La Propaganda


Noam Chomsky, uno dei massimi studiosi della lingua, condanna il comportamento dei paesi occidentali e il ruolo di propaganda più che di informazione della comunicazione a sostegno della guerra aerea.

I brani sono tratti da Ma è stata una vittoria ? in "Internazionale" 18/24 giugno 1999, pp.23-24.

Fin dall'inizio, i bombardamenti sono stati pubblicizzati come una questione di portata cosmica, una sorta di test per un Nuovo Umanesimo, in cui gli "Stati illuminati" (Foreign Affairs) inaugurano una nuova era della storia dell'uomo, guidata da un "nuovo internazionalismo, dove la repressione brutale di interi gruppi etnici non sarà più tollerata" (Tony Blair). Gli Stati illuminati sono gli Stati Uniti e il loro socio britannico, e forse anche altri che vengono ammessi alle loro crociate per la giustizia.

A quanto pare, il rango di "Stati illuminati" viene conferito per definizione. Non si riesce a trovare alcun tentativo di dimostrare questo rango, certamente non su basi storiche. La storia va comunque liquidata come irrilevante in base alla nota teoria del "cambiamento di rotta", regolarmente invocata nelle istituzioni ideologiche per relegare il passato nelle zone più remote della memoria, evitando quindi di dover rispondere alle domande più ovvie : dal momento che le strutture istituzionali e la distribuzione del potere sono praticamente le stesse, perché ci dovremmo aspettare una svolta politica radicale, o un cambiamento di qualche tipo, che non sia mero aggiustamento tattico ?

ma questo tipo di domande non sono all'ordine del giorno. "Fin dall'inizio, il Kosovo ha posto il problema di come dovremmo reagire noi americani quando succedono cose brutte in posti poco importanti", ha spiegato l'analista globale Thomas Friedman sul New York Times quando è stato annunciato l'Accordo. Friedman ha continuato lodando gli Stati illuminati per aver conseguito il principio morale secondo cui "una volta cominciate le deportazioni dei profughi, ignorare il Kosovo sarebbe stato un errore... e pertanto l'unica cosa sensata era usare una colossale operazione aerea per un obiettivo limitato".

Un piccolo problema è che la preoccupazione per le "deportazioni di profughi" non può essere stata la causa della "grande guerra aerea". L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur) ha dato notizia dei primi profughi recensiti fuori dal Kosovo (quattromila) il 27 marzo, tre giorni dopo l'inizio dei bombardamenti. Il loro numero non ha fatto che crescere fino al 4 giugno.
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E' indiscutibile che la "grande guerra aerea" ha fatto precipitare la situazione in una drammatica escalation di pulizia etnica e altre atrocità. Lo sostengono coerentemente i corrispondenti sul posto e le analisi retrospettive apparse sulla stampa. Lo stesso quadro emerge persino dai due documenti più importanti che tentano di giustificare i bombardamenti come una reazione alla crisi umanitaria in Kosovo. Il più esteso, pubblicato dal Dipartimento di Stato a maggio, è giustamente intitolato "Cancellare la storia : la pulizia etnica in Kosovo", l'altro è l'incriminazione di Milosevic e dei suoi compagni da parte del Tribunale Internazionale sui crimini di guerra in Jugoslavia dopo che Stati Uniti e Gran Bretagna "hanno aperto la strada a un'incriminazione decisamente veloce fornendo al procuratore Louise Arbour accesso alle informazioni dell'intelligence e ad altri dati che le erano stati a lungo negati dai governi occidentali". Questo è quanto riferisce il New York Times in due pagine dedicate all'incriminazione.

I due documenti sostengono che le atrocità sono cominciate "il primo gennaio o intorno a quella data". In entrambi i documenti, tuttavia, la cronologia dettagliata dei fatti rivela che le atrocità sono continuate all'incirca come prima, finché i bombardamenti non hanno portato a una forte escalation.

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