Cominciare a
parlare di un libro dalla copertina può sembrare una pedanteria o una stravaganza. Eppure
limmagine che per prima si mostra al lettore serve spesso da carta di identità,
equivale al sorriso educato o aperto e cordiale che accompagna una prima presentazione tra
sconosciuti. Il Novecento tra storia e memoria: percorsi didattici documentari (a
cura di Pina Pedron e Nicoletta Pontalti) mostra un puzzle i cui frammenti
compongono immagini diverse, ma perfettamente incastrate luna nellaltra in un
insieme polifonico: un manifesto cinematografico, una manifestazione studentesca, una foto
di maestranze al lavoro, limmancabile Che col basco e il sigaro in bocca, un
calciatore e infine una signorina belle époque in tenuta da ciclista. Sono tutte
immagini che alludono ad alcuni dei temi scelti dai curatori per proporre unità di lavoro
a studenti di età compresa tra i quattordici e i sedici anni. Nellordine di
apparizione: la memoria della deportazione e dello sterminio nei lager nazisti; gli eccidi
nazisti e i meccanismi della memoria; lemigrazione dalla Venezia Giulia negli anni
1945-1960; le memorie di una donna emigrante nel secondo dopoguerra; donne migranti ieri e
oggi; la guerra fredda in Italia negli aspetti che illuminano la costruzione del nemico;
il villaggio operaio di Panzano dagli anni venti agli anni sessanta come modello urbano e
sociale; tempo libero e società di massa attraverso la pratica degli sport; le lotte
studentesche del Sessantotto in Italia.
Nove le unità "economiche" pronte
per luso: "tutte e nove [...] possono essere inserite nel curricolo di un anno
scolastico, oppure il docente può decidere di svolgerne solo alcune, oppure ancora ogni
singola unità può venire approfondita con laggiunta di ulteriore
documentazione"1. Cinque gli istituti della
Resistenza e delletà contemporanea (Perugia, Sesto S. Giovanni, Trento, Trieste,
Varese) che hanno provato a condividere esperienze comuni nell'insegnamento/apprendimento
della storia contemporanea. Otto i ricercatori didattici (Fulvia Albanese, Franco Cecotti,
Silvia Fragiacomo, Daniela Franchetti, Guido Mattiussi, Marina Medi, Dino Renato Nardelli,
Pina Pedron, Nicoletta Pontalti) che, coordinati da Maurizio Gusso, hanno insieme
individuato i i nodi storiografici e formativi, gli obiettivi e i temi dei percorsi
raccolti nel volume.
La scelta e il montaggio delle fonti risponde
a criteri condivisi tra tutti gli autori: varietà nella tipologia e analisi contrastiva
in alcuni casi; preoccupazione di sollecitare linteresse di adolescenti e quindi,
come nel caso del Sessantotto, una attenzione particolare a fonti prodotte dagli studenti
medi; le fonti orali e di memoria come risorsa e ineludibile terreno di confronto per
interpreti e testimoni della contemporaneità, quali sono gli studenti e gli insegnanti;
la storia locale e il villaggio operaio, una dimensione che consente di dare concretezza
ai processi storici e rimanda costantemente a temi e problemi nazionali. Il rapporto tra
locale e nazionale sembra rispondere a uno dei sette principi guida per un pensiero che
interconnetta, il principio "ologrammatico" che per Morin "mette in
evidenza lapparente paradosso delle organizzazioni complesse nelle quali non solo la
parte è nel tutto, ma in cui anche il tutto è inscritto nella parte. Così ogni cellula
è una parte di un tutto lorganizzazione globale ma il tutto è lui
stesso dentro una parte, la totalità del patrimonio genetico è presente in ogni cellula
individuale, la società è presente in ogni individuo, nella sua interezza, attraverso il
suo linguaggio, la sua cultura e le sue norme" 2.
