Nesso storia - memoria

 

.Assumendo come primo tema è il nesso storia-memoria, osserviamo che da alcune risposte emerge la definizione della memoria come percorso personale all’interno del processo storico. "La memoria diventa il tuo percorso di storia, diventa la tua storia personale, una individualizzazione del percorso generale. La memoria è la parte di storia che tu riesci a trattenere come tua". Appare qui l’intenzionalità a ricordare alcune cose e a dimenticarne altre, sulla base dell’emotività e dell’affettività, mentre il terreno della storia viene definito come quello della ricostruzione e l’interpretazione razionale degli eventi.
"La memoria è duplice : quella individuale è il ricordo della mia esperienza e di quella collettiva, quella che i miei studi, le mie ricerche, le mie curiosità sulla storia mi hanno portato a scoprire nel passato e che ritengo valga la pena di ricordare. (...) La memoria porta con sé anche una parte di emotività, di affettività, che deve essere soppesata dalla razionalità della storia." La memoria, in sostanza, attribuisce senso all’identità e alla personalità dei soggetti e, in questa dimensione, viene stabilita una connessione tra la memoria e il senso della responsabilità.

"Credo che ci sia un legame fortissimo tra memoria e storia : dalla nostra memoria è possibile arrivare alla storia, dalla nostra memoria è possibile arrivare alla storia e capirne il nesso." La responsabilità diventa, dunque, una parola chiave del nesso storia - memoria, delle modalità di trattare la propria memoria in relazione all’insegnamento della storia contemporanea, della concezione di storia che si vuole proporre agli allievi, della valenza educativa specifica della disciplina nella formazione dell’identità personale e di quella della comunità nazionale ed europea in un contesto mondiale senza steccati razzisti e di "piccole patrie" etniche.

"La memoria io la intendo come una riflessione sulla propria identità, una costruzione di identità, che è consapevolezza della responsabilità civile, etica, democratica che tu devi avere in ogni momento, riflettendo criticamente sul tuo passato." Ma l’intervistato precisa anche che la sua definizione dell’identità si discosta visibilmente dalle insistenze attuali sulla difesa di identità forti particolaristiche e mitizzate. "La memoria è la costruzione della propria identità, ma non facciamo un mito dell’identità. Francamente io sono per le identità deboli : un senso di sé umile, rispettoso dei tanti."

Attraverso il percorso di memoria, qualcuno di voi giunge a definire la storia come ricerca di conoscenza, ma anche di consapevolezza, definizione interessante e molto stimolante per affrontare il nesso tra un’area di elaborazione dell’esperienza a livello soggettivo e collettivo e la costruzione critica e problematica della complessità degli avvenimenti storici. Per cui, potremmo anche dire che la responsabilità è consapevolezza dei percorsi individuali e collettivi e, insieme, dei processi storici.

"L’apprendimento della storia ha un significato educativo, perché costringe a prendere una posizione di responsabilità, di sentirsi un pezzetto dell’ingranaggio." E un altro intervistato dice : "La storia siamo noi che agendo e dovendo agire cerchiamo di capire e per capire dobbiamo cercare dialogando tra di noi, di acquisire consapevolezza. Questa è la memoria." La ricerca storica e l’insegnamento assumono, dunque, una esplicita funzione di educazione alla consapevolezza, sollecitando la curiosità degli allievi (un tema su cui torneremo, in un altro momento) per formare in loro la capacità di "pensare storicamente" il passato per potersi orientare nel presente e avere fiducia nel futuro.

Inoltre, alcuni evidenziano che è stato proprio l’inserimento della storia contemporanea nell’ultimo anno del corso di studi che ha imposto il problema del nesso storia-memoria e la riflessione sulla relazione esistente tra le sollecitazioni del presente e lo studio del passato. "Gli eventi del presente diventano occasioni storiografiche non soltanto per arrivare a dire chi ha ragione o chi ha torto, che pure è una cosa che va detta però non necessariamente in classe, ma per capire come affrontare il problema."

