In quello (mondo) balcanico, prima
delle guerre di dissoluzione della ex- Yugoslavia, le masse sedentarie erano le grandi
città, Lubiana, Zagabria, Vukovar, Sarayevo, Belgrado, moderne e europeizzate, con quel
tanto di cosmopolitismo in più che non veniva loro solo dallonnipresente Impero, ma
da quel Mediterraneo che qui, al di là della dorsale di costa, si chiama Adriatico e
anche Mar Nero da cui sono debolmente e fatalmente separate. Le comunicazioni, invece,
sono affidate più che alle infrastrutture tradizionali (strade, ferrovie ecc.) al senso
stesso di un movimento difficilmente rintracciabile in un altro contesto, fino a cinquanta
giorni fa invisibile agli artigli delle molte guerre locali, quello rappresentato dalle
acque degli innumerevoli bacini idrografici che sinfilano fra i gradini boscosi
della cerniera di monti che segnano tutta la penisola. I confini liquidi
Dal Triglav sloveno sino al Vardar ( che i greci chiamano
Axios) lorizzonte balcanico è scavato essenzialmente dai suoi molti fiumi di cui il
Danubio, placido e navigabile (come pochi altri nella regione), è solo il supremo
opposto, la fossa confinaria, una trincea liquida fra innumerevoli limes geopolitici.
Circondato da una rete di fiumi effimeri, sotterranei o impetuosi, sempre allopera
nello scavarsi la via verso il suo letto (o i meandri della Sava e della Drina)è più
raramente al mare, il grande fiume è un confine storico, inappellabile alle leggi della
convivenza, incredibile per la verità delle culture che vi si affacciano, confondendosi e
dividendosi, e unico per il grado dinstabilità dei regni che attraversa.
I popoli della sua riva destra croati, serbi, bosniaci, kossovari sono
essenzialmente nomadi, di un nomadismo circolare che pur occupando il centro della propria
invincibile patria, non rinunciano a contaminare il cortile del vicino inoculandovi il
germe della krajna. Costretti fra il Mediterraneo e il grande Danubio (in questi luoghi
Dunav), schiacciati a nord e a sud da culture estranee e persino nemiche, esposti ai venti
che con lacqua sono i creatori di questo profilo geografico, gli slavi dei Balcani
sono, con le loro terre, il punto da cui comincia per proseguire verso est, per dirla con
Ivo Andric, ogni divisione possibile e da cui prende forma visibile, in esodi e diaspore,
il dramma di partenze e ritorni senza fine e senso apparente. Nellinterno, fra dossi
e foreste, la civiltà della comunicazione è stata costruita e distrutta,
nellindifferenza dellEuropa, decine di volte, fra il fragore di acque e i
sibili di venti inarrestabili, quasi che la natura, <<
.perduto ogni potere su
sé stessa, diventi disperato dominio e bottino degli elementi che la compongono>>.
Lì, dalle regioni dei fiumi brevi e sotterranei, in uno scenario perennemente
inselvatichito, da sempre, uomini pieni delle loro ragioni scendono dalle montagne per
itinerari e riscatti che se impediti al mare si volgono verso la grande pianura che porta
alla casa madre russa o verso il sud nellimprobabile conquista di supremazie
territoriali e culturali. Oggi, fino alle loro stesse città occupate da questo nomadismo
impazzito.
I ponti tra le culture
Eppure in nessun altra parte del mondo i fiumi sono stati,
come nei Balcani, anche limpalcatura di culture tolleranti e multietniche, sapienti
e moderne, la confusione vitale che ha rappreso in forme del tutto inedite le convivenze
di popoli, culture e religioni apparentemente inconciliabili. Solo qui, i ponti sui fiumi
(mirabili quelli che in epoca veneziana e asburgica unirono i corpi divisi delle città)
sono stati pensati e realizzati per scavalcare lincomprensione e lodio che
sera inabissato a segnare tutte le regioni della ex-Jugoslavia e sono lo specchio
che ha consentito a culture estranee di guardarsi e confondersi pur da rive diverse.
(..)
In ogni guerra si tenta di ridurre la capacità di movimento del nemico bombardando le vie
di comunicazione: in questa contro la Serbia , nella distruzione dei ponti, la Nato ha
posto una cura particolare fino a isolare completamente dal resto del paese e dagli stati
confinanti il cuore regione, riportando le sue arterie principali, la Sava, la Drina e il
Danubio, al loro antico destino d confini.
|