Una scelta, va detto, mai scontata e a volte
raffinata nellapparente semplicità della proposta.
Non sempre tuttavia gli autori lasciano
scorazzare i ragazzi e le ragazze nel laboratorio dello storico, presentando quel signore
che si è dato la pena di porsi domande, cercare documenti e comunicare le sue
interpretazioni scegliendo il più delle volte la forma della narrazione. Potrebbe essere
molto utile anche per linsegnante, che deve materialmente proporre i documenti
selezionati ai suoi studenti, dare un volto e una fisionomia allo storico che suggerisce
una certa tematizzazione e cerca risposte a un determinato problema. Esemplifico perché
sia più chiaro: Pedron e Pontalti dichiarano il loro debito a Cavaglion che ha suggerito
"lidea di partenza": avvicinare gli studenti al tema della deportazione e
dello sterminio attraverso vie traverse, inconsuete e apparentemente depistanti" per
evitare "il rischio di pietrificare questo terribile evento nel passato" 3. Non in tutte le unità proposte gli autori hanno
dichiarato ed esplicitato il modello storiografico di riferimento.
Prove strutturate e esercizi acquistano un
senso, quando non sono domande di cui si conosce già la risposta, ma propongono
operazioni intelligenti sulle fonti: dalla schedatura paziente alla costruzione di
grafici, tabelle e mappe, fino alla costruzione di un testo per comunicare lesito
del lavoro di ricerca e interrogazione dei documenti.
Molto utile mi sembra anche lavvio di
"procedure preliminari" quali sono quelle proposte da Dino Renato Nardelli
nellunità sugli eccidi nazisti, quali ad es. "verbalizzare le
esperienze", "costruire una mappa dei ricordi" "confrontare le
mappe", visto che attraverso la ricostruzione di una vicenda locale particolarmente
drammatica si voleva rendere consapevoli i ragazzi "della pluralità delle memorie e
della necessità di costruire una memoria collettiva a più voci, polifonica"4. Laccesso al tema va curato allo stesso
modo della selezione delle fonti, della sequenza e delle esercitazioni altrimenti si
rischia di fare un appello puramente retorico alla soggettività e si continua a credere
nel potere magico dei contenuti tanto interessanti e coinvolgenti che non possono non
funzionare. E invece lamicizia per la storia si costruisce attraverso lo
sprofondamento dentro di sé, come suggerisce Duby 5
. Nessuna riflessione, nessuna acquisizione può nascere "se non si ha chiaro come
unidea si sia strutturata dentro di noi, attraverso le vicende biografiche e le
occasioni culturali. Padroneggiare e comunicare il proprio punto di vista consente di
inserire profondamente le nuove conoscenze nella propria rete concettuale e di comunicare
agli altri un frammento della propria cultura, svelandosi un poco a se stessi e agli
altri" 6.
Alla luce di queste considerazioni suscita
perplessità l'uso del termine "percorso logico", premesso al montaggio delle
fonti (insieme a una introduzione, alla esplicitazione degli obiettivi formativi, di
quelli cognitivi e dei prerequisiti e allo schema dellunità). Non è chiara la
funzione del "percorso logico": si tratta di un contenitore usato con molta
flessibilità e con poco rigore. A volte contiene le domande, altre la descrizione del
montaggio, altre ancora riflessioni sul metodo e gli obiettivi. In alcuni casi viene
proposta in questa sezione la contestualizzazione, con un effetto di ridondanza rispetto
allintroduzione.
Varrebbe poi la pena di riflettere sulla
"logicità" dei percorsi storici, che non ammette il caso o
lirrazionalità. Si rischia di veicolare unimmagine di storia a una dimensione
mentre lepistemologia più avvertita la definisce una scienza
"poliscopica", che tende a divenire "multidimensionale, integrando in sé
le dimensioni economiche, antropologiche (linsieme delle abitudini, dei costumi, dei
riti concernenti la vita e la morte) e reintegrando levento, dopo aver creduto che
occorresse scacciarlo come epifenomeno. La storia [..] tende a divenire scienza della
complessità umana"7.
