Tra le cause delle guerre balcaniche ci sono rivalità tribali
ed etniche, ma anche forti interessi economici di decisori politici sia serbi che albanesi e traffici
internazionali illegali.
Storicamente la rotta dei traffici nei Balcani era la via della seta, ora è uno dei più
famosi percorsi del contrabbando dal Triangolo d'oro asiatico (oppio
raffinato in eroina in Turchia) verso l' Europa (l'80% del consumo) e gli Usa. La cocaina
arriva dai paesi latino-americani in Grecia e viene riesportata attraverso la Macedonia,
l'Albania, la Serbia, la Bulgaria, la Romania.
Dalle reti criminali, tollerate dai governi, traggono finanziamenti tutte le parti
in conflitto. Molti trafficanti sono legati alle truppe paramilitari serbe come le
"Tigri" di Arkan, che hanno agito in Croazia, Bosnia e Kosovo. Altri personaggi
di potere sono legati ai servizi segreti serbi e alla criminalità organizzata americana e
italiana.
Parte dei finanziamenti all'UCK provengono dal traffico di droga e di persone gestita dalla mafia
albanese. Con le guerre nell'ex Jugoslavia le rotte della droga si sono
spostate verso sud in Macedonia, Albania e Kosovo.
Centri del traffico illecito sono Cipro e la Macedonia, dove attraverso le banche,
avviene grande parte del riciclaggio del denaro sporco. A Cipro hanno sede molte
ditte serbe, particolarmente attive nel commercio di armi, che è continuato,
nonostante la proclamazione dell'embargo verso la Jugoslavia nel 1991. Si dice che
lo stesso Milosevic abbia esportato i suoi capitali a Cipro e in altre banche estere, in
particolare a Francoforte e a Londra. Il capo serbo esercita una diretta influenza sui
flussi finanziari.
Si presume molto alta la connessione tra partiti politici e affari criminali in
tutta l'area balcanica. Dopo la fine della guerra in Croazia e in Bosnia gli affari
illegali si sono concentrati a Belgrado.
La crisi della liquidità del regime serbo ha avviato il processo di privatizzazione delle
aziende, estremamente apprezzata dai mercati italiano, greco, cipriota,
francese.
Nell'area tra Serbia e Albania agiscono i cartelli della droga potenti e violenti,
che si occupano di prostituzione, droga e traffico di clandestini. Il giro
d'affari è stimato in 7 miliardi all'anno, il triplo del prodotto interno lordo
dell'Albania. Nel periodo in cui Sali Berisha è
stato capo del governo albanese, ha mantenuto contatti con i clan mafiosi e, pur
esprimendo solidarietà con gli albanesi del Kosovo, teneva anche buoni rapporti con
Belgrado. Nel '94-95 il traffico di carburante via nave dalla Grecia e dall'Italia
giungeva in Albania, e , di qui, nonostante l'embargo, in Jugoslavia, consentendone il
rifornimento.
Sempre Berisha ha accettato l'attuazione degli schemi piramidali per gli
investimenti. Gli schemi piramidali, inventati dal mafioso italo-americano Ponzi negli
anni '20, sono istituzioni irregolari simili a banche, che raccolgono valuta
pregiata, corrispondendo tassi d'interesse molto elevati, con procedimenti speculativi
altamente rischiosi. La mafia italiana ha svolto un ruolo determinante nelle
operazioni. Gli schemi piramidali si basavano su commercio di armi, droga, traffico
di clandestini, contrabbando. Alla fine del 1996 si è verificata l'implosione
dello schema e il disastro dell'economia albanese con il fallimento di molti
investitori privati.
(da:
J. Peleman, "Gli Stati-Mafia: dietro le quinte dei
regimi balcanici" in "I quaderni speciali di Limes", aprile 1999)
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