Un nuovo medium?


La definizione di Internet come nuovo medium è ormai comunemente accettata e ad essa mi rifaccio, non senza avere sottolineato che si tratta di una definizione insoddisfacente, in quanto non tiene conto di alcuni elementi importanti. Tra questi va considerato il fatto che il computer è una macchina versatile e flessibile, il cui uso non può essere ridotto ad una limitata funzione strumentale, e che tende quindi a configurarsi come metamedium; allo stesso modo la rete telematica può essere considerata un metacanale, all'interno del quale i diversi software e i diversi approcci degli utenti tracciano canali di comunicazione diversi e paralleli. E' dunque più corretto parlare a questo proposito di "sfera comunicativa", più che di medium (1). Questa precisazione può in ogni caso essere utile per evitare di confondere, come spesso accade, Internet e il World Wide Web, e cioè una delle applicazioni che consentono di sfruttare la rete telematica, la quale preesisteva alla sua nascita e al suo sviluppo. Il discorso che qui verrà accennato si riferisce dunque soltanto al WWW e, in parte, alla posta elettronica, due delle applicazioni più diffuse e conosciute. In questo quadro e dentro questi limiti si può lavorare sulla definizione del WWW come nuovo medium individuando alcuni elementi che lo accomunano ai "nuovi" media nati nel Novecento e altri che lo differenziano da essi: da una parte stanno il montaggio, che lo avvicina al cinema, e il flusso, che lo avvicina alla radio e alla TV; dall'altra parte stanno l'interazione/interattività, ripresa dal telefono, e la comunicazione molti-a-molti, che ne costituiscono il dato effettivo di novità.

L’interattività, e cioè la situazione di dialogo tra uomo e macchina nel corso della quale la macchina simula un’attività conversazionale o un ruolo, è cosa diversa dall’interazione, che concerne il rapporto tra individui e/o gruppi in quanto produttori di senso. Possiamo distinguere, ponendoci dal punto di vista dell'autore/emittente, tra interattività funzionale (gestione del protocollo di comunicazione tra l'utente e la macchina) e interattività intenzionale (gestione del protocollo di comunicazione tra l'utente e l'autore, presente per mezzo del software). Se ci poniamo dal punto di vista dell'utente/destinatario occorrerà invece distinguere tra interattività intransitiva (l'utente svolge una determinata attività per ricevere e interpretare il messaggio) e interattività transitiva (l'utente retroagisce sul programma): il cinema e la televisione sono casi evidenti di interattività intransitiva, mentre le tecnologie informatiche rendono possibile anche l'interattività transitiva (2). L’inventore del WWW, Tim Berners-Lee, propone di utilizzare il termine di "intercreatività" allo scopo di eliminare l’equivoco di lasciar convivere sotto una stessa parola due fenomeni e due concetti diversi: da una parte l’agire in rapporto alla macchina, dall'altra parte lo stabilirsi di una relazione tra delle persone grazie alla mediazione della macchina: "L'intercreatività vuol dire fare insieme cose o risolvere insieme problemi. Se l'interattività non significa soltanto stare seduti passivamente davanti ad uno schermo, allora l'intercreatività non significa solo stare seduti di fronte a qualcosa di "interattivo"" (3).

La comunicazione molti-a-molti, o narrowcasting, propria del WWW e della posta elettronica, si differenzia dalla comunicazione uno-a-molti, o broadcasting, tipica di mezzi di comunicazione di massa come la radio, il cinema, la televisione. Se nei media tradizionali il controllo del contenuto e della forma del messaggio è tutto nelle mani di chi lo trasmette, qui essi possono essere prodotti e modificati da chiunque sia soggetto attivo nella comunicazione. Mentre i media tradizionali riducono la distanza tra gli attori della comunicazione, i nuovi media allargano lo spazio della comunicazione e consentono ad ogni soggetto coinvolto di intervenire modificando testo e contesto del messaggio.