Le unità proposte nel volume curato da
Pedron e Pontalti sono un contributo prezioso per l'avvio di laboratori di didattica della
storia nelle scuole. Partono tutti da nodi problematici del presente e, come nel puzzle
presentato in copertina, restituiscono una pluralità di soggetti e di temi del Novecento
su cui far lavorare ragazzi e ragazze, senza che il disegno finale sia predefinito ovvero
già nella testa del fabbricante. E dunque la pluralità dei punti di vista e delle fonti
emerge con evidenza. Tuttavia il gioco degli incastri risulta ancora rigido, se prendiamo
sul serio la metafora scelta: ogni tassello può essere accolto solo in quel punto e non
in un altro pena l'incompiutezza o la casualità del prodotto finale. Fuori di metafora,
il curricolo non può essere pensato come un puzzle, bisogna inventare un'altra
immagine che restituisca a ogni singola unità la flessibilità, la possibilità di riuso
in contesti diversi e le aperture transdisciplinari. Per rimettere in discussione le
frontiere tra le discipline non basta aprirle ma bisogna "trasformare i principi
organizzatori delle discipline che generano queste frontiere"8: questa saggia avvertenza di Morin ci incoraggia a guardare
oltre gli steccati e i rassicuranti confini segnati dalla storiografia, avviando un
dialogo serrato con l'epistemologia e il pensiero psicopedagogico. Chi si occupa di
formazione oggi non può eludere il problema storico della necessità di creare le
condizioni di una "democrazia cognitiva": la iperspecializzazione e la stessa
pratica dell'insegnamento, sin dalle elementari, riducono il complesso al semplice per
eliminare tutto ciò che porta disordine o contraddizioni, ma così facendo i giovani
perdono la loro naturale attitudine a contestualizzare e a integrare i saperi e la scuola
forma intelligenze incapaci di pensare il contesto e il complesso planetario restituendo
alla società individui "ciechi, incoscienti e irresponsabili". Per rendere
"sensato" il curricolo bisognerebbe forse ritornare alla domanda che Bateson
formulava ventanni fa : "la struttura che connette. Perché le scuole non
insegnano quasi nulla su questo argomento? Forse perché gli insegnanti sanno di essere
condannati a rendere insipido tutto ciò che toccano e sono quindi saggiamente restii a
toccare o insegnare ogni cosa che abbia importanza vera e vitale? Oppure uccidono ciò che
toccano perché non hanno il coraggio di insegnare nulla che abbia unimportanza vera
e vitale?"9.
NOTE
1 Il Novecento tra storia e memoria:
percorsi didattici documentari, p. V torna su
2 Edgar Morin, La testa ben fatta, Milano, Cortina,
2000, p. 97. torna su
3 Il Novecento tra storia e memoria: percorsi didattici
documentari, p. 3. torna su
4 Il Novecento, cit., p. 21. torna
su
5 Georges Duby, Il sogno della storia, Milano, Garzanti,
1986, p. 47. torna su
6 Maria Bacchi, Fernanda Goffetti, Laboratorio gruppo
A. Scuola per linfanzia ed elementare, in Ministero della pubblica istruzione,
direzione generale classica, scientifica e magistrale, Nuove parole, nuovi metodi.
Soggettività femminile, ricerca e didattica della storia, "Quaderni", n.
32, marzo 2000. torna su
7 Edgar Morin, La testa ben fatta, Milano, Cortina,
2000, p. 28 torna su
8 Edgar Morin, La testa ben fatta, Milano, Cortina,
2000, p. 20 torna su
9 Gregory Bateson, Mente e natura. Ununità necessaria,
Milano, Adelphi, 1989 quinta edizione (ed. orig. 1979) , p. 21. torna
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