La metodologia e la scelta dei contenuti

 

.Bella questa espressione : "la scuola come luogo della cultura, della politica, della formazione" e possiamo aggiungere della memoria tra le generazioni. Suona come un programma di lavoro, il nostro programma per questo seminario.

Entriamo infatti nella fase della ricerca, che si trasforma in elaborazione e pratica didattica, con la progettazione dei laboratori, in cui fare esercizi di storia e esercizi di memoria. Credo che siamo tutti convinti, come hanno sottolineato alcuni degli intervistati, che l’innovazione didattica passa attraverso nuove metodologie, che valorizzino le pratiche laboratoriali e non considerino più il libro di testo come l’unico strumento per studiare. Si tratta, in sostanza, di abbandonare l’insegnamento basato soltanto sulla narrazione e sulle sintesi manualistiche e utilizzare le fonti e altri strumenti, comprese le nuove tecnologie.

Veniamo dunque ad esaminare l’ultimo tema assunto per la mia analisi : quello che riguarda le risposte sui metodi di insegnamento e sulla scelta dei contenuti. "Bisogna dare più importanza al metodo. Con il decreto Berlinguer si è posta l’urgenza di insegnare la storia più recente per permettere agli studenti di capire quello che li circonda." Il decreto Berlinguer rappresenta davvero un discrimine per la didattica della storia, perché l’insegnamento della storia contemporanea ha imposto non soltanto un’articolazione diversa del programma, ma la riflessione su alcuni nodi problematici, con la conseguente necessità dell’innovazione didattica. "Fino al decreto Berlinguer non è cambiato nulla nello stile professionale, che era identico a quello che io ho sperimentato come studente di liceo, cioè la didattica era una didattica tradizionale, unilaterale, autoritaria, trasmissiva."

E’ stato imposto un ripensamento radicale della programmazione e della meotodologia, chiamando in causa la responsabilità dei docenti nella scelta dei contenuti. "La cosa significativa mi sembra che stia emergendo con forza è l’indicazione di fare della didattica qualcosa di diverso : meno preoccupata della quantità della conoscenza storica e più preoccupata delle competenze e delle metodologie. (...) Si deve passare dalla programmazione curricolare (percorso in qualche maniera rigido, segmentato) alla progettazione didattica con indicazioni metodologiche diversificate."

E, d’altro canto, è entrata anche nell’insegnamento della storia, e si sta sempre più affermando, l’utilizzazione delle nuove tecnologie, che ampliano le fonti a disposizione della scuola e le modalità di costruzione della conoscenza, adattandosi alle strategie di apprendimento dei ragazzi. Nella progettazione dello studio della storia fondamentale è risvegliare la motivazione degli studenti e sollecitare la loro curiosità, come si è già messo in evidenza, mantenendo centrale la relazione tra i due soggetti della scuola (docenti e allievi), impegnati nella stessa ricerca per riuscire a capire il passato, ma anche il presente.

"Nella relazione con gli studenti va messa in discussione l’insoddisfazione per il modello di trasmissione delle informazioni, che produce noia in me e negli studenti. (...) Quando mi rendo conto che sto cadendo in un’eccessiva ricerca tecnica e sto perdendo un grosso pezzo degli studenti, mi nasce il problema di rivedere il mio lavoro per non perdere di vista la soggettività e la relazione."
Questa riflessione riporta all’esigenza che i docenti siano ricercatori, cioè assumano un coerente atteggiamento di ricerca per avere e dare gli strumenti di comprensione dei processi storici e anche dei cambiamenti del presente. Anzi è proprio a partire dalle domande del presente che lo studio della storia acquista senso per la formazione dei giovani. In alcune interviste, infatti, si sottolinea che la formazione universitaria è inadeguata ai nuovi compiti della scuola e, quindi, viene ribadito che l’impegno all’innovazione dipende dalla capacità dell’insegnante di aggiornarsi anche in modo autonomo e di essere disponibile alla ricerca.

Vorrei concludere con una definizione alta della funzione docente, quella di Edgar Morin che rivaluta completamente l’insegnamento, rispetto ai fenomeni di burocratizzazione della professione, ed auspica che diventi nuovamente una missione. E fa un esplicito richiamo all’eros di Platone, che è allo stesso tempo desiderio e piacere di trasmettere amore per la conoscenza e amore per gli allievi.

Si può riconoscere in questa definizione il valore di un tema ricorrente in molte interviste: il valore della responsabilità educativa quale impegno essenziale e sempre più necessario nella società disgregata. È un valore tutto da riscoprire da parte degli adulti, della società nel suo complesso e non soltanto da parte dei docenti e della scuola, nei confronti dei giovani. Si tratta dell’esigenza di far sopravvivere valori condivisi ed adeguati alle nuova sfide conoscitive ed educative.