Il lavoro domestico

 

Tuttavia, i diritti non possono avere un effetto positivo in mancanza di precise condizioni, e una delle condizioni che caratterizzano la vita di una donna sposata con figli nell’Occidente contemporaneo è che ella dispone in casa di un minore aiuto da parte di altre donne di quanto abbiano mai potuto disporre le donne sposate con prole in qualsiasi altra società. Nell’Occidente odierno, siamo consci di disporre di un relativo benessere, ma il nostro benessere non può comprare l’aiuto domestico; infatti, il benessere rende inaccessibile l’aiuto domestico, dal momento che, nella società del benessere, le donne dispongono di possibilità più attraenti e più redditizie per guadagnarsi la vita. Tuttavia occuparsi di una famiglia con bambini — perfino di una famiglia la cui dimensione è stata limitata dalla pianificazione delle nascite — senza poter contare su alcun tipo di aiuto domestico è in effetti più pesante di un lavoro a tempo pieno; e la nostra è l’unica società, presente o passata, nella quale a una moglie con figli è stato richiesto di svolgere questo lavoro senza alcun aiuto.

Le società più indigenti, proprio perché tali, hanno sempre avuto un’abbondante riserva di forza lavoro femminile supplementare; zie zitelle, figlie nubili, nuore, serve e schiave. In una società — come per esempio l’Islam — nella quale la poligamia è legale e appartiene alle consuetudini ed è quindi del tutto rispettabile, una moglie avanti negli anni può trovare conveniente che il suo devoto marito abbia una seconda moglie più giovane che si faccia carico dei lavori domestici più pesanti. Mi imbattei una volta nel caso in cui questo avvenne nel campus di un’università americana nel vecchio mondo. Il marito riceveva dal suo datore di lavoro americano uno stipendio che era principesco per le necessità sue e di sua moglie. Potevano permettersi una seconda moglie per lui (cioè una schiava ex officio per lei), e così fecero, e questo causò molti malintesi e indignazione reciproca. Per la coppia sposata, la loro trasformazione in un trio in età avanzata non era solo legale e quindi rispettabile; era una scelta avveduta e previdente; per i loro datori di lavoro cristiani, era "l’immoralità nel campus".

Nell’odierno Occidente, una donna moglie e madre non ha nessuna di queste possibilità per alleviare il peso delle faccende domestiche. Oggi tutte le zie zitelle e le figlie nubili (le schiave e le seconde mogli sono tabù) hanno un’attività professionale, come l’Atena e l’Artemide di Omero. Le nuore devono occuparsi delle proprie famiglie, per cui anche loro sono pienamente occupate. Inoltre, oggigiorno in Occidente è probabile che anche una donna sposata voglia avere una sua professione, al pari di suo marito e delle sue sorelle nubili, delle figlie, delle amiche. Se è frustrata in questa ambizione ed è condannata a non far nulla al di là degli ingrati lavori domestici, si sente bollata di un marchio che sancisce la sua anomalia e inferiorità e si sente frustrata e umiliata.

A questo punto parlo sulla base della mia esperienza personale. Ho una nuora che ha sei figlie ed è anche medico. Ha concluso gli studi di medicina non soltanto dopo il matrimonio, ma dopo la nascita della sua prima bambina. Nella professione medica l’abilitazione richiede un corso della durata di sette anni che implica un lavoro impegnativo. Chiunque, donna o uomo che sia, sarebbe addolorato se fosse costretto ad abbandonare l’esercizio di una professione per la quale si è abilitato al prezzo di tanto impegnativo lavoro — e nessuna donna si sottoporrebbe a questo duro lavoro se non sentisse una forte vocazione per quella professione. Mia nuora è sempre riuscita a continuare a lavorare part-time come medico generico. È un ottimo medico così come un’ottima madre, e la sua determinazione a non essere espulsa dalla sua professione dalle pre-occupazioni domestiche ha avuto un effetto benefico per i suoi pazienti, per i suoi figli e per lei stessa. Tuttavia, per come vedo le cose, penso, con qualche inquietudine, che stia piuttosto continuando a fare più di due lavori full-time.

Ora, supponete che io fossi una donna, e una donna asiatica o africana. Supponete, per rendere estrema la mia ipotesi, che io sia una donna di qualche paese musulmano ancora premoderno, nel quale debba vivere protetta da una tenda dalla vista degli estranei, coprirmi di spessi veli prima di uscir di casa, e forse dividere mio marito con le altre sue tre mogli, legittime quanto me stessa. Supponendo tutto questo, scambierei, mi chiedo, il mio posto, se ne avessi la possibilità, con quello della nuora di quel professore inglese? Forse potrei esserne tentata, ma credo che, riflettendo, preferirei vivere la vita che mi è toccata in sorte. Per una moglie e madre musulmana legata alla tradizione, la vita di una donna sposata occidentale che esercita una professione potrebbe apparire ripugnante come quella di un forzato. Quella musulmana appartenente a una società premoderna ascolterebbe incredula la donna occidentale raccontarle come ella trovi la sua vita appagante proprio a causa di quell’impegno continuo che la rende tanto faticosa.

Fortunatamente una donna occidentale di oggi sposata e impegnata in un’attività professionale dispone di alcuni efficaci facilitazioni che al contrario la musulmana vissuta nell’antichità non poteva conoscere. La sua pressante domanda ha fatto apparire come per incanto un’offerta di dispositivi meccanici d’ogni tipo per velocizzare il lavoro domestico e per renderlo meno penalizzante dal punto di vista fisico, e una donna sposata occidentale con una professione può permettersi di investire in questi strumenti, dal momento che gode di un relativo benessere. Inoltre lei e suo marito possono limitare il numero dei figli a qualunque ritengano sia il numero ottimale nel loro caso particolare. Soprattutto, nel mondo occidentale il progresso della scienza medica moderna ha allungato la speranza media di vita, e non di poco per le madri in gravidanza. Il matrimonio non condanna più la donna occidentale a non far nient’altro che non sia portare nel proprio grembo il massimo numero possibile di figli fino a quando non abbia superato l’età fertile — che è anche l’età oltre la quale non è più in grado di dedicarsi ad altre attività. Nel mondo occidentale di oggi una madre può non veder l’ora di poter godere di un certo numero di anni di vita mentre è ancora nel pieno delle forze, dopo che il figlio più piccolo è diventato un adulto indipendente. Nel loro complesso, questi aiuti rendono appunto oggi possibile per una donna occidentale sposata che lavora far fronte a tutte le richieste che gravano su di lei sia come lavoratore che svolge un’attività professionale, sia come donna. Tuttavia, dopo aver detto tutto questo, resta vero che esiste un conflitto potenziale tra i fatti della vita e i diritti legali, e rimane anche vero che questo conflitto è meno facile da risolvere per il sesso in grado di procreare che per gli uomini.