Ora torniamo al nostro quesito iniziale: sono esistite altre epoche nelle
quali la vita della donna è stata migliore di quanto non lo sia oggi per una donna
occidentale? Nel corso del nostro esame avevamo preferito non prendere in considerazione
quei rari casi nei quali, per caso o semplicemente per abilità e determinazione, una
donna è salita al vertice del potere politico. Limperatrice Caterina la Grande di
Russia, Elisabetta I di Inghilterra e la regina egiziana Hatshepsut sono tre fra le donne
più famose della storia, ma le loro carriere sono tanto eccezionali da non costituire un
indicatore affidabile del destino riservato, in generale, alle donne loro contemporanee.
Una donna divenuta monarca assoluto si è
appropriata nella maggior parte delle epoche e dei luoghi dei privilegi propri di un
autocrate di sesso maschile. Forse ha dovuto di solito lottare per conquistare quella
posizione e mantenerla più duramente di quanto non avrebbe dovuto fare se fosse stata un
uomo. Lascesa al potere di Caterina, da consorte straniera dello zar a imperatrice
legittima di tutte le Russie, fu uno straordinario tour de force. Hatshepsut deve aver
dovuto combattere una battaglia senza tregua per relegare in secondo piano il faraone
Tutmosi III, di cui era reggente. Il vantaggio costituito, nei suoi confronti,
dalletà compensava a malapena lo svantaggio rappresentato dallappartenenza al
suo sesso. Si può misurare la forza del suo carattere dalla forza di Tutmosi III, che
risultò evidente quando infine egli riuscì a soppiantarla; e, perfino quando regnava al
culmine del suo potere, la pubblica opinione la costringeva a regnare non in quanto
imperatrice, ma come imperatore, assumendo lo stile e il titolo tradizionali dei faraoni
maschi e addirittura portandone le insegne e gli abiti, compresa la tradizionale barba
finta. Al Metropolitan Museum di New York sono conservate parecchie statue
dellimperatrice, abbigliata come un faraone maschio.
Persino queste sovrane energiche e abili non
ottennero la completa uguaglianza di diritti rispetto ai loro predecessori maschi e ai
sovrani loro contemporanei. Tuttavia esse si assicurarono una vita così incomparabilmente
migliore di quella delle donne loro contemporanee di rango meno elevato che i loro
percorsi gettano poca luce su quella che era la condizione di una donna qualsiasi della
loro epoca.
Per le donne, letà delloro fu
probabilmente il primo capitolo della storia dellagricoltura, un capitolo che può
essere iniziato otto o dieci secoli [millenni] fa e che può essere durato due o tre
millenni. Sembra che lagricoltura sia stata inventata dalle donne, e che, nella sua
prima fase, abbia costituito un loro monopolio. Questo monopolio non derivava
semplicemente dallabilità acquisita autonomamente dallinventore. Il monopolio
delle abilità è sempre un vantaggio destinato a scomparire. Il predominio femminile
nellagricoltura delle origini fu una prerogativa intrinsecamente legata al sesso
femminile stesso, poiché lagricoltura delle origini era in primo luogo un rito
religioso e soltanto secondariamente una tecnica per la produzione di cibo (in Giappone,
la coltivazione del riso è tuttora avvolta da unaura religiosa, sebbene in questa
come in molte altre attività il giapponese moderno abbia raggiunto una posizione di
avanguardia sotto il profilo tecnologico rispetto al resto del mondo). Lagricoltura
era originariamente una riserva femminile poiché, per i nostri antenati del Neolitico, il
genere femminile era dotato del magico potere della fertilità, e questo potere era
proprio di tutte le donne. Era lazione della capacità ri-produttiva, non soltanto
per lumanità, ma per tutte le forme di vita, incluse le piante commestibili, che,
assistita dalla predisposizione allagricoltura della donna, produceva semi e frutti
in misura molto più abbondante rispetto alla natura selvaggia dalla quale queste piante
coltivate erano state persuase ad allontanarsi, irretite dallarte misteriosa e
maestosa della donna.
Fu un giorno nero per la donna quando luomo
inaugurò la seconda fase dello sviluppo dellagricoltura strappando la zappa dalle
sue mani e trasformandola in un aratro abbinandola alla forza muscolare di animali
addomesticati. Ciò era sacrilego, ed era anche ingiusto. Perché come avrebbero mai
potuto essere addomesticati gli animali da tiro delluomo se la magia agricola della
donna non avesse prodotto un surplus di cibo che potesse tentare delle creature selvagge a
vendersi in schiavitù allumanità in cambio della sopravvivenza assicurata che una
società umana agricola era in grado di offrire loro? Per la donna, la messa in soffitta
della sua zappa primordiale da parte dellinvadente aratro delluomo portò con
sé una catastrofica diminuzione del suo status. La donna non ha tuttora recuperato
completamente lo status che perse allora no, non lo ha fatto in America, né in
Europa e neppure in Birmania e in Africa Occidentale.
La donna venne destituita dalluomo, ma
luomo non osò mettere a repentaglio la magia della fertilità, poiché da essa
dipendeva la continuazione della vita. Le donne potevano essere destituite e umiliate, ma
le dee che erano la fonte ultima della fertilità erano sacrosante. Tali erano quindi
anche le loro sacerdotesse umane, dal momento che queste dee indispensabili esigevano che,
per quanto gli uomini potessero spingersi avanti nellusurpare le funzioni economiche
svolte dalle donne, le funzioni rituali di queste ultime continuassero a essere
rispettate. Le dee insistevano nel voler continuare ad avere come servitori degli esseri
umani che fossero loro congeniali perché erano del loro stesso sesso e avevano quindi
familiarità con il loro modo di fare e con i loro capricci.