D.:
.a partire da questo sarebbe interessante
approfondire la questione del rapporto con la modernità, della quale
la democrazia è certamente un elemento importante. A proposito della
questione mediorientale si contrappone Israele, una società
democratica con un Parlamento regolarmente eletto, a un mondo arabo
presentato come teocratico o comunque non democratico.
R.: I regimi arabi sono dei regimi indubbiamente
non democratici, ma non hanno in nessun modo una legalizzazione
religiosa. A parte le monarchie come il Marocco o la Giordania, basta
pensare alla Siria, alla Tunisia, allEgitto e da un certo punto di
vista anche alla Libia, anche se Gheddafi ha sempre detto di essere lautentico
interprete dellIslam e ha sempre cercato di fare un discorso di
tipo populista. Però questi Stati, nei quali cè un regime di
controllo poliziesco molto forte, non sono legati allIslam, non
hanno niente a che fare con lIslam. Costruire un collegamento o una
sovrapposizione tra lIslam e lassenza di democrazia non risponde
a verità. Stabilire un legame meccanico tra tipi di religione e forme
della democrazia porta a fare presupposizioni arbitrarie e a trarre
conclusioni errate del ragionamento.
D.: Ritornando alla questione della modernità
.
R.:
si tratta di una questione enorme e
difficile da analizzare. A un certo punto il mondo arabo-islamico ha
vissuto un momento di chiusura su se stesso. Montgomery Watt nel libro
Islamic Fundamentalism and Modernity (Routledge, London 1988)
dice che questo dipende da quello che lui chiama autosufficiency:
i musulmani avrebbero sviluppato unidea di autosufficienza per cui,
diversamente da quello che è successo per esempio in Europa,
avrebbero creduto che le risposte definitive a tutti i problemi
fondamentali fossero già state date e che quindi non ci fosse più
niente da scoprire. Ci sono state ragioni di tipo economico, sociale,
o che si possono far risalire allevoluzione del pensiero politico,
ma indubbiamente tra il XV secolo e la fine del XVIII secolo il mondo
islamico ha vissuto chiuso su se stesso. Ad un certo punto cè
stato lo scontro con lOccidente, la data-simbolo è quella del
1798, anno della spedizione francese guidata da Napoleone in Egitto.
Il vero momento di incontro/scontro è dato comunque dal colonialismo,
quando le potenze europee hanno deciso di sottoporre i paesi islamici,
arabi e non arabi, al dominio coloniale. Lì cè stato lo scontro
con la modernità, che ha provocato atteggiamenti diversi:
accettazione, emulazione, rifiuto pacifico, rifiuto radicale. Laccettazione
vuol dire accettazione acritica dellOccidente, per cui ci sono oggi
nei paesi arabi pensatori, come Sadiq Jalal al-Azm in Siria o Fuad
Zakariya in Egitto, che hanno sostenuto che lIslam è da prendere e
buttare nella pattumiera. Poi cè stato il tentativo di emulazione
e, per esempio, ci sono state persone come Taha Husayn in Egitto nella
prima metà del XX secolo, o Sayyed Ahmad Khan in India nell800,
che hanno sostenuto la possibilità di emulare lOccidente senza
buttare a mare lIslam. Ci sono stati poi musulmani che hanno
confermato lIslam e si sono confrontati con lOccidente in
maniera pacifica, e questi sono i salafisti: Mohammed Abduh,
Jalal al-Din al-Afghani, e anche Hassan al-Banna, il fondatore dei
Fratelli Musulmani. Tra questi cè Mohammed Iqbal, in Pakistan, che
ha sostenuto che le radici della modernità europea sono musulmane,
per cui il metodo empirico dellOccidente ha in realtà radici
islamiche. E infine ci sono quelli, i musulmani radicali come Qutb,
che hanno avuto nei confronti della modernità un atteggiamento di
netto rifiuto e di contrapposizione, tali da portare anche al punto di
impugnare le armi. Come vedete, ci sono atteggiamenti diversi e tra
loro non conciliabili, come ad esempio Mohammed Arkoun, che è uno che
dice di essere un musulmano integrale e che ha accettato certe
strumentazioni soprattutto metodologiche dellOccidente. Ci sono
delle fenomenologie estremamente diversificate. I musulmani radicali
derivano spesso dalle frange dei laureati disoccupati e non dalle
facoltà umanistiche ma dalle facoltà scientifiche. E questo è una
dimostrazione ulteriore del fatto che il movimento islamico radicale
è un movimento moderno, per cui cè una reazione alla modernità,
da parte dei musulmani radicali, tale da assorbire certe strutture, o
strumenti, della modernità e contemporaneamente rifiutarne gli esiti
e le implicazioni più pericolose. Si veda, per esempio, luso delle
videocassette: lo sceicco Kishk ha diffuso la sua predicazione nel
mondo arabo attraverso videocassette o DVD.
