L'architettura razionalista (e "l'altra")

  E’ alla luce di questa articolata, ma chiarissima presa di posizione in merito alla necessità di progettare e costruire nello "stile di oggi", che si può correttamente comprendere l’appoggio dato da Poligono ai giovani architetti razionalisti.

  In particolare, il Giolli, pur poco studiato come critico e storico dell’arte, è di solito ricordato eminentemente come sostenitore appunto dell’architettura razionalista (36), senza però - a mio parere - contestualizzare adeguatamente il suo favore, in rapporto all’"altra" architettura contemporanea : la novecentista. E’ una valutazione parziale e fuorviante ; l’architettura razionalista infatti, sia in Poligono, sia nell’opera del Giolli, è sostenuta in quanto una delle forme d’architettura attuale, una soluzione alla "crisi della casa" (alla crisi della progettazione), ma non l’unica : anche se senz’altro la più moderna, la più rappresentativa dell’esigenza di rinnovamento nel tempo presente.

  Come nella pittura, e in generale in tutte le arti di tutti i tempi, ove ci sia autenticità dell’espressione artistica, a prescindere da gruppi e tendenze e categorie di appartenenza, il Giolli formula un giudizio positivo (naturalmente, poi entrerà nel merito della singola opera, del singolo artista con una specifica valutazione qualitativa).

  Un anno cruciale per il movimento razionalista italiano è il 1928, che vede svolgersi la I Esposizione d’Architettura Razionale a Roma, in occasione della quale Poligono ospita un importante documento redatto da Adalberto Libera e Gaetano Minnucci (due dei promotori). E’ una dichiarazione-manifesto di presentazione (37) , in cui i due architetti insistono sul concetto di novità dell’architettura razionalista, parlando di "nuovo spirito", di "nuova e diversa sensibilità che, in armonia con l’ambiente, costituisce la caratteristica dell’epoca nuova". Di grande interesse la precisazione che "razionale" è epiteto non perfettamente aderente a quanto si voleva esprimere, necessariamente riduttivo se applicato ad un’opera che - come quella architettonica - deve essere "anche arte" ; è comunque l’aggettivo più adatto a designarne la non-arbitrarietà. Rivolgono infine, "con vero spirito fascista", un appello ai giovanissimi a "ritornare quello che furono gli antenati fondatori di imperi : costruttori", liberandosi dal vecchiume della decadenza decorativista : "questa architettura assumerà sempre più il carattere nazionale" (38) . Per il regime, invece, negli anni seguenti, romanità significherà soprattutto retorico monumentalismo. … … …

  Per quanto riguarda l’architettura novecentista, già nel terzo numero di 1927 il Giolli stesso scrive della Casa dei Fasci di Milano, di Paolo Mezzanotte (39), di cui sottolinea l’organicità della progettazione (compresi gli interni) e la valida soluzione della facciata, nettamente unitaria, in cui si accordano saldezza plastica e lieve grazia cromatico-decorativa. Questo articolo viene ricordato dal De Seta (40) ("assai poco felice commento") come una delle "sbandate" del Giolli, "un suo cedimento al dilagante conformismo", che però - essendo "uomo onesto ed integro" - ebbe la forza morale di superare. Ora, se è vero che in questo caso il tono del Giolli non è visceralmente antifascista (è al limite questo che gli si potrebbe rimproverare), è altresì vero che il suo antifascismo e la sua autonomia di giudizio erano ben prima di questa data fuori discussione, come è altrettanto vero che la sua posizione politica non gli impediva di guardare la Casa dei Fasci come opera formale, di architettura. E tra l’altro è in ottima compagnia : Corrado Maltese nella sua celebre Storia dell’arte in Italia, 1785-1943 (41) cita infatti la facciata di questo edificio, definendola "piranesiana", come uno dei più rilevanti esempi di "rinnovato classicismo" novecentista milanese (con la Ca’ Brüta di Muzio e il Monumento ai Caduti in Piazza S.Ambrogio), ispirato al "neoclassicismo europeo settecentesco".

  Nel 1929, il Giolli tornerà ad occuparsi di Paolo Mezzanotte, con un’ampia disamina del suo Palazzo della Borsa di Milano (42), di cui pubblica il primo progetto, rifiutato, e il secondo, accettato ; dei quali - ça va sans dire - preferiva quello respinto, più originale e coraggioso nella sua semplificata romanità. La facciata della seconda versione, essendo meno potente, più agile e mossa, stacca meno rispetto agli edifici limitrofi. Non dimentica inoltre di far notare che il Palazzo, aprendosi su di una nuova piazza, genera un "singolare e notevole problema urbanistico". … … …

  Rimane da sottolineare il fatto che era praticamente eccezionale in una rivista d’arte - e non in un periodico tecnico d’architettura - la pubblicazione di disegni e progetti, oltre che delle solite fotografie, a cui era abituato un pubblico non specialistico.

NOTE

36. Cfr. Raffaello Giolli, L’architettura razionale (antologia di scritti 1914-1944, a c. e con introduzione di C. De Seta), Roma-Bari, Laterza, 1972 (il saggio sul Giolli è ristampato in C. De Seta, Il destino dell’architettura. Persico, Giolli, Pagano, Roma-Bari, Laterza, 1985) e G.Veronesi, Difficoltà politiche dell'architettura in Italia (1920-1940), Milano, Libreria Editrice Politecnica Tamburini, 1953. torna su

37. Cfr. Gaetano Minnucci e Adalberto Libera, La I Esposizione d’Architettura Razionale a Roma, in 1928, n°8. torna su

38. Corredano il testo progetti di Minnucci, Rustichelli, Rosi, Cuzzi e Gyra, Libera, Terragni (il Novocomum) e Sartoris. torna su

39. Cfr. Il battistrada, La casa dei fasci milanesi, in 1927, n°3. torna su

40. Cfr. l’introduzione di Cesare De Seta a Raffaello Giolli, L’architettura razionale, op. cit.. torna su

41. Cfr. C. Maltese, Storia dell’arte in Italia, 1785-1943, Torino, Einaudi, 1960 (capitolo III della Parte terza, Il dramma dell’architettura). E’ doveroso inoltre ricordare che Maltese è uno dei pochissimi storici dell’arte a dimostrarsi ampiamente informato sulla figura e l’attività del Giolli, oltre che consapevole del suo valore ; lo ricorda, tra l’altro, nel paragrafo sulla scapigliatura lombarda con queste parole: "…come Raffaello Giolli, uno dei più sensibili critici e storici dell’arte moderna che vanti la cultura italiana, ricostruisse con appassionata eloquenza tra il 1910 e il 1925 alcune tra le principali figure della scapigliatura". torna su

42. Cfr. Raffaello Giolli, Il Palazzo della Borsa di Milano, in Poligono, 1929, n°2. torna su