La chiesa ortodossa e la nazione serba

 


Lo storico della Chiesa Cesare Alzati commenta la posizione assunta dalla Chiesa serba, che, nel giorno della festa nazionale, (l’anniversario della battaglia di Kosovo Polje,1389), ha chiesto le dimissioni di Milosevic, riprendendo la funzione fondamentale della Chiesa ortodossa nella definizione della nazione serba.

Il brano è tratto da La Stampa ,17 giugno 1999


Martedì 15 giugno era per il popolo serbo il giorno della sua più grande festa nazionale: la commemorazione della battaglia svoltasi a Kosovo Polje nel 1389. È assolutamente singolare il fatto che una tragica sconfitta abbia costituito attraverso i secoli il riferimento ideale di un'intera nazione, che in forza della trasfigurazione religiosa e letteraria di quell’evento ha potuto sintetizzare in esso i lineamenti della propria identità e il significato della propria storia. Tale trasfigurazione era già avviata prima che nel 1459 gli ottomani cancellassero l'ultimo organismo politico serbo facendone un proprio pascialato. Da allora e per alcuni secoli la continuità della nazione nell'assenza di suoi organismi politici si realizzò soltanto grazie alla vita ecclesiale, nella quale la trasmissione della fede cri-stiana divenne anche per-petuazione di una tradizione culturale, marcata dal ricordo dei santi monarchi e dei grandi) vesco-vi medioevali, di cui le cronache e la letteratura agiografica narravano la gloria e le cui immagini erano immortalate sulle pareti degli antichi mo-nasteri. Questo fondamentale ruolo svolto dal-la Chiesa nei confronti del popolo serbo non può essere dimenticato da chi voglia comprendere anche la realtà contemporanea e le stesse recenti iniziative del patriarca e dell’episcopato ortodos-so. Poiché questa Chiesa ha storicamente garanti-to la continuità della tra-dizione nazionale e culturale serba, essa ancora oggi si sente responsabile dei suoi destini storici. E come non mancarono prese di posizione anche nei decenni scorsi quando quei destini apparivano minacciati, così ora essa — quasi assumendo su di sé la responsabilità del futuro del popolo serbo — nella presente «tragica situazione della nazione» ha voluto far sentire la sue voce chiedendo al presidente e al governo di ritirarsi dal potere «nell'interesse e per la salvezza del popolo». E’ non poco significativo che tale solenne dichiarazione sia venuta in concomitanza alla commemorazione di Kosovo Polje. È un appello che ha un qualcosa di drammatico, e tale note si accentua ancor di più in rapporto a quell'antico evento, che per molti aspetti può essere accostato all ' attuale situazione. II patriarca della Chiesa serba porta il titolo di «arcivescovo di Pec»: non possono gli ecclesiastici serbi non domandarsi che sarà del-la loro antica sede pa-triarcale, che sarà del monastero di Gracanica e di quello di Decani. Ma non possono non porsi queste domande anche coloro cui è affidata at-tualmente in Kosovo la tutela di quei monumen-ti, che sono testimoni della storia e della cultu-ra serba, ma sono altresì patrimonio della cultura mondiale e come tali devono essere salvaguardati e tutelati anche nella loro vivente continuità.


 

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