L’inferenza memoria - storia


      L’intreccio tra memoria e storia è questione metodologica molto problematica ed aperta per la storiografia contemporanea e, di conseguenza, per l’insegnamento e dobbiamo riconoscere che non ne è ancora stata data una compiuta sistematizzazione. Nel contempo, le ricerche sul rapporto tra i giovani e la storia hanno evidenziato la demotivazione allo studio e la marginalità della storia rispetto agli interessi prevalenti. Sostanzialmente le nuove generazioni appaiono prive di storia e di memoria e, quindi, incapaci di progettare il futuro. Allora, la scuola stessa, proponendo lo studio della contemporaneità, si deve porre il problema di come costruire memoria negli studenti, di come riallacciare la narrazione di esperienze tra generazioni diverse. Come annota Vittorio Foa (4), la comunicazione di memoria mette in relazione il protagonista dei ricordi e il giovane interlocutore, che recupera, in tal modo, quel passato, che è inerente alla costruzione della propria esperienza di vita.     La memoria è, a sua volta, fonte di storia, nel senso che i racconti individuali e collettivi, le testimonianze, i vissuti e i percorsi autobiografici, le tradizioni, le espressioni di cultura materiale aiutano a ricostruire gli avvenimenti storici, come annota Alessandro Portelli (5).

   Ma bisogna evitare facili semplificazioni di assolutizzazione del valore della memoria rispetto alla ricostruzione storica, che è un processo complesso di studio e confronto di fonti documentarie plurime, di analisi, di comparazioni e di interpretazioni. La memoria, infatti, proprio per la sua forma soggettiva, è un insieme dinamico, che risente direttamente delle sollecitazioni del presente, dei contesti privati e pubblici in cui si forma e si trasmette, delle influenze culturali e delle evocazioni emotive. Nella memoria agisce, infatti, l’inferenza tra ricordo, rimozione, oblio, cancellazione, deformazione, fino all’omologazione delle informazioni e delle immagini, veicolata dai media. Pertanto, abbiamo memorie plurali, diverse e divise, anche in eventuale contrasto tra loro e con la ricostruzione storica.

   Il senso del tempo di memoria è la misura del soggetto per ordinare la sequenza delle azioni e degli accadimenti della propria esistenza, e, seppure in connessione con i processi storici, può proporre una cronologia per così dire privata, non necessariamente coincidente con quella della grande storia. E’ attraverso l’uso di memoria che il soggetto dà senso alla propria esistenza e, nel contempo, ricerca un senso della storia. La memoria è, infatti, elemento determinante nella formazione dell’identità personale e collettiva e interviene, in modo più o meno palese, nella formulazione delle interpretazioni storiografiche: l’intenzionalità del ricordo, come quella della ricostruzione storica, pur volgendosi al passato, è, comunque, in funzione delle domande che emergono dal contesto attuale.

   Nella società complessa della globalizzazione non solo economica, ma culturale, si evidenzia, però, una preoccupante assenza di trasmissione di memoria, che impedisce, di fatto, alle nuove generazioni, immerse in un lungo ed indistinto presente, di rintracciare le radici temporali della propria esistenza individuale e, quindi, di acquisire il senso più generale degli avvenimenti storici. E tale cesura tra generazioni alimenta nei giovani un senso di disorientamento, perché li priva della mappa concettuale per comprendere il passato e il presente, per costruire cioè il senso delle dimensioni del tempo e proiettarsi nella progettazione del futuro.

    La memoria è, dunque, una mappa indispensabile perché il soggetto sia consapevole di esserci e di essere nella storia. Ha ragione Paolo Jedlovski (6), quando definisce la memoria un intreccio tra narrazione ed esperienza, cioè un saper elaborare la sedimentazione di abitudini e competenze, che un tempo si concretizzava nella trasmissione di esperienze all’interno della famiglia e della comunità. Il sociologo rileva, quindi, criticamente che l’attuale forte accelerazione dei ritmi e la moltiplicazione di stimoli nella vita quotidiana impediscono agli individui di registrare il vissuto e quindi di avere consapevolezza della propria esperienza, di costruire memoria e di poterla comunicare.

    Da ciò deriva la difficoltà di riconoscere identità individuali, collettive e storiche, di collegare esistenze individuali al contesto generale, alimentando disagio e incertezza nella formazione della coscienza critica delle nuove generazioni. E se l’istituzione di una Giornata della memoria, come anniversario annuale per ricordare la tragedia di Auschwitz, è un richiamo necessario per creare un diffuso "culto della memoria", una data non può certo essere esaustiva in sè, ma semmai deve rappresentare un forte richiamo per la scuola alla riflessione critica sul nesso storia-memoria, indispensabile per un corretto approccio all’insegnamento della storia contemporanea.

    Inoltre, non si può affrontare la problematicità delle tematiche di memoria, senza evidenziare e studiare l’articolazione complessa della pluralità delle memorie, memorie diversificate a seconda delle appartenenze sociali e territoriali, delle generazioni; memorie divise da conflitti ideologici, che influiscono anche sulle diverse interpretazioni storiografiche. E tale complessità è spesso semplificata e strumentalizzata, secondo finalità politiche del presente, dall’uso pubblico della memoria e della storia, che richiede una sistematica riflessione, anche in sede didattica, per decodificare le regole comunicative, con cui l’avvenimento storico viene trasformato dalla televisione e dai giornali in "evento" decontestualizzato e spettacolarizzato. Giovanni Levi, riconoscendo che la storia ha avuto, in ogni tempo, forme di utilizzo politico, sottolinea che l’espansione dei mezzi di comunicazione di massa dà un carattere nuovo e specifico all’uso del passato come strumento ideologico (7). Nicola Gallerano ipotizza, invece, che i media possano anche essere un canale interessante di divulgazione, se questa è sostenuta dall’impegno civile e dall’onestà intellettuale dello storico (8). Ma Peppino Ortoleva avverte che siamo ormai in presenza di un sistema sociale complesso della conoscenza storica, composto da diverse istituzioni ormai interdipendenti tra loro, Università, scuola, media, industria culturale, sistema che è sempre e comunque condizionato dalle richieste della società e del mercato (9). I media intervengono, dunque, in modo pesante nella formazione della memoria privata e pubblica e l’insegnamento della storia non può non tenerne conto. Infatti, la memoria non è un atto innato, immediato e autonomo, ma è un processo dinamico e complesso, indotto dal contesto sociale, politico e culturale.

    La memoria da utilizzare nelle strategie di insegnamento della storia contemporanea è quella che si costruisce sulla base degli studi storiografici e sulla connessa riflessione sulla propria esperienza individuale e collettiva, con un controllo critico sulle possibili deformazioni dell’uso pubblico.

Note

4. Cfr. V. Foa Questo Novecento, Einaudi, Torino, 1996. torna su

5. Cfr. A. Portelli Quando le parole vengono incontro in Mi ricordo, supplemento a "Diario della settimana", 27 gennaio 2001. torna su

6. Cfr. P. Jedlovski Storie comuni. La narrazione della vita quotidiana, Bruno Mondatori, Milano, 2000. torna su

7. Cfr. G. Levi Sempre caro mi fu questo passato in Mi ricordo, cit. torna su

8. Cfr. N. Gallerano (a cura di) L’uso pubblico della storia, Franco Angeli, Milano, 1995. torna su

9. Cfr. P. Ortoleva Storia e mass media in N. Gallerano (a cura di) Uso pubblico della storia, cit. torna su