Nel suo libro D.
Giachetti ci propone una sorta di "puzzle" tra
l'artista, l'uomo e il contesto storico. Occasione del gioco è
l'arte di Vasco Rossi. Tema del gioco è la memoria e la storia
di circa vent'anni di carriera artistica. Meta del gioco è il
ritrovamento di una traccia di senso, di un sentiero smarrito
per le generazioni che nell'arte del Blasco si riconoscono o si
sono riconosciute.
Tutto comincia nel 1978 e finisce (si fa per
dire) nel 1999 con la pubblicazione di Rewind. Ventuno
anni scanditi da sedici dischi rock. Postulato del libro è che
l'arte sia specchio del tempo, che nell'opera di V. Rossi ci
siano segni e reperti depositati dai giorni e dagli eventi,
filtrati dalla vita. Seppure sfumata, la biografia di V. Rossi
contorna e collega l'arte con il tempo. Questo scorcio analitico
presenta V. Rossi senza inutili enfatizzazioni, come uno fra i
tanti, come un giovane che poco alla volta ha saputo dar voce
alla propria vita e che è riuscito ad esprimere in modo
credibile i vissuti di molti. Di un gruppo tuttavia. Quelli che
sono arrivati poco dopo il '68, quelli che negli anni Settanta
(in ritardo, o forse no) continuavano a pensare che esistesse
ancora un movimento, quelli che praticavano una contestazione
"impolitica" e perdente della politica.
Le forme e le vicende della soggettività di
quegli anni sono ricostruite da Giachetti attraverso i
contributi di qualche storico e di alcuni sociologi. Ne risulta
una lettura centrata sulla rottura generazionale, una dinamica
alimentata dal conflitto edipico, un percorso oscillante tra
integrazione e non integrazione, conformismo e anticonformismo.
Le linee di forza dei cambiamenti storici sono spalmate con
grandi pennellate e lette dal punto di vista del mainstream
di coloro che allora si erano "persi" (V. Rossi)
dietro le idee rivoluzionarie. In questo contesto culturale è
maturato il romanzo di formazione di V. Rossi e la voglia di
dire come ci stava, come si stava.
La ricostruzione a posteriori del contesto è
proposta per dare profondità e spessore alla rappresentazione
artistica. Le parole e la musica di Vasco sembrano essere
talvolta un'antifona inquieta, esclamativa del reale. Giachetti
ha però cura di mostrare soprattutto la tessitura esistenziale,
l'aggancio sentimentale, immaginario, emotivo fra il testo e il
contesto. L'intelligenza emotiva di V. Rossi ("le mie
canzoni nascono più dallo stomaco che da cervello") è
proposta per aprire nuove piste di lettura degli avvenimenti e
dei vissuti. In questo modo egli diventa anche un testimone di
un recente passato con il quale una generazione, una cultura,
una "tribù" sta cominciando a fare i conti.
Nell'intervista concessa all'autore del libro
V. Rossi afferma che la revoluciòn che allora si voleva
fare era romantica (!). Il seguito degli anni di piombo e della
droga pesante, gli anni del "triennio maledetto"
(1980-1982) e poi quelli dello yuppismo e dell'adattamento al
presente sono da lui interpretati come anni della disillusione.
In controtendenza V. Rossi dà voce a chi dice no a coloro che
propongono l'omologazione e la rassegnazione. Fotografando la
realtà, raccontandola nuda e cruda, non vi si piega. Per
reagire fa del rock, per sfogarsi. Per dire con ironia e
provocazione che la strada da percorrere è essere se stessi. Un
inguaribile romantico.
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