Jean-Marie Colombani, il giornalismo
di guerra ha invasato giornali, radio, tv
e si direbbe che non voglia smobilitare.
Come lo trova? E' all'altezza del suo glorioso passato o annaspa malgrado l'hi-tech?
Guardandosi attorno in Europa e oltreoceano, lei che dirige "Le Monde" vorrebbe
dargli una lezione? "No. Seguo abbastanza
spesso la 'Cnn'. Ci sono reportage ma pure numerose tavole rotonde sui Balcani. Mi pare
significativo che l'informazione televisiva non ricerchi l'effettaccio ma scopra con
lodevole prudenza un modo complesso, e i problemi dietro le immagini. Bisognava
riscattarsi, dopo la Guerra del Golfo. E a occhio i giornalisti - non solo tv - lo stanno
facendo. La modestia è amica della competenza. Annunciare senza veli, per esempio, che un
filmato da Belgrado ha da vedersela con la censura serba, rende un grande servizio ai
telespettatori. Sì, definirei positivo il bilancio. Ma non dimentichiamo che in Iraq
quasi non esisteva la dimensione "profughi". Se nel maggio '99 il giornalismo
esce meglio dalla crisi bellica, lo si deve in buona misura proprio alla presenza
responsabilizzante di civili kosovari".
Ma sposare in pieno la linea
Blair-Schroeder-Jospin-D'Alema, e in definitiva Nato, vi appiattisce o no?
"Per una volta che appoggiamo - e a ragione - il
governo, lasciatecelo fare in pace. Le assicuro, non è neo-conformismo. Chi attacca
"Le Monde" denunciandone la voglia di "uniformità" si esprime in
totale malafede. Il dissenso, nella fattispecie, non è una virtù. Significherebbe
presentare i boia come vittime e viceversa. Sono affermazioni pericolose, nichiliste, da
cui non lasciarsi fuorviare. Certo, la tragedia è anche serba. E noi la descriviamo
utilizzando l'insieme delle testimonianze. I lettori conoscono la guerra vista dai serbi.
E "Le Monde" pubblica prese di posizione favorevoli a Belgrado. Ma qui non è in
gioco il pluralismo, bensì un popolo che si vorrebbe liquidare. Riconoscendo come
legittimo l'intervento euroamericano, la gauche e la sinistra europea in generale stanno
lasciandosi alfine dietro le spalle una lunga ipocrisia. Parigi deve inoltre farsi
perdonare l'inescusabile partigianeria filoserba mitterandiana.malgrado le apparenze,
Mitterrand aveva li cuore a destra: ecco l'ennesima conferma".
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