La transizione dal comunismo


La transizione dal comunismo alle democrazie occidentali si presenta in alcuni paesi piena di contraddizioni, con risultati a volte desolanti.
Lo scrittore slavo Predrag Matvejevic afferma che nei paesi dell’est le società sono esplose, perché hanno perso i livelli di sicurezza garantiti dai regimi comunisti e la democrazia è proclamata, ma non è credibile: si auspica l’emancipazione, ma nello stesso tempo rimane l’assoggettamento al passato, proprio perché se ne vuole rimuovere la memoria. In realtà, piuttosto che di democrazia bisognerebbe parlare di democratura. E nello stesso tempo si è verificata una crisi di credito della cultura, poiché mancano idee forza e vi è una deficienza di valori. La gente vive nella dispersione e nel disorientamento.

I due brani sono tratti dall’articolo Dal comunismo allo sfascio una transizione fallita in "La Repubblica", 2 giugno 1999.

L’unione europea si preoccupa poco del suo proprio Sud e dello stesso Mediterraneo: dalle sue rive molti constatano, con amarezza, che si costruendo <<un’Europa senza la culla dell’Europa>>.
Sugli spazi molto estesi di un <<mondo ex>>, ci si confronta con una realtà che sembra già compiuta pur senza concludersi. E’ una situazione difficile da sopportare e dalla quale non ci si riesce facilmente ad affrancare. <<Paludismo morale e sociale nello stesso tempo >>, sarebbe una diagnosi abbastanza approssimativa di questo stato d’animo. Molti becchini si danno invano da fare, senza riuscire a sbarazzarsi delle spoglie. E’ un ruolo tutt’altro che sgradevole.
Più di un regime proclama in modo ostentato la democrazia senza pervenire a fornire un’apparenza un poco credibile : tra passato e presente si determina uno iato, tra presente e avvenire l’ibrido incontro tra un’auspicio di emancipazione e un residuo di assoggettamento. Da più di sette anni, io chiamo questo non- luogo ambiguo con il nome di democratura. Non so quanto si attagli esattamente alla realtà che vorrei definire nell’Altra Europa e altrove.
Vi incontriamo molti eredi senza eredità.
Si fanno spartizioni senza che rimanga granchè da spartire. Si è creduto di conquistare il presente e non si riesce a dominare il passato. Vi nascono certe libertà senza che si sappia sempre cosa farne e rischiando di abusarne. In quei paesi è stato necessario difendere un patrimonio nazionale – ed oggi bisogna difendersi da quello stesso patrimonio. Altrettanto dicasi per la memoria: di doveva salvaguardarla – ed essa sembra adesso voler punire quelli che la volevano salvare. I regimi totalitari lasciano dietro di sé un’ansia di totalitarismo. Le nazioni marginalizzate della storia, con l’aspirazione di farsi avanti, coltivano uno storicismo retrogrado.
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Non si tratta più di una semplice crisi culturale, ma di ben altro: di una crisi di credito nella cultura. Il ritorno al passato è soltanto una chimera, il ritorno del passato è una vera sciagura. Riprendere le forme più primitive del capitalismo – che lo stesso capitalismo contemporaneo ha abbandonato – non può sostenere nessun tipo di ricostruzione né incoraggiare rinnovamenti di sorta. L’idolatria dell’economia di mercato dà scarsi risultati laddove manca lo stesso mercato, vuol dire la mercanzia! I risultati della democrazia borghese, che quelle <<democrature>> cercano di fare propri, non possiedono, nemmeno essi, valori universali. Le conoscenze in materia di riformatori occasionali sono spesso limitate.
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