particolare la lettura storicizzata dei film
sullargomento, per esempio, consente di individuare il formarsi di una memoria
pubblica dellevento, luso politico dello strumento cinematografico, il
fissarsi stereotipato di alcuni fatti simbolici ed è quindi possibile che gli studenti
acquisiscano strumenti per operare il confronto su altri temi e problemi aperti nel nostro
presente. Così anche i documenti visivi, reperiti a distanza di molti anni, inducono ad
altre riflessioni sulle modalità della registrazione di atti ed eventi da parte dei
vincitori.
I nostri Istituti, che sperimentano il modello di
laboratorio di didattica della storia, hanno predisposto selezioni di documenti e
testimonianze, di memorie e brani letterari, di antologie di film e documenti visivi;
forniscono bibliografie ragionate e indicazione di siti internet. Con questi materiali è
dunque possibile per gli insegnanti predisporre la ricerca con percorsi già collaudati e
fruire della consulenza degli Istituti al fine di acquisire nuova documentazione
archivistica, fotografica, memorialistica e multimediale.
Le nostre proposte didattiche prendono spunto, infatti,
dalle ricerche storiche condotte dagli Istituti e sono il risultato di una necessaria
mediazione didattica tra il risultato scientifico e lutilizzazione a scuola, con gli
studenti.
Insegnare la discriminazione legislativa degli ebrei e gli
obiettivi di annientamento comporta per i docenti una esplicita riflessione sui problemi
storiografici ed etici, sulle modalità di rappresentazione e di autorappresentazione da
parte dei protagonisti e dei testimoni, e anche sui modelli della trasmissione educativa e
dellinterazione scolastica. Non si tratta di ribadire enfaticamente e retoricamente
valori disconosciuti, ma di essere coinvolti con i propri allievi nella discussione sulla
rilevanza cognitiva ed etica del tema da studiare, di individuare insieme i valori del
tempo presente, attualizzando il passato.
I laboratori di didattica della storia sono luoghi
di discussione e di elaborazione per realizzare una ricerca didattica a partire da un
contesto circoscritto e quindi delineabile in tutte le sue configurazioni, sperimentando
una pratica che superi limpostazione tradizionale della lezione e preveda, invece,
il coinvolgimento attivo di chi insegna e di chi apprende, nel percorso di studio e nelle
forme di comunicazione e di socializzazione.
Con questa metodologia, gli studenti possono imparare non
solo a ricostruire, attraverso i documenti, un fatto storico, ma anche cominciare a
pensare storicamente il passato, così da poter interpretare il presente e progettare il
futuro.
Il tema dei razzismi è fortemente carico di valenze
conoscitive. Non basta, ma soprattutto non risulta efficace deprecarlo; bisogna
conoscerne i meccanismi di radicamento in ancestrali pregiudizi e le fasi storiche di
sviluppo. Va tenuto presente limpatto emotivo, perché non può non indurre a
commozione la distruzione di un popolo. E la com-passione, ovvero limmedesimazione
in un destino che ha colpito sei milioni di uomini, donne, bambini e non ancora nati,
comporta la riflessione sui propri atti e quelli della collettività di cui si fa parte,
cioè impone con forza domande radicali sulle responsabilità individuali, sociali e
politiche.
E tale composito processo di apprendimento e di formazione
della coscienza storica è insieme percorso educativo alla differenza, al confronto, al
rispetto di etnie e culture.
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