D. : Per circoscrivere il tema di questa
conversazione potremmo dire che da una parte c'è la questione
israelo-palestinese, con la sua dimensione storica e religiosa,
nonché la sua attualità politica immediata, dall'altra parte c'è la
questione che , più o meno impropriamente, viene definita del "fondamentalismo
islamico". In qualche modo queste due tematiche si intrecciano,
per certi altri versi esse sono nettamente distinte. Il primo passo
potrebbe essere di vedere fin dove si intrecciano e fin dove no.
R.: Penso che i problemi siano intrecciati ma anche
distinti per un fatto molto importante, e cioè che il problema
israelo-palestinese è emerso dagli anni '30 e poi ha attraversato le
varie tappe del conflitto arabo-israeliano dal 1948 in avanti. Le
origini sono nella Dichiarazione Balfour del 1917, e nel 1917 il
radicalismo, o fondamentalismo, islamico non esisteva. Le origini e lo
sviluppo del radicalismo islamico emergono successivamente, anzi sono
convinto del fatto che l'autentico problema del radicalismo islamico
emerga dopo la sconfitta del nasserismo. È dopo la fine della guerra
dei sei giorni, nel 1967, che il problema del radicalismo diventa
veramente un problema sovranazionale e non un problema relativo ad
alcuni paesi arabi. C'è dunque questa considerazione da fare sul
fatto che i due problemi originariamente non si sovrappongono. È
bensì vero che i Fratelli Musulmani nel 1948 hanno dato un notevole
contributo alla prima guerra arabo-israeliana inviando volontari al
fronte, però lì non c'era un coinvolgimento del radicalismo islamico
in quanto tale bensì si poneva la questione del rapporto tra questa
entità che si stava formando, lo stato d'Israele, che gli arabi
sentivano come un'entità spuria inserita a forza nel quadro
mediorientale, e gli arabi stessi. In questo caso specifico i Fratelli
Musulmani rappresentavano l'Islam, non necessariamente l'Islam
radicale o fondamentalista, in quanto religione della maggior parte
degli arabi, che si sentivano sfidati sul loro terreno. C'è dunque
questa prima distinzione da fare, e poi c'è il fatto, forse difficile
da comprovare ma secondo me effettivo, che il radicalismo islamico in
Palestina è nato in coincidenza con l'arretramento delle forze laiche
palestinesi, come Al-Fatah. Io penso si possa dire che
l'emergere di Hamas e di altri gruppi radicali palestinesi è
parallela alla sconfitta di Arafat che, secondo me, dimostra oggi di
aver perso il controllo del movimento palestinese. Il tentativo di
Sharon e del governo israeliano di eliminare Arafat non risolverebbe
dunque il problema del terrorismo e della lotta palestinese.
D.: Sembra ci sia un interesse del governo
israeliano a indebolire la dirigenza laica del movimento palestinese
quasi come se si preferisse, stando a quello che si fa e non a quello
che si dice, che subentri una dirigenza di tipo religioso. Quale
razionalità si può trovare in questo, secondo te?
R.: L'ipotesi razionale che mi viene in mente è
che, dato che i radicali islamici sono meno disponibili ad arrivare ad
accordi e Arafat ha già detto di riconoscere l'esistenza di Israele,
è ovvio che con i musulmani palestinesi non sarebbe possibile alcun
accordo. E forse è questo che Sharon vuole: arrivare ad uno scontro
frontale in modo da eliminare definitivamente il movimento
palestinese. Certo, non può eliminare i palestinesi in quanto tali,
ma può distruggere il movimento palestinese evitando di scendere ad
accordi con loro, accordi che forse Arafat poteva accettare. È vero
che Arafat non ha accettato le proposte di Barak, e questo
probabilmente è stato un errore da parte sua. È chiaro che se si ha
di fronte un nemico radicale, deciso ad arrivare allo scontro fisico,
si evita qualsiasi mediazione. Questa mi sembra una spiegazione
plausibile di una scelta, se di scelta si può parlare. Una scelta
militare, d'altronde Sharon è un militare... È vero che anche Rabin
e Barak erano dei militari, ma ci sono modi diversi di esserlo..
D.: Quale ruolo può avere l'Europa rispetto a
queste prospettive?
R.: L'Europa potrebbe avere un ruolo molto
importante, però sarebbe necessario che l'Europa acquisisse una
dimensione autonoma di politica estera. Gli U.S.A. hanno avuto una
politica: Clinton ha cercato, forse anche per prestigio personale, di
portare palestinesi e israeliani al tavolo della trattativa; Bush in
questo primo anno del suo governo ha mantenuto un atteggiamento
ambivalente, cercando di dare un colpo al cerchio e un colpo alla
botte. L'Europa avrebbe qualcosa da dire se avesse una politica estera
autonoma, e invece le differenze tra i paesi europei ci sono: la Gran
Bretagna ha una politica estremamente appiattita su quella
statunitense, la Francia ha sempre avuto una politica più autonoma.
Poi c'è un altro problema, e cioè che la Francia e l'Inghilterra,
che sono state le due potenze mandatarie in Medio Oriente e che si
sono divise la responsabilità della neocolonizzazione da un lato e
della decolonizzazione dall'altro in questa area, ad un certo punto
sono state espulse dall'area nel 1956, quando i problemi della guerra
fredda e le grandi rivalità che sono esistite tra U.R.S.S. e U.S.A.
hanno fatto sì che fossero queste due superpotenze, e in primo luogo
gli Stati Uniti per i loro rapporti con molti dei regimi moderati dei
paesi arabi, a gestire i problemi del Medio Oriente e ad espellere
l'Europa dallo scacchiere mediorientale. L'Europa dovrebbe riprendere
a svolgere un ruolo però, anche in occasione di questi tragici mesi
della seconda Intifada, l'Europa è rimasta silente, non mi
pare che abbia gettato sul piatto della bilancia il suo peso politico.
D.: Riguardo alla Francia, che ha una tradizione di
rapporto con il mondo arabo e la cui popolazione.....
R.: ..ma c'è anche l'Inghilterra, dove la
minoranza musulmana è notevole, mi pare che siano tra i due e i tre
milioni i musulmani in Inghilterra. La differenza sta nel fatto che,
mentre la componente musulmana francese è essenzialmente una
componente araba, nella componente musulmana inglese c'è una notevole
parte di musulmani indiani, pakistani sostanzialmente. L'islamismo
arabo e l'islamismo pakistano sono diversi, sono due modi diversi di
intendere l'Islam anche se Mawdudi e Qutb, l'uno pakistano e l'altro
egiziano, sono all'origine del movimento islamico radicale
contemporaneo dopo gli anni '70. Si tratta di due fenomenologie
diverse....
D.: Per gli stati e le società europei si pone
comunque un problema, che è quello del rapporto tra la posizione da
assumere sulla questione palestinese e i difficili, quando non
osteggiati, processi di integrazione degli immigrati arabi e
musulmani..
R.: Io credo che al processo di integrazione non
sia possibile porre limiti, trovo che siano assolutamente velleitarie
le posizioni di forze come la Lega in Italia o Le Pen in Francia, che
pretendono di salvaguardare una sorta di limpieza de sangre,
una cosa assurda e ridicola che non è neanche razzista ma
semplicemente senza senso. Per quanto riguarda la Francia bisogna
comunque dire che Chirac ha sempre avuto una politica aperta nei
confronti del mondo arabo e del Medio Oriente.