D.: Ancora sul rapporto tra Islam e modernità: si
afferma spesso che questo rapporto si ferma alluso strumentale
della tecnica, ma non è luso della razionalità scientifica, lacquisizione
di un progetto
R.: Questo è vero, per esempio Nasr Hamid Abu Zayd,
che è uno degli intellettuali laicisti di punta del mondo islamico
contemporaneo, sostiene in maniera molto chiara che latteggiamento
mentale con cui i musulmani si avvicinano a questi problemi è un
atteggiamento che lui chiama "mitico". Questo è un grosso
problema. Vi segnalo a questo proposito un libro appena pubblicato da
Cortina e da me curato: Ahmed Djebbar, Storia della scienza
araba, Cortina, Milano, 2002. Come mai lIslam, che ha avuto una fiorente tradizione
scientifica, non ha conosciuto la Rivoluzione Scientifica? Una
tradizione scientifica che risale a molti secoli prima di quella
occidentale non ha prodotto né un Galileo, né un Cartesio, né un
Newton. Le riposte a questa domanda sono molto complicate, ma questo
è il dato di fatto da cui partire. Il problema è che il mondo
islamico è un mondo estremamente contraddittorio. Sarebbe importante
far capire alla gente, e prima di tutto agli insegnanti, che il mondo
islamico non è un mondo monolitico. Molte questioni, basti pensare al
ruolo delle donne e a come su questo ci siano molte affinità tra le
culture cattolica, ebraica, musulmana, hanno a che fare più con lantropologia
che con la religione. Il fisico pakistano Abdus Salam, che era un
musulmano credente anche se, mi pare, apparteneva allAhmadiyyah,
una setta eterodossa, ha sempre sostenuto di non aver mai visto
contraddizione tra la scienza e la religione perché sono due ambiti
che non si toccano e che si sviluppano parallelamente
D.:
come dice Averroè
R.:
.più che Averroè, gli averroisti
D.: Per concludere, proporrei due punti da
discutere: a) il film di Youssef Chahine Il destino (al-Masir),
1997: ritieni
che possa costituire un buon punto di partenza per affrontare alcune
delle questioni di cui abbiamo parlato?; b) lArabia Saudita: si
tratta di una realtà estremamente contraddittoria nel rapporto del
mondo arabo con la modernità e lOccidente. Come si colloca
rispetto allo schema che hai prima delineato riguardo a questo tema?
R.: Per quanto riguarda il film di Chahine io penso
che, a parte il suo valore in sé sul quale non mi soffermo, bisogna
chiedersi tre cose: 1. perché Chahine ha fatto questo film; 2. qual
è la figura di Averroè che ne emerge e se Averroè era veramente
così; 3. qual è limportanza di Averroè nella filosofia e nel
pensiero islamico contemporaneo. Chahine voleva fare un film per
dimostrare che anche nel mondo islamico ci sono elementi di
liberalismo e chiaramente il suo target erano i fondamentalisti,
o radicali, o islamisti. E un film eminentemente politico, che
vuole denunciare certe storture e certe esagerazioni dellislamismo
radicale in nome di una visione dellIslam più ampia e tollerante.
Da questo punto di vista può essere utile per introdurre una
discussione con gli studenti su questi problemi. Bisogna però fare
due precisazioni relative ad Averroè: la prima è che Averroè non
era certamente quello che fanno vedere nel film, nel senso che secondo
me, come ho scritto nellintroduzione alledizione italiana a Lincoerenza
dellincoerenza [UTET, Torino, 1997], egli era un intellettuale
organico degli Almohadi, era cioè legato al potere dominante e si è
fatto portavoce della riforma politica del Califfato Almohade. Non
posso qui entrare nei particolari, ma la figura di Averroè presentata
nel film è una figura in parte deformata. La seconda precisazione è
che oggi cè nel mondo islamico, soprattutto nel mondo arabo, un
ritorno di Averroè, nel senso che egli viene oggi esaltato dai
filosofi arabi islamici come un eroe del razionalismo. Su questo tema
io sto lavorando e questo discorso è estremamente importante. Cè
un libro molto bello di uno studioso tedesco, Anke von Kugelgen, che
si intitola Averroes und die Arabische Moderne (Brill, Leiden,
1996), in cui viene fatta unanalisi sistematica del modo in cui i
pensatori arabi contemporanei hanno reagito allaverroismo e
Averroè è diventato il difensore del razionalismo ben oltre quanto
egli voleva effettivamente sostenere; e questo sembra essere il
destino che ha sempre avuto. Per quanto riguarda la questione dellArabia
Saudita: indubbiamente questo paese è una raffigurazione del crogiolo
di contraddizioni che abbiamo cercato di individuare prima. Io penso
che nella tassonomia che ho proposto prima (accettazione acritica,
emulazione, islamismo che si confronta, rifiuto radicale) lArabia
Saudita ricada nella terza categoria, cioè nel tentativo molto
difficile di far convivere la tradizione antiutopistica dellIslam,
e quindi unimmagine dellIslam che fa riferimento ancora alle
tradizioni, che si richiama allo stato e allesperienza del Profeta,
con certe chiusure che questa tradizione ha portato con sé, per
esempio il fatto che le donne non possano guidare la macchina, anche
se in Arabia Saudita ci sono oggi molte donne che lavorano in
fabbrica. Contemporaneamente cè la variabile estremamente
importante del petrolio, che è un elemento di modernizzazione per
quanto riguarda la gestione pratica di questa eccezionale risorsa, per
cui la famiglia reale saudita ha personaggi che sanno muoversi con
grande abilità nel mondo occidentale. Nello stesso tempo, il regime
saudita deve gestire il ruolo di difensore dei luoghi santi e di
sostenitore di una politica tradizionalista. LArabia Saudita ha
finanziato e tuttora finanzia certe organizzazioni radicali islamiche
nei paesi arabi e dallaltra parte, durante la guerra del Golfo, ha
fatto venire lesercito U.S.A. sul suo territorio per bombardare lIrak.
