Prede di guerra
JOHN PILGER*

il manifesto, 15 dicembre 2001

      Dall'11 settembre, la "guerra al terrorismo" sta fornendo un pretesto ai paesi ricchi, sotto la guida degli Stati uniti, per estendere il loro dominio sugli affari mondiali. Diffondendo "paura e profondo rispetto", così si è espresso un commentatore del Washington Post, l'America intende respingere qualunque minaccia alla sua capacità di controllare e gestire l'"economia globale", eufemismo che indica l'appropriazione progressiva delle risorse e dei mercati da parte dei paesi ricchi del G8.
Questo, e non la caccia all'uomo in una caverna dell'Afghanistan, è l'obiettivo che sta dietro ai bombardamenti e alle minacce a un numero di paesi compreso "tra 40 e 50". Esso ha poco a che fare con il terrorismo e molto invece con il mantenimento delle divisioni prodotte dalla "globalizzazione". Oggi il commercio internazionale vale più di 11,5 miliardi di sterline al giorno. Solo una piccola frazione di questo, lo 0,4%, viene condiviso con i paesi più poveri. Il capitale americano e dei paesi del G8 controlla il 70% dei mercati mondiali; e a causa di regole che impongono la fine di barriere tariffarie e sovvenzioni nei paesi poveri ignorando - allo stesso tempo - il protezionismo in occidente, i paesi poveri perdono nel commercio ogni giorno 1,3 miliardi di sterline. A questo va aggiunto il fatto che essi ogni giorno pagano 37 milioni di sterline di debito.
Comunque la si voglia considerare, questa è una guerra dei ricchi contro i poveri. Si vedano le cifre sulle morti. Il tributo di vite umane, dice il World Resources Institute, è di più di 13 milioni di bambini ogni anno; o 12 milioni sotto i cinque anni di età, secondo stime dell'Onu. "Se 100 milioni di persone sono state uccise nelle guerre dichiarate del XX secolo" ha scritto Michael McKinley, "perché questa cifra deve essere privilegiata rispetto al tasso di mortalità infantile per i programmi di aggiustamento strutturale a partire dal 1982?"
Il saggio di McKinley, Triage: A Survey of the New Inequality as Combat Zone è stato presentato in una confererenza a Chicago l'anno scorso, e merita una lettura approfondita (McKinley insegna alla Australian National University). Esso descrive vividamente l'accelerazione del potere economico occidentale nell'era Clinton che, dopo l'11 settembre, ha superato una soglia di pericolo per milioni di persone.
Il vertice del Wto dell'anno scorso a Doha nel Qatar è stato disastroso per la maggioranza dell'umanità. I paesi ricchi hanno preteso e ottenuto un nuovo "round" di "liberalizzazione del commercio", cioè in altre parole il loro diritto a intervenire nelle economie dei paesi poveri e di pretendere la privatizzazione e la distruzione dei servizi pubblici. Solo a loro è permesso tutelare la propria industria e la propria agricoltura; solo loro hanno il diritto di sovvenzionare le esportazioni di carne, grano e zucchero, per poi svenderli nei paesi poveri a prezzi artificialmente bassi, distruggendo così i mezzi di sostentamento di milioni di persone. In India, spiega l'ambientalista Vandana Shiva, i suicidi tra i contadini poveri sono "una furiosa epidemia".
Anche prima del meeting del Wto Robert Zoellick, trade representative americano, ha invocato la "guerra al terrorismo" avvertendo il mondo in via di sviluppo che nessuna seria opposizione all'agenda commerciale americana sarebbe stata tollerata. "Gli Stati uniti - ha detto Zoellick - sono impegnati in una leadership globale di apertura e capiscono che la tenuta della nostra nuova coalizione [contro il terrorismo] dipende dalla crescita economica...". Cioè la "crescita economica" (élite ricca, maggioranza povera) equivarrebbe all'anti-terrorismo.
