La scuola di massa: quella di Onofri e Starnone

 

.Vorrei, prima di cominciare questo mio intervento, fare una premessa. Io penso di essere stata chiamata a intervenire in rappresentanza dei docenti di storia delle scuole – e di questo sono grata agli organizzatori in quanto non è frequente che gli stessi vengano interpellati quando pure si tratti di problemi su cui avrebbero qualcosa da dire. Tuttavia voglio chiarire che il mondo della scuola è quanto mai variegato e differenziato. Cambiano infatti i problemi e le soluzioni in relazione all’età degli studenti, all’indirizzo di studio e alle discipline in questione. Io ho quasi sempre insegnato italiano e storia nel triennio degli istituti tecnici e quindi porterò l’esperienza e il punto di vista soltanto di questo settore della scuola. Tuttavia vorrei ricordare che gli studenti dei tecnici rappresentano da soli il 40 % dell’istruzione secondaria, contro il 30 %, anzi un po’ meno, del licei e il 20 % circa dei professionali.

Quando si vuole prendere posizione sulla riforma della scuola bisogna prima di tutto tener presente questi dati quantitativi: a maggior ragione quando si entra nel merito del problemi e dei contenuti dell’insegnamento, come è successo in questi giorni. Ieri sulla Repubblica Asor Rosa ricordava come negli ultimi decenni una buona scuola di élite sia stata a poco a poco divorata da un’indecente scuola di massa e come la riforma in corso voglia essere un tentativo di creare una buona scuola di massa da cui partire per recuperare anche una scuola di élite. Non sono convinta che questo tentativo vada nel senso auspicato, ma non è questo ora il problema. Quello che voglio dire è che io ho esperienza proprio di quell’indecente scuola di massa, di cui poco a mio parere ci si ricorda nel dibattito odierno, perché in genere i professori universitari e i giornalisti non la conoscono, né in prima persona né attraverso i loro figli.. Eppure essa ha avuto in questi anni i suoi narratori e invito chi ne volesse sapere qualcosa a leggersi l’ultimo incompiuto libro di Sandro Onofri, Registro di classe, o quanto ne raccontano Marco Lodoli e Domenico Starnone.

Insomma la mia opinione è che non si può parlare dell’insegnamento della storia come se si trattasse solo degli studenti del liceo classico, o comunque degli studenti che arrivano poi alla facoltà di lettere e magari sono destinati all’insegnamento. Il che non significa certo ignorare che esiste anche il problema liceo, anzi quella minima percentuale di ragazzi tra i 14 e i 19 anni che fa il liceo classico e che ha diritto a una formazione specifica nel triennio terminale. Ma vorrei invitare l’uditorio, nonostante l’occasione accademica del nostro incontro, a tener presente che esiste un problema dell’apprendimento della storia delle giovani generazioni che prescinde per la maggior parte dal problema degli studenti di lettere.