E un atteggiamento contraddittorio, secondo me esemplificativo di
quella dialettica estremamente viva e stridente che esiste tuttora nel
mondo musulmano tra la tradizione e la modernità. I musulmani stanno
vivendo ancora la crisi della modernità, non sono ancora riusciti a
trovare un equilibrio stabile e una via di uscita, come invece hanno
fatto lebraismo, anche ortodosso, e la Chiesa cattolica, per
arrivare a patti con la modernità tecnologica. Finché questa
contraddizione non verrà risolta certamente il mondo arabo-islamico
sarà un mondo in crisi, che potrà dar luogo a degli scossoni. Con
questo noi occidentali non possiamo però aspettarci che nel mondo
arabo-islamico la modernità sia la brutta copia della modernità
occidentale. Noi non possiamo chiedere ai musulmani di buttare a mare
lIslam. Il problema molto grosso è quello di riuscire a trovare
una convivenza tra una religione e unideologia, che per sua natura
è, specialmente nel mondo sunnita, letteralista per cui cè un
problema di esegesi testuale, quello che dice Nasr Hamid Abu Zayd nel
libro Critique du discours religieux (Sindbad-Actes Sud, Paris
1999). La cultura musulmana è da una parte una cultura olistica, una
cultura in cui lintero, la Comunità, prevale sulla parte, lindividuo,
e, daltra parte, è una cultura del testo. Ora, questo è il
problema che probabilmente avrà bisogno di molti anni per potere
essere non dico risolto, ma affrontato proficuamente.
D.: Mohammed Talbi, intellettuale musulmano
tunisino, (cfr.: Mohammed Talbi, Guerra santa allIslam liberale,
in "Il Sole-24 ore. Domenica" , 21/4/2002, pag. 39) dice che occorre
andare allintenzione nel testo, e separare il testo così come si
è configurato storicamente dallintenzionalità che lo anima.
Sembra che nella cultura musulmana non ci sia spazio per lesegesi,
per uno sviluppo dellermeneutica
..
R.:
il problema è proprio questo: dato che il
Corano è parola diretta di Dio, parola letterale di Dio, come fai a
fare ermeneutica sulla parola letterale di Dio?
D.: Non è stato fatto con la Bibbia?
R.:
sulla Bibbia è stato fatto, ma da parte di
studiosi che si rapportavano ad essa in maniera diversa e poi nella
Bibbia in qualche modo cè una mediazione umana. Invece nel mondo
islamico cè proprio lidea del Corano come parola letterale di
Dio, quindi quando tu senti il Corano è come se, inserendo una
cassetta in un registratore, sentissi la voce di Dio. Questo problema
del testo, che io adesso sto banalizzando, è un problema enorme nella
cultura islamica e araba in particolare. Tutti quei paesi, come il
Sudan o lArabia Saudita o in parte lIran di Khomeini, che
vogliono applicare la Sharia la vogliono applicare in maniera
letterale. Ha ragione a questo punto Talbi, quando dice che bisogna
vedere il testo e lintenzione. Come dice anche Mahmud Taha, quando
distingue tra Corano meccano e Corano medinese: il primo è il Corano
universale, dove cè la seconda missione dellIslam, il secondo
è invece il Corano storicamente rivelato a una comunità che in uno
specifico momento della storia ha realizzato una forma di Stato
islamico. Secondo me questo aspetto dellermeneutica è dunque
assolutamente essenziale.