Fin dall'inizio, i bombardamenti sono
stati pubblicizzati come una questione di portata cosmica, una sorta di test per un Nuovo
Umanesimo, in cui gli "Stati illuminati" (Foreign Affairs) inaugurano una nuova
era della storia dell'uomo, guidata da un "nuovo internazionalismo, dove la
repressione brutale di interi gruppi etnici non sarà più tollerata" (Tony Blair).
Gli Stati illuminati sono gli Stati Uniti e il loro socio britannico, e forse anche altri
che vengono ammessi alle loro crociate per la giustizia. A quanto pare, il rango di "Stati illuminati" viene conferito per
definizione. Non si riesce a trovare alcun tentativo di dimostrare questo rango,
certamente non su basi storiche. La storia va comunque liquidata come irrilevante in base
alla nota teoria del "cambiamento di rotta", regolarmente invocata nelle
istituzioni ideologiche per relegare il passato nelle zone più remote della memoria,
evitando quindi di dover rispondere alle domande più ovvie : dal momento che le strutture
istituzionali e la distribuzione del potere sono praticamente le stesse, perché ci
dovremmo aspettare una svolta politica radicale, o un cambiamento di qualche tipo, che non
sia mero aggiustamento tattico ?
ma questo tipo di domande non sono all'ordine del giorno.
"Fin dall'inizio, il Kosovo ha posto il problema di come dovremmo reagire noi
americani quando succedono cose brutte in posti poco importanti", ha spiegato
l'analista globale Thomas Friedman sul New York Times quando è stato annunciato
l'Accordo. Friedman ha continuato lodando gli Stati illuminati per aver conseguito il
principio morale secondo cui "una volta cominciate le deportazioni dei profughi,
ignorare il Kosovo sarebbe stato un errore... e pertanto l'unica cosa sensata era usare
una colossale operazione aerea per un obiettivo limitato".
Un piccolo problema è che la preoccupazione per le
"deportazioni di profughi" non può essere stata la causa della "grande
guerra aerea". L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur) ha
dato notizia dei primi profughi recensiti fuori dal Kosovo (quattromila) il 27 marzo, tre
giorni dopo l'inizio dei bombardamenti. Il loro numero non ha fatto che crescere fino al 4
giugno.
(..)
E' indiscutibile che la "grande guerra aerea" ha
fatto precipitare la situazione in una drammatica escalation di pulizia etnica e altre
atrocità. Lo sostengono coerentemente i corrispondenti sul posto e le analisi
retrospettive apparse sulla stampa. Lo stesso quadro emerge persino dai due documenti più
importanti che tentano di giustificare i bombardamenti come una reazione alla crisi
umanitaria in Kosovo. Il più esteso, pubblicato dal Dipartimento di Stato a maggio, è
giustamente intitolato "Cancellare la storia : la pulizia etnica in Kosovo",
l'altro è l'incriminazione di Milosevic e dei suoi compagni da parte del Tribunale
Internazionale sui crimini di guerra in Jugoslavia dopo che Stati Uniti e Gran Bretagna
"hanno aperto la strada a un'incriminazione decisamente veloce fornendo al
procuratore Louise Arbour accesso alle informazioni dell'intelligence e ad altri dati che
le erano stati a lungo negati dai governi occidentali". Questo è quanto riferisce il
New York Times in due pagine dedicate all'incriminazione.
I due documenti sostengono che le atrocità sono cominciate
"il primo gennaio o intorno a quella data". In entrambi i documenti, tuttavia,
la cronologia dettagliata dei fatti rivela che le atrocità sono continuate all'incirca
come prima, finché i bombardamenti non hanno portato a una forte escalation.
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