Il rapporto tra vecchi e nuovi media si configura in due modi: da una parte si assiste alla "specializzazione" delle funzioni svolte, dall'altra parte accade che il nuovo medium tenda a "citare" o comunque a riutilizzare gli altri media secondo un processo che può essere definito di remediation, o "iterazione mediatica". Come esempi del primo tipo di processo possiamo pensare al fatto che, con l'avvento della radio, e poi della televisione, il giornale non ha smesso di esistere ma ha incrementato la sua funzione di commento ragionato sulle informazioni veicolate in tempo reale dagli altri media; come esempio del secondo tipo di processo possiamo osservare come ogni medium tenda ad avere come contenuto un altro medium (il cinema nella televisione, etc.) e a produrre perciò "rappresentazioni di rappresentazioni". Nel caso dei nuovi media digitali il fenomeno dell'iterazione mediatica assume caratteri particolari e inediti perché tutti i contenuti dei media tradizionali sono disponibili in un unico formato e nello stesso supporto. Ciò consente una loro più immediata utilizzabilità e dà luogo a due tendenze contrapposte e concomitanti: da una parte quella verso l'immediatezza, e cioè verso la "trasparenza" e la (o l'illusione della) restituzione diretta e non mediata dell'esperienza; dall'altra parte la tendenza alla hypermediacy (traducibile in "ipermediatezza") e alla "opacità", e cioè l'esibire i segni della mediazione e della tecnologia, la frammentazione e la moltiplicazione dei punti di vista (4).

Un'ulteriore considerazione sulle caratteristiche del Web, che può valere anche per i siti di argomento storico, concerne le due diverse prospettive che ne possono condizionare l'uso e la costruzione: da una parte l'idea di un gigantesco archivio/magazzino di informazioni ordinate gerarchicamente dentro cui "scendere" per estrarre ciò che ci può servire; dall'altra una visione "laterale" della conoscenza, fondata sulla tecnologia ipertestuale, che va oltre le relazioni gerarchiche e inventa percorsi originali e relazioni nuove tra i dati e tra i testi (5). La nascita del WWW è in qualche modo legata ad una prospettiva di questo genere, se si considera che il funzionamento di Internet prima del Web era già soddisfacente per un approccio modellato su una prospettiva del primo tipo, fondata su meccanismi di Information Retrieval. L'idea che la conoscenza sia il risultato di relazioni e di legami che possono essere inventati e prodotti dal soggetto attivo nella ricerca e che si possa dare una nuova cultura della memoria, non sedimentata in luoghi e gerarchie specifiche, è stata alla base dell'invenzione del WWW (6). Stiamo invece assistendo da una parte ad una grande molteplicità di usi del Web, dove convivono varie culture e approcci, dalla cultura ludico-consumistica alla cultura scientifica di altissimo livello, dall'altra parte alla riduzione del WWW ad un immenso archivio a cui accedere, tendenzialmente a pagamento, e dove la tanto decantata interattività si riduce al clic del mouse.

NOTE

1. Lorenzo De Carli, Internet, memoria e oblio, Torino, Bollati Boringhieri, 1997. torna su

2. Geneviève Jacquinot, Dall'interattività transitiva all'interattività intransitiva: l'apporto delle teorie di ispirazione semiologica all'analisi dei supporti della comunicazione educativa attraverso i media, in Agata Piromallo Gambardella (a cura di), Luoghi dell'apparenza. Mass media e formazione del sapere, Milano, Unicopli, 1993, pp. 99-110. torna su

3. Tim Berners-Lee, L'architettura del nuovo Web, Milano, Feltrinelli, 2001, pp. 148-149. torna su

4. Jay D. Bolter, Robert Grusin, Remediation. Understanding New Media, Boston, MIT Press, 2000; Raphaël Lellouche, Théorie de l'écran, consultabile all'URL: <http://www2.centrepompidou.fr/traverses/numero2/textes/lellouche.html> , 1997. torna su

5. Mike Featherstone, Archiving cultures, in "British Journal of Sociology", n. 1, January-March 2000. torna su

6. Tim Berners-Lee, L'architettura del nuovo Web, cit. torna su