Mark Curtis, lo storico britannico e head of policy di Christian Aid, che ha partecipato al vertice di Doha, descrive "un modello emergente di minacce e intimidazioni nei confronti dei paesi poveri" equivalente a una "diplomazia del pugno di ferro economico". "E' stato assolutamente oltraggioso -ha detto Curtis -. I paesi ricchi hanno sfruttato il loro potere per imporre l'agenda del grande business. La questione delle corporations multinazionali come causa di povertà non era nemmeno in agenda; era come una conferenza sulla malaria dove non si discuta nemmeno della zanzara".
I delegati dei paesi poveri hanno protestato perché minacciati della rimozione delle loro poche, preziose facilitazioni commerciali e dei programmi di sostegno. "Se intervenissi con troppa forza per i diritti del mio popolo" ha detto un delegato africano, "gli Usa telefonerebbero al mio ministero. Direbbero che sto mettendo in imbarazzo gli Stati uniti. Il mio governo non chiederebbe nemmeno che cosa ho detto. Si limiterebbe a spedirmi un biglietto domani stesso... perciò non parlo, per paura di turbare il padrone".
Un funzionario Usa di alto livello ha telefonato ai ministri del governo ugandese per chiedere che il suo ambasciatore al Wto, Nathan Iramba, fosse rimosso. Iramba dirige il Comitato sul commercio e lo sviluppo (Committee on Trade and Development) del Wto, e ha criticato l'agenda delle organizzazioni sulla "liberalizzazione". Il dottor Richard Bernal, delegato giamaicano a Doha, ha detto che il suo governo aveva subìto pressioni analoghe. "Noi sentiamo che questo meeting [del Wto] non ha relazione con la guerra al terrorismo - ha detto - tuttavia siamo costretti a sentire che noi stiamo ostacolando il salvataggio dell'economia globale se non accettiamo un nuovo round [di misure di liberalizzazione]". Il ministro indiano per il commercio e l'industria, Musaroli Maran, ha detto arrabbiato: "L'intero meccanismo è una mera formalità e stiamo subendo una coercizione contro la nostra volontà... il Wto non è un governo del mondo e non deve tentare di appropriarsi della legittimità di cui godono i parlamenti e i governi nazionali".Ciò che la conferenza ha dimostrato è che il Wto è diventato un governo mondiale, gestito dai ricchi e principalmente da Washington. Sebbene conti 142 membri, solo a 21 governi è consentito tracciare la sua politica, di cui la gran parte è scritta dal "quadrilatero": Stati uniti, Europa, Canada e Giappone. A Doha, gli inglesi hanno giocato un ruolo simile alla promozione di Tony Blair della "guerra al terrorismo". La ministra per il commercio e l'industria, Patricia Hewitt, aveva già detto alle organizzazioni del volontariato che "dall'11 settembre, una ulteriore liberalizzazione del commercio si impone". A Doha, funzionari inglesi e di altri paesi europei hanno spinto per la "liberalizzazione" in modo aggressivo dimostrando, secondo Christian Aid, "l'abisso tra la loro retorica su come il commercio dovrebbe lavorare per i poveri" e le loro vere intenzioni.
Questa "retorica" è la specialità del governo Blair e della sua responsabile per lo sviluppo internazionale, Clare Short, che ha superato se stessa annunciando 20 milioni di sterline come "pacchetto di nuove misure" per aiutare i paesi poveri. In effetti, quella era la terza volta che gli stessi soldi venivano annunciati nel giro di un anno. Nel dicembre 2000, Short aveva detto che il governo avrebbe "raddoppiato il suo sostegno per le iniziative di rafforzamento del commercio nei paesi in via di sviluppo da 15 milioni di sterline negli ultimi tre anni, a 30 milioni di sterline per i tre anni successivi". Lo scorso marzo, gli stessi soldi sono stati annunciati di nuovo. Short, ha detto il suo ufficio stampa, "annuncerà che il Regno unito raddoppierà il suo sostegno per... la performance commerciale dei paesi in via di sviluppo". Il 7 novembre, il pacchetto da 20 milioni di sterline è stato annunciato di nuovo. Inoltre, un terzo di esso è legato a tutti gli effetti al lancio di un nuovo "round" del Wto, il che significa un'agenda per il "libero" mercato.
