Lo storico della
comunicazione Peppino Ortoleva (1) indica, ad esempio, come
specificità dei mezzi di comunicazione di massa quella della coesistenza di prodotti
elaborati in tempi diversi, confondendo i piani del passato con quelli
dellattualità, come dimostrano le trasmissioni di storia con intenti pedagogici,
gli articoli giornalistici, luso delle testimonianze.
Le vicende collettive sono risucchiate in
storie individuali, i documenti vengono drammatizzati al fine di sollecitare le emozioni
del pubblico; le testimonianze individuali, di diverso valore e significato, vengono messe
sullo stesso piano, confondendo il giudizio storico con la solidarietà umana con i
testimoni; un commentatore autorevole per titoli accademici semplifica il senso
complessivo degli avvenimenti, con una forte tendenza ad esaltare i detentori del potere e
singoli personaggi. A volte, la narrazione storica assume le regole del racconto
drammatizzato e della fiction.
La comunicazione è incentrata più sulla
forma del documento che sui contenuti, privilegiando le fonti sonore e visive e
sollecitando molto limmaginario. Viene dato, infatti, molto spazio al racconto
vissuto, alla memoria attualizzata, allequiparazione morale di esperienze politiche
diverse, rapportate al singolo soggetto e non al giudizio storico sullevento
ricordato. A volte, viene legittimato linvenzione della tradizione e la
rifunzionalizzazione della memoria al presente, con aggiustamenti, oblii, accorpamenti,
manipolazioni.
I documenti visivi vengono utilizzati, per
lo più, come immagini di supporto, non necessariamente inerenti al commento parlato, a
volte con sfasature importanti, anche se non immediatamente rilevate dagli spettatori.
Quelle immagini hanno un impatto emotivo e suggestivo molto superiore delle stesse parole
e concorrono a formare il giudizio sullevento narrato. Un linguaggio, quindi,
ambiguo, a volte evocativo in senso positivo, a volte distorcente e manipolatore del
ricordo.
Gli interventi dei media (radio, tv,
giornali) in campo storico sono, infatti, finalizzati a sollecitare le emozioni, e quindi
ad indurre processi di memoria degli spettatori/ascoltatori e dei lettori, che possono
anche essere del tutto errati, cioè basati su ricostruzioni inattendibili, ma comunque
costruiscono unopinione diffusa del passato nel presente secondo interessi politici
e culturali, quasi mai esplicitati.
Si potrebbe parlare di "narrazione in
diretta" della storia, che segue regole di semplificazione e di efficacia
comunicativa, che sono obiettivamente diverse dalle corrette procedure dello storico, ma
che produce effetti di conoscenza molto più estesi e penetranti nella formazione della
memoria pubblica del passato nel presente.Anche il cinema e la letteratura collaborano a
diffondere interpretazioni del passato, che interessano loggi. Secondo le tecniche
della fiction e del romanzo, sono raccontate storie personali emblematiche, che agiscono
in una dimensione storica ricostruita, rievocando situazioni e ambienti, che influenzano
fortemente limmaginario e, spesso, determinano nel pubblico i modelli e i contenuti
di ricordare.
Poiché la scuola ha da tempo abbandonato
linsegnamento della storia patria e ha perso, nel contempo, lunivocità della
formazione della coscienza nazionale, gli strumenti più efficaci delluso pubblico
sono, dunque, diventati i media, che risultano essere una fonte di informazione più
importante ed autorevole della scuola, e sicuramente la più accessibile per il grande
pubblico, conformando la memoria pubblica e lopinione comune.
Del resto, come nota Giovanni Levi, la
stessa disciplina storica "ha perso centralità, anche se gli storici non hanno
ancora coscienza piena della trasformazione del loro spazio dazione e del loro
ruolo. Alla storia come indagine scientifica si è progressivamente affiancato un uso
politico pervasivo e distorcente del passato. Un uso politico della storia non è
evidentmeente una novità: il significato civile e legittimante della ricerca sul passato
ha sempre implicato una rindondanza di significato e più forme di utilizzo politico. Ma
sia laspetto quantitativamente imponente delluso attuale, sia la
trasformazione dei mezzi di comunicazione danno un carattere nuove e specifico
alluso del passato come strumento ideologico." (2)
La memoria, come si è già detto, è
particolarmente vulnerabile e plasmabile dalluso pubblico della storia.
E stato il filosofo Habermas,
intervenendo nel dibattito avviato in Germania dallo storico Nolte sul revisionismo
storico, a richiamare lattenzione sulla strumentalizzazione della storia a fini di
giustificazione politica dellattualità, parlando di uso pubblico della storia.
Habermas definisce luso pubblico come unoperazione di trasferimento della
discussione su diverse interpretazioni della storia dalle sedi specialistiche ai
mass-media.
Largomentazione è ripresa in Italia
da Nicola Gallerano (3), che si è soffermato sulle
modalità con cui luso pubblico della storia influenza la formazione della coscienza
pubblica. Lavvenimento storico viene trasformato in "evento", con un
processo di destoricizzazione, isolandolo dal contesto storico e, nel contempo, viene
presentato come "verità disvelata", con un fine immediatamente politico. Ma
Gallerano, correggendo in senso positivo la posizione di Habermas, ha sottolineato come
luso pubblico possa anche creare movimenti consapevoli di opinione pubblica, che
possono anche svolgere un ruolo attivo nella società e intervenire nei processi storici.
Note
1. P. Ortoleva, Mediastoria,
Pratiche, Firenze, 1995 torna su
2. G. Levi, Sempre caro mi fu
questo Passato, in Mi ricordo, cit. torna su
3. N. Gallerano (a cura di),
L'uso pubblico della storia, Franco Angeli, Milano, 1995 torna
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