L'espressione "pulizia etnica"
suona molto asettica, e dunque perfino rassicurante, come tutte le faccende ordinarie. Ma
di ordinario non ha nulla.A meno di non considerare ordinario l'orrore e la mostruosità.
"Pulizia etnica", infatti, vuol dire deportazione di intere popolazioni, vuol
dire stupri di massa, vuol dire case sistematicamente bruciate perché nessun ritorno di
sopravvisuti sia possibile, vuol dire fosse comuni traboccanti di uomini macellati. Vuol
dire tortura come unica logica e vocazione nei rapporti con l'altro. Poiché questo è quanto ormai da anni andavano facendo Slobodan
Milosevic, mentre i govrni occidentali traccheggiavano, sembrava ovvio che dovesse intanto
manifestarsi l'indignazione dei pacifisti e della sinistra. Sembrava ovvio che le piazze
si riempissero al grido di "Milosevic boia!" e "libertà per il
Kosovo!". E che pacifisti e sinistre organizzassero un "tribunale Russel"
di personalità internazionali per condannare almeno moralmente il criminale che governa a
Belgrado. E che premessero sui rispettivi governi, accusandoli di fiacchezza e
inammissibile attendismo, per un improcrastinabile intervento a difesa della popolazione
del Kosovo sottoposta a un genocidio strisciante.
Il papa stesso, del resto, aveva teorizzato la necessità
dell'intervento armato a fini umanitari - nei giorni della disgregazione della Bosnia -
con la motivazione che "se per strada il nostro prossimo viene aggredito, è giusto
aiutarlo a difenderlo". Ineccepibile, almeno per chi crede ai diritti civili e alle
elementari libertà che senza di essi svaniscono.
Ora, nel kosovo Milosevic non sta semplicemente
"aggredendo" ma sta letteralmente sterminando la popolazione di origine
albanese. Sta azzerando vita e cultura. Sta realizzando il sogno di ricacciare gli
"invasori" albanesi della Grande Serbia. Tali infatti li considera, visto che
vivono in quei luoghi solo da alcuni secoli. In nome di che cosa, dunque, bisognerebbe
lasciarlo fare? I cittadini del Kosovo sono forse agli occhi di Karol Wojtyla esseri umani
di serie B? E perché la sinistra non "assedia" le ambasciate di Milosevic
gridando tutto il suo disprezzo e la sua condanna per il macellaio di Belgrado?
Perché le bombe Nato non risolvono il problema, si
risponde. Ma di fronte a un progetto di genocidio, ormai entrato in fase esecutiva,
possono davvero bastare le parole, l'iniziativa diplomatica, magari le sensazioni
economiche? Nel regno dei sogni forse. Poiché tutto ciò è stato tentato, per anni,
senza risultati. Nessun accordo è però accettabile per milosevic, che non contempli per
lui le mani libere in Kosovo. Milosevic è disposto alla pace solo se potrà farne un
deserto. Nessuno può dimenticare, infatti, che all'origine degli attuali massacri sta la
decisione unilaterale con cui alcuni anni fa Milosevic cancellò lo statuto di autonomia
del Kosovo, voluto e garantito da Tito, e iniziò la distruzione di ogni presenza albanese
nella cultura, nei mass media, nell'amministrazione di quella regione (che è albanese
all'80 per cento).
Ma la guerra chiama altra guerra, in una spirale di morte,
si dice. E gli attacchi aerei della Nato hanno spinto Milosevic a intensificare i massacri
e le deportazioni, si accusa. Straordinario impasto di menzogna e viltà. I massacri in
nome della grande Serbia, infatti, Milosevic li ha iniziati anni fa. Duecentomila morti e
tre milioni di deportati era già il bilancio prima che iniziasse lo sterminio sistematico
del Kosovo. E' dal 1991 che Milosevic pratica e teorizza la sua politica, e il Kosovo è
solo l'ultima tappa, dopo le prove in Croazia e in Bosnia. O abbiamo già dimenticato
Sarajevo?
E da quando in qua, del resto, la sinistra considera
morale, o solo politicamente realistico, l'attendismo e l'inazione, per paura che
l'aggressore moltiplichi contro le vittime oppressione e crudeltà, allargandole a nuovi
innocenti? Con questa logica la Resistenza contro Hitler e Mussolini non sarebbe mai nata,
visto che a ogni azione partigiana i fascisti e le Ss rispondevano bruciando a Marzabotto
e fucilando alle Fosse Ardeatine.
La conduzione delle operazioni Nato conferma, se ce ne
fosse bisogno, che la guerra è cosa troppo seria per lasciarla fare ai generali. Si
rimane increduli, infatti, di fronte alla catastrofica sisattenzione degli alti comandi
per un aspetto cruciale: quello dei mass media. La notevolissima superiorità tecnica
della Nato non consentiva fin dal primo giorno l'installazione di una stazione
radiotelevisiva in serbo, sulle coste italiane o su una nave, di potenza maggiore di
quelle di Milosevic? Come si è potuto trascurare un fattore così decisivo, poiché è
evidente che il primo riflesso condizionato, di fronte alle bombe, comporta il rinsaldarsi
dell'unità nazionale e del consenso al governo, e dunque una informazione obiettiva era
l'unico antidoto e la forza più potente per minare la credibilità del regime e
prepararne il crollo? E come si è potuto lasciare che le tv di Milosevic continuassero a
intossicare di menzogne i cittadini serbi, mentre il dittatore faceva assassinare i
pochissimi giornalisti degni del nome ancora in circolazione?
Poiché di questo ormai si tratta. Dopo quanto Milosevic ha
compiuto, deportando un inter popolo, massacrando e sterminando solo una Norimberga può
concludere questa guerra senza accresciuti pericoli per la convivenza nei Balcani e per la
democrazia in Europa. Ogni "pace" che legittimasse a qualunque titolo Milosevic
sarebbe fittizia e illusoria. |