Lo storico Marco Dogo, che da molti anni si occupa dei
Balcani, assume il principio di nazionalità per attraversare due secoli di storia
dei Balcani, dallo smantellamento dellImpero turco e la nascita degli Stati
nazionali, allunificazione jugoslava del 1918 come realtà multietnica fino allo
stato federativo di Tito, regime autoritario che,
comunque, ha valorizzato nazioni nuove nel contenitore unitario. Con la morte di Tito si
vengono a rafforzare le identità nazionali preesistenti, secondo un
paradigma romantico. Si possono individuare dei nuclei ben distinti di culture etniche,
che si sono plasmate in modo differenziato per fattori interni al sistema ottomano,
fattori internazionali ed élites emergenti. Non emergono soggetti nazionali, ma autorità
territoriali autonome o indipendenti, premessa della costruzione della nazione. Per le
circostanze storico-ambientali non è proponibile ladattamento rapido dei Balcani ai
modelli capitalistici occidentali e va tenuto in conto il profondo senso dello stato di
quelle popolazioni, che nella loro storia hanno vissuto le due catastrofi delle guerre
mondiali con i relativi problemi storici di stabilità. Nellambito della precarietà
dei Balcani la differenza etnica è una risorsa nella lotta politica per la distribuzione
di potere entro gli Stati. Pertanto la democrazia monoetnica può rivelarsi
necessaria come preliminare alla democrazia piena, come dimostra la Slovenia.
I tre brani citati sono tratti dallarticolo, Balcania mon amour, pubblicato su "Il Manifesto",
15 maggio 1999.
Il principio di nazionalità, o di
autodeterminazione nazionale, ha avuto grande importanza nella ristrutturazione
geopolitica dei Balcani lungo larco di due secoli. In una prima fase, nel corso
dell800 e fino alla pace greco-turca del 1923, esso ha guidato, o almeno
legittimato, lo smantellamento della formazione imperiale dinastico-religiosa ottomana a
beneficio di stati-nazione succesori; di più, esso ha perfino riorganizzato le macerie
imperiali in una nuova e vitale entità statuale, la repubblica turca. In controtendenza,
lunificazione jugoslava nel 1918 ha raccolto in coabitazione politica gruppi
nazionali diversi e di diversa tradizione amministrativa. Da allora ai nostri giorni lo
stato jugoslavo si è disgregato due volte, sotto pressione di fattori esterni. Nel
secondo, e probabilmente definitivo dissolvimento quello che si è svolto sotto i
nostri occhi il principio di nazionalità è stato una potente risorsa politica per
laffermazione di èlites secessioniste e subsecessioniste.
Con la Jugoslavia socialista se nè andato un regime
autoritario, impegnato in uno sforzo tardivo di riforme economiche e democratiche; la sua
legittimazione nazionale come stato federativo, era legata la tenuta del sistema
"ideocratico" e come questo era irrimediabilmente logora. Nel suo retaggio
storico, tuttavia, in modo abbastanza paradossale spicca la valorizzazione di nazioni
"nuove" (macedone, musulmano-bosniaca), forse sognate da profeti e precursori,
ma realisticamente impensabili nella prospettiva del 1913, del 1919, del 1941. Se alcune
nazioni nuove si sono formate nel contenitore dello stato jugoslavo e grazie ad esso, ciò
non significa che le nazioni jugoslave "vecchie" siano riemerse dal contenitore
e malgrado esso.
E comprensibile che se il contenitore va a pezzi si
cerchino in un vizio dorigine le ragioni della sua fragilità, e anche che si
pretenda di scoprire che lunificazione jugoslava fu subita da tutti e scelta da
nessuno dei popoli slavo-meridionali. La rilettura della storia comune in chiave di
soggettività nazionale era già iniziata negli ultimi anni della Jugoslavia socialista, e
aveva prodotto una moltiplicazione delle versioni autentiche.
(..)
Nuclei ben distinti di culture etniche certo esistono nella
società balcanico-ortodossa-ottomana, e sono tuttaltro che marginali nel discorso
sulla scomposizione dellordine imperiale e sulla frammentazione politica della
penisola; ma più che la loro immobile e "tradizionale" diversità sembra
rilevante, a chi scrive, il loro differenziato plasmarsi sotto limpatto simultaneo e
disordinato di: fattori interni al sistema ottomano, quali la crisi fiscale e di ordine
pubblico e la trasformazione del regime agrario; guerre e fattori politici internazionali;
attività di elites indigene emergenti, calate fino al collo in rapporti operativi
tradizionali ma già dotate di know how militare, politico, più tardi anche ideologico,
acquisito dal contratto con loccidente. In ogni caso, lesito empiricamente
rilevabile di tale passaggio non è lemergere di un "soggetto nazionale",
ma piuttosto il formarsi di unautorità territoriale autonoma o indipendente, dedita
ad affermare il monopolio delluso della forza e un certo grado di controllo sulle
risorse materiali entro la sua giurisdizione, e quindi a legittimarsi come fonte e
condizione del benessere comune mediante strumenti di socializzazione politica, quali
scuola, coscrizione militare, istituzioni rappresentative. Una simile attività ha
evidentemente per oggetto un rapporto e non un "essere", e in questo senso
storici e politologi parlano di nation building, costruzione della nazione.
(..)
Il circolo è vizioso, e ha già macinato le energie di milioni di persone. Che la
democrazia monoetnica sia un necessario preliminare alla democrazia tout court è
lunico significato costruttivo che si possa attribuire a questa più recente fase
del processo di frammentazione politica iniziato due secoli addietro nella regione
balcanica. "non è casuale scrive Armando Pitassio che lunico
stato nato dalle ceneri della jugoslavia socialista a godere di buona salute democratica
sia uno stato etno-linguisticamente compatto, la Slovenia".
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