La storia si dispiega nella sua complessità problematica e plurale nella definizione, data da una docente : "E’ finita la storia falsamente oggettiva e universale, l’attenzione si è spostata ai soggetti, alla molteplicità dei soggetti e delle interpretazioni : i discorsi sulla differenza, sui nuovi soggetti e sui nuovi diritti, sugli stereotipi e sui luoghi comuni, che vanno sottoposti a critica. (...) Anche vedere la storia come elaborazione di alcuni lutti, di alcune perdite culturali e personali."

L’occasione dell’intervista, inoltre, ha permesso a molti di riflettere sui risultati di alcune indagini sociologiche e le tesi di alcuni saggi storici (1) e di concludere che i giovani più che avere deficit di memoria hanno deficit di conoscenza storica. Tale deficit riguarda non soltanto le nuove generazioni, che costituzionalmente non hanno possibilità di memoria se non viene loro trasmessa dalle generazioni precedenti, ma anche gli adulti, gli stessi docenti, perché loro stessi hanno subito una cesura di memoria. E tale cesura riporta proprio al contesto della grande trasformazione dell’Italia, iniziata nel dopoguerra, e ai grandi traumi politici della storia dell’Italia repubblicana, ma su questo torneremo dopo.

Viene anche rilevato come oggi sia difficile costruire una memoria storica, in assenza di progetti politici forti. "Credo che effettivamente ci sia un nesso molto forte tra interesse verso la storia e grandi progetti anche utopistici o grandi problematiche politiche, che scuotono il pianeta. Il declino dell’interesse per le dinamiche politiche è parallelo al declino dell’interesse verso la storia. La storia è percepita come un terreno in cui si giocano il giudizio e le posizioni etiche. Io ho assistito a questo fenomeno." La mancanza della passione politica e il coinvolgimento attivo dei soggetti impedisce di dare senso storico alle vicende individuali, anche perché ormai viviamo tutti, adulti e giovani, nella società dell’incertezza e dei cambiamenti accelerati dei valori e dei comportamenti collettivi. "Oggi mancano le occasioni per costruire una memoria condivisa. Manca l’elaborazione. Forse c’è la memoria, ma non è diventata memoria condivisa. Di che cosa dobbiamo avere memoria ?" Non ci sono, dunque, le condizioni per avere consapevolezza della propria memoria e della memoria di generazione, non si sa neppure che cosa merita di essere ricordato e comunicato. Infatti il problema non è soltanto ricordare, elaborare la memoria, ma anche trasmettere ad altri esperienze, che possano essere considerate utili o interessanti.

Bisognerebbe, dunque, individuare i parametri per costruire memoria nel tempo presente, così come è accaduto per altri momenti storici, e per comunicarla tra le generazioni. Sembra che lo iato di esperienza politica tra le nuove generazioni e quelle passate annulli possibilità di interazione, di giudizi, di presa di posizione sul passato recente e anche sul presente. Manca la riconoscibilità di un tessuto connettivo per la relazione tra giovani e adulti. Ma quando la società italiana ha perso la capacità di elaborare e trasmettere memoria. Dove collocare le importanti cesure di memoria tra generazioni ?

NOTE
1.
Alessandro Cavalli (a cura di), Il tempo dei giovani, Il Mulino, Bologna, 1995; Nadia Baiesi, Elda Guerra, Interpreti del loro tempo, Clueb, Bologna 1997 ; Remo Bodei, Il noi diviso. Ethos e idee dell’Italia repubblicana, Einaudi, Torino, 1998; Ilvo Diamanti (a cura di ), La generazione invisibile - Inchiesta sui giovani del nostro tempo, Il Sole 24 ore, Milano, 1999 ; Carmen Leccardi (a cura di), Limiti della modernità. Trasformazioni del mondo e della conoscenza, Carocci, Roma, 1999 ; Alessandro Cavalli ( a cura di), Gli insegnanti nella scuola che cambia, Il Mulino, Bologna, 2001. torna su