L'inganno illustra la globalizzazione della povertà, vero nome della "liberalizzazione". Il collegamento con i bombardamenti è stato fatto da Clare Short, che si è spinta fino a paragonare le persone contrarie ai bombardamenti illegali (in Jugoslavia) come pacificatori nazisti. Short ha insultato gli operatori delle agenzie umanitarie in Pakistan, che chiedevano una sospensione dei bombardamenti sull'Afghanistan, definendoli "emotivi" e ha messo in dubbio la loro integrità. Ha sostenuto che gli aiuti "stanno arrivando" - quando, in realtà, ben pochi di essi vengono distribuiti dove più serve, a causa dei bombardamenti.
Oggi vengono trasportate ogni giorno in Afghanistan soltanto 750 tonnellate di aiuti, meno della metà di quelle che l'Onu considera necessarie. Sei milioni di persone continuano a rischiare di morire di fame. Non arriva niente nelle zone vicino a Jalalabad, dove gli americani stanno bombardando i villaggi uccidendo centinaia i civili, "tra 60 e 300" in una notte, secondo i comandanti anti-taleban che stanno cominciando a chiedere a Washington di smettere.
Il silenzio dei governi europei e il loro appoggio alla omicida "guerra al terrorismo" dell'America da 21 miliardi e alla loro campagna per soggiogare i paesi poveri, smaschera la mistificazione dell'"economia globale come unico modo di aiutare i poveri", come i ministri per lo sviluppo continuano a ripetere. Il militarismo americano, che è visibile a tutti tranne che agli intellettualmente e moralmente incapaci, è la naturale estensione delle rapaci politiche economiche che hanno diviso l'umanità come mai era accaduto prima. Come ha scritto Thomas Friedman sul New York Times, "la mano invisibile del mercato" è l'esercito americano. Questo era prima dell'11 settembre. Ora non è più invisibile.
Ormai in pochi dicono ancora che l'economia delle grandi imprese creerebbe benessere "a cascata" anche per i poveri, perché è chiaramente falso. Persino la Banca mondiale ha ammesso che i paesi più poveri sono quelli che versano in maggiori difficoltà, sotto la sua tutela, rispetto a dieci anni fa: che il numero dei poveri è cresciuto, che più gente muore giovane. E questi sono paesi con "programmi di aggiustamento strutturale" che dovrebbero "creare ricchezza" per la maggioranza. Era tutta una bugia.
La verità sta nelle cifre degli "aiuti" effettivi. L'America dà solo lo 0,1% del suo prodotto nazionale lordo; l'Italia dà solo una muniscola quota in più. Lo scorso anno, il Foreign Aid bill del Senato statunitense comprendeva una minima quantità dei 75milioni di dollari per i più poveri - un decimo del costo di un B52 - mentre 1,3 miliari di dollari andavano all'esercito colombiano, uno dei peggiori per le violazioni dei diritti umani. E' tempo che ci rendiamo conto che il vero terrorismo è la povertà, che uccide migliaia di persone ogni giorno, e che la loro morte, e quella di persone innocenti bombardate nei villaggi polverosi, sono direttamente correlate.

*CHI E' JOHN PILGER

John Pilger è uno dei più premiati giornalisti britannici. Nato a Sydney, corrispondente e commentatore di guerra quasi leggendario, ha coperto conflitti in tutto il mondo, dal Vietnam alla Birmania, alla Cambogia, al Medio Oriente. Ha vinto due volte il principale premio giornalistico britannico (il "Journalist of the Year") e i suoi documentari si sono aggiudicati un'infinità di altri riconoscimenti, incluso un Emmy e un Reporters sans frontieres Award. Ha scritto sei libri, tra i quali "Heroes" e "Hidden Agendas", rivelando i retroscena di molti conflitti sanguinosi. I suoi articoli appaiono su Guardian, Independent e New Statesman in Gran Bretagna, New York Times, Los Angeles Times e The Nation negli Stati uniti.



www.johnpilger.com
Traduzione di Marina Impallomeni