Claudia Borri è una ricercatrice
appassionata, che ripercorre con il suo libro anche i luoghi in cui ha
abitato e di cui ha approfondito la conoscenza. Si è infatti
specializzata in Storia dell’America latina presso la Universidad de
Chile di Santiago.
Il suo testo, scritto in modo agile,
scorrevole, coinvolgente contestualizza nel periodo storico, nel
contesto culturale e sociale e in quello geopolitica i diari di
viaggio di tre donne nell’America del sud. Il periodo storico è
quello dagli anni 20 agli anni 90 del XIX secolo che vede l’affermarsi
dell’indipendenza degli stati sudamericani e si conclude quando la
grande ondata migratoria dall’Europa è solo ai suoi albori.
In questo arco di tempo si assiste inoltre
alla trasformazione della mentalità nei confronti delle viaggiatrici
donne. Esse erano presenti anche per i secoli precedenti, ma per lo
più costrette a viaggiare sotto mentite spoglie. Nella seconda metà
dell’Ottocento le "viaggiatrici" diventano, invece, uno
dei fenomeni sociali accettati all’interno del mito dominante del
"progresso", anche se limitatamente alle donne senza vita
familiare cui dare la precedenza. Dunque nel soggetto storico della
viaggiatrice si condensano molti vettori storiografici: la condizione
politico-sociale dei paesi di partenza e di quelli di destinazione, il
significato della meta, in questo caso il Sudamerica, i cambiamenti
tecnologici che modificano l’idea di distanza e di accessibilità
dei luoghi, il significato che il viaggio assume, il rapporto tra
finalità del viaggio e la classe sociale di appartenenza dei
viaggiatori/viaggiatrici, il modo di rapportarsi all’alterità e
last but not least, la mentalità nei confronti delle donne
viaggiatrici e la mentalità delle donne viaggiatrici, come filone che
può arricchire la storia di genere. L’aspetto interessante della
metodologia di ricerca, è appunto la capacità dell’autrice di
saper intrecciare i fili molteplici di una complessa trama storica,
partendo dall’analisi dei testi autobiografici di tre viaggiatrici.
Claudia Borri studia i diari di tre donne con
diverse origini , con diverse motivazioni per il viaggio e con sguardi
diversi nei confronti dell’alterità. La prima Maria Graham, giunge
in Cile nel 1822, seguendo il marito ufficiale che però muore durante
la traversata. Ha 37 anni, è una donna colta,inglese e protestante
come formazione, studiosa di storia dell’arte, già con numerose
esperienze di viaggio. Si trova, sola, in un paese sconosciuto che
vive una delicata fase di transizione verso l’indipendenza dalla
Spagna ed è scosso da calamità naturali come il terremoto. Maria
saprà vivere con determinazione la sua avventura, che la porterà
anche in Brasile. Il suo diario, esprime una inesauribile sete di
conoscenza e una forte curiosità intellettuale chela porta ad
osservare tutti i fenomeni, da quelli politici a quelli naturali.
Flora Tristan che diventerà nota come
femminista e protosocialista, nonché romanziera, racconta la sua
esperienza in Perù in Pérégrinations d’un Paria
(1833-1834). Flora ha avuto una vita dura e la sua motivazione al
viaggio può essere considerata quella di un emigrante ante litteram:
fuggire da una situazione insostenibile e migliorare la sua condizione
di giovane donna separata con figli, raggiungendo il fratello del
padre. Lei stessa si definisce paria, implicando in questo
termine la sua condizione sociale e quella di genere; il suo racconto
di viaggio ha tutta la carica trasgressiva del personaggio, peraltro
ricco di contraddizioni. Il viaggio esterno diventa anche viaggio di
formazione dell’autrice, che si muove tra le più potenti passioni
umane, amore e potere. La terza viaggiatrice, Florence Dixie,
appartiene all’aristocrazia e si spinge in Patagonia, estrema
frontiera, ancora quasi inesplorata e contesa da Cile e Argentina.
Pubblica il suo resoconto , Across Patagonia, nel 1880 in
Inghilterra.
Brillante e inquieta, usa il viaggio come
ricerca di emozioni e di avventura in un contesto completamente
diverso da quello troppo piatto e banale dell’esistenza quotidiana;
la ricerca edonistica motiva quindi il viaggio di Florence. Pur nelle
loro diversità, tutte queste viaggiatrici, fanno trapelare una
soggettività del tutto assente dai resoconti di viaggio del secolo
precedente che le rende non solo croniste ma protagoniste del viaggio,
anche se i loro testi non mancano di valore documentario e storico. Le
loro opere sono utilizzabili in più direzioni. Sono documenti per una
ricerca sul viaggio delle donne, inteso come occhio femminile di
descrivere il mondo, come percorso di identità individuale e di
genere nel confronto con l’altro e anche come repertorio di
stereotipi sulle donne e delle donne. Sono anche documenti per una
ricostruzione geografica, storica e politica dei paesi visitati
nonché dei loro legami con l’Europa e testimonianze del cambiamento
di percezione delle distanze che i nuovi mezzi di trasporto inducono.
L’autrice del libro, Claudia Borri, è riuscita a tenere insieme
tutte queste chiavi offrendoci una singolare prospettiva di ricerca a
più piani che fa di "Lo specchio della lontananza" un testo
valido sul piano storiografico, pieno di spunti di approfondimento per
la storia di genere, stimolante per la lettura anche di utenti
"non professionisti".
Marilena Salvarezza