Alcune considerazioni generali

 

.Da una prima lettura dei testi delle interviste si possono individuare alcuni snodi interessanti:

*Emerge, per lo più, una percezione debole del nesso storia - memoria nel proprio vissuto in relazione al contesto storico.

Molti insegnanti intervistati non rintracciano tra la storia d’Italia del secondo dopoguerra e la propria biografia un legame significativo, soprattutto quelli appartenenti alla generazione più giovane, mentre la maggior parte di quelli che appartengono alle generazioni precedenti, pur facendo riferimento agli "anni di piombo", che sono stati gli anni della loro formazione culturale e professionale, palesano il giudizio di fallimento del messaggio politico, con scarso coinvolgimento della loro memoria personale.

E’ il segno della cesura di memoria avvenuta sul piano politico a seguito di un fallimento ideologico. In assenza di una memoria collettiva di generazione, condivisa e comunicabile all’esterno, la memoria autobiografica sembra perdere valore agli occhi dello stesso soggetto.

*Le scansioni periodizzanti sono tutte nella sfera degli avvenimenti politici, per lo più presentati secondo schemi stereotipati, rappresentati dai media (in particolare le celebrazioni degli anniversari con la decontestualizzazione e la spettacolarizzazione dell’evento), anche per mancanza di studi storiografici esaustivi sulla storia della repubblica.

Quindi, emerge il ’68, collegato al terrorismo, ma non le lotte operaie e i movimenti femministi e la grande stagione dell’affermazione dei diritti, non la strategia della tensione e le stragi.

Pressoché inesistente risulta il riferimento ai provvedimenti sulla scuola (scuola materna, scuola elementare, scuola media dell’obbligo, decreti delegati, ecc.).

Nella stessa logica, l’89 viene generalmente presentato come la conclusione dei processi storici del ‘900.

E’ evidente, in tali indicazioni dei docenti, il peso determinante, svolto dall’uso pubblico della storia, veicolato in particolare dalla televisione e dai giornali, nella formazione della memoria pubblica e delle sue forme di comunicazione.

Per gli anni della repubblica pare problematico rintracciare una memoria di generazione in campo politico, ma, nel contempo, gli intervistati non hanno ritenuto adeguato usare i parametri della memoria dei cambiamenti sociali.

In sostanza, in quella fase della ricerca, è risultato difficile articolare il nesso tra storia e memoria nella sua complessità e nella sua problematicità, su cui, per altro, va sviluppata una larga e diffusa riflessione, in quanto tale connessione appare come tema qualificante del rapporto educativo e dell’insegnamento della storia contemporanea, così come è stato notato da quasi tutti gli intervistati.

*E’ noto che fino a poco tempo fa non era necessaria per i docenti la preparazione sulla storia più recente. Soltanto il decreto Berlinguer sull’insegnamento della storia contemporanea (1996) ha reso urgente la preparazione sulla storia del secondo dopoguerra, ma i corsi di aggiornamento non hanno certo risolto compiutamente, né sul piano metodologico né su quello cognitivo, l’approccio alla complessità, pluralità e problematicità della storia più recente. Del resto, comincia solo ora ad esserci una produzione storiografica, che affronti sistematicamente la storia degli ultimi cinquant’anni.

Di conseguenza, sembra che più che di deficit di memoria si debba parlare di deficit di conoscenza storica non solo per gli studenti, ma anche per i docenti.

La chiave per affrontare tale deficit e la mancata motivazione dei giovani verso la storia viene individuata nella sollecitazione della curiosità degli studenti. Ma questa dipende dalla curiosità che gli stessi insegnanti riescono a dimostrare nella conduzione del lavoro scolastico. Il problema è ben presente agli intervistati che, in maggioranza, danno una grande importanza all’approccio metodologico più che contenutistico dell’insegnamento e dell’apprendimento.

*La società dell’incertezza e della solitudine, in cui viviamo, ha modificato ( e il cambiamento accelerato è in atto) il senso del tempo e dei valori, non soltanto nella generazione più giovane, e i rapporti di ruoli tra adulti e ragazzi.

All’interno del sistema scolastico, il problema della relazione tra docenti e allievi è fondamentale ed è stato messo in giusta evidenza nelle interviste, ma appare profondo negli intervistati il disagio di relazionarsi, esistendo una distanza generazionale spesso elevata sino a trenta-quarant’anni.

Ciò comporta orientamenti valoriali diversi e la comunicazione tra le parti ha bisogno, prima di tutto, di ricercare linguaggi comuni. Soprattutto nella scuola di base, ma non solo, le famiglie delegano i problemi educativi agli insegnanti, ma, nel contempo, operano un controllo sociale solidale con i comportamenti dei figli, a volte, in aperta contrapposizione con gli insegnanti.

D’altro canto, il problema di orizzonti valoriali diversi non rimane circoscritto alla scuola, poiché gli allievi sono lo specchio della società e i docenti devono anche fare i conti con la perdita di prestigio sociale e con la dequalificazione professionale agli occhi dei ragazzi e delle loro famiglie.

 

Dopo queste poche e frammentarie osservazioni personali, che non vogliono tracciare il quadro interpretativo generale delle interviste, in questa sede mi interessa, in particolare, analizzare con voi cinque temi, proposti dalle interviste, che hanno una ricaduta diretta sulla professione docente e sul lavoro scolastico e, in particolare, sul programma del nostro seminario: la costruzione di percorsi di laboratorio.

Ho quindi selezionato quelle risposte che, secondo me, hanno una valenza significativa ed esemplificativa ai fini del processo di consapevolizzazione dei problemi aperti sull’insegnamento della storia. Non indico volutamente il nome dell’intervistato e dell’intervistata, perché intendo usare quelle sollecitazioni come "provocazione" buona per la discussione e l’approfondimento da parte di tutti i presenti.