Non erano
molti i libri a disposizione del lettore italiano che prima degli
attentati dell11 settembre volesse documentarsi con serietà sulla
storia recente dellAfghanistan, con particolare attenzione al
misterioso fenomeno degli studenti-guerrieri, i talebani. Ora
invece, con limpulso che leditoria italiana ha dato alla
saggistica sul mondo arabo-islamico, è a disposizione del lettore la
traduzione del libro di Ahmed Rashid "Talebani. Islam,
petrolio e il Grande scontro in Asia centrale", considerato a
ragione ormai un classico sullargomento, e diventato già un best
seller in molti paesi del mondo. Lunico buon libro pubblicato di
recente in italiano su quel paese e le sue vicende era fino a poco fa Afghanistan
anno zero di Giulietto Chiesa e Vauro (ed. Guerini e associati,
Milano 2001, pp. 172), che però ha il duplice limite di essere una
raccolta di articoli, alcuni dei quali di taglio giornalistico o
semplici reportage, e di essere stato "licenziato"
per la stampa il 4 settembre 2001, pochi giorni prima degli attentati.
Si tratta di un libro per molti versi premonitore, ma che ovviamente
non è aggiornato.
Lautore
di "Talebani. Islam, petrolio e il Grande scontro in Asia
centrale" è un giornalista pakistano, corrispondente dal
Pakistan, dai paesi dellAsia Centrale e dallAfghanistan per il
quotidiano britannico Daily Telegraph e per il settimanale Far
Eastern Economic Review di Hong Kong, oltre che collaboratore
della Bbc, della Cnn e di altri media internazionali. Nella prefazione
dichiara di aver impiegato 21 anni a scriverlo, cioè da quando
cominciò a "coprire" lAfghanistan come reporter nel
1978. Un compito che lha assorbito totalmente per oltre due
decenni, risucchiandolo in un vortice di guerre, incontri, interviste
e perfino interrogatori da parte della polizia segreta afghana, per
non parlare della condanna a morte da parte di Gulbuddin Hekmatyar, il
leader radicale islamico che lo accusava di essere un simpatizzante
comunista. Ma, come sottolinea Rashid, "il paese e la popolazione
afghana sono tra le più straordinarie del mondo", ed inoltre
hanno subìto alcune delle più grandi tragedie del ventesimo secolo,
tra le quali la più lunga guerra civile della nostra era. Due motivi
più che sufficienti per dedicarvi una vita di impegno professionale,
di ricerche, di studio, di viaggi, accettandone i rischi, ma anche
fronteggiando le critiche e le proteste che un giornalista onesto e
scrupoloso riceve. Ed egli ne ha ricevute tante, soprattutto dalle
autorità pakistane, il cui ruolo e il cui appoggio nella vicenda
della nascita e della successiva affermazione dei talebani
Rashid denuncia senza timidezze. Ma con questo libro egli dimostra di
essere molto di più di un buon giornalista, ricostruendo con metodo e
in profondità la storia recente dellAfghanistan, grazie allesperienza
e alla documentazione accumulata, ma anche alla sua capacità di
analisi dei fatti e di lettura dei problemi.
Rashid ha
diviso il libro in tre parti. Nella prima, dedicata alla storia del
movimento dei talebani, egli descrive la loro nascita nei campi
profughi del Pakistan, i loro primi successi militari, il ruolo da
loro giocato nellapertura di cruciali vie di comunicazione in un
paese in cui i commerci (o meglio il contrabbando) erano bloccati, il
traffico di droga, il costante sostegno ricevuto dai servizi segreti
pakistani, la progressiva conquista di quasi tutto il territorio
afghano. Nella seconda parte Rashid esamina a fondo il rapporto tra i talebani
e lislam, e qui si leggono pagine di straordinario interesse,
perché egli indaga lorigine ideologica e religiosa del movimento
dei talebani, una circostanza su cui nessun altro studioso si
è interrogato. Rashid si dice convinto che le origini ideologiche dei
talebani vadano rintracciate tra i deobandi, un
movimento progressista nato nellIndia britannica alla metà del
diciannovesimo secolo con lintento di riunire i musulmani e di
riformarne le istituzioni allinterno di un paese dominato da una
potenza coloniale. Il nome deobandi deriva dalla città di
Deoband, situata vicino a Nuova Dehli, dove fu aperta la loro prima madrasa
(scuola coranica). Per comprendere lorigine di questo movimento è
necessario ricordare che i musulmani del subcontinente indiano erano
stati duramente sconfitti dagli inglesi nel grande ammutinamento del
1857, ed erano alla ricerca di una rinascita religiosa e filosofica. I
deobandi erano una di queste correnti, che vedevano nellistruzione
lunico metodo per recuperare terreno nei confronti della potenza
dominante. I deobandi si proponevano di istruire una nuova
generazione di musulmani che facesse rinascere i valori islamici
basati sullapprendimento, sulla spiritualità, sulla sharia
(legge islamica) e sulla tariqa (esperienza mistica). Essi
riservavano alle donne un ruolo limitato nella società, erano
contrari ad ogni gerarchia nella comunità islamica e si opponevano
alla minoranza shiita. Quasi un secolo dopo, con la creazione
del Pakistan, nel 1947, i deobandi, che ormai disponevano di
migliaia di scuole coraniche, hanno costituito unorganizzazione
religiosa che in seguito si è trasformata in un partito politico,
diffuso anche nei campi profughi afghani. Sarebbero state proprio le
convinzioni dei deobandi la principale influenza ideologica e
religiosa che ha agito sui talebani, che però hanno portato
queste posizioni ad estremi e conseguenze impensabili, giungendo a
stravolgerne loriginario significato. Questa, naturalmente, non è
lunica spiegazione del loro comportamento oscurantista e
retrogrado, cui hanno contribuito motivazioni sociali, tribali e
strumentalizzazioni politiche. In particolare, Rashid insiste sul
fatto che non tutto in Afghanistan può essere spiegato con lislam
e con la sua influenza sulla società, o meglio, che lislam è
spesso frammisto ad altri fattori. Uno degli elementi che hanno
concorso a determinare la disastrosa situazione di vaste zone del
paese, situazione per molti versi preesistente allarrivo dei talebani,
è il pashtunwali, il codice tribale delletnia pashtun,
che regola il funzionamento della jirga (assemblea dei capi
tribali) in materie come la proprietà e luso della terra, le
questioni relative alle donne, la punizione degli omicidi. La linea
che separa il pashtunwali e la sharia (legge islamica)
è sempre stata incerta, e molte delle pene applicate dai talebani
(che hanno giustamente sconvolto lopinione pubblica occidentale
negli anni in cui sono stati al potere) sono prese dal pashtunwali e
non dalla sharia. Uno dei veri punti di rottura conseguenti
alle azioni dei talebani è stata limposizione del pashtunwali
agli altri gruppi etnici dellAfghanistan, una decisione che ha
ulteriormente aggravato le divisioni e i contrasti etnici. Queste
considerazioni, e molte altre ancora analizzate da Rashid, ci fanno
capire la complessità e la varietà degli elementi che hanno giocato
nella crisi afghana.
La terza
parte del libro descrive il nuovo "grande gioco" (Great
Game in inglese) degli stati confinanti con lAfghanistan, e non
solo, per la realizzazione di oleodotti attraverso il paese, una lotta
conclusa per ora con un nulla di fatto. Lespressione richiama la
rivalità che nellOttocento ha contrapposto Gran Bretagna e Russia
per il predominio dellarea, e che nello scorso decennio si è
rinnovata tra il Pakistan, lIran, la Russia, la Turchia, gli Stati
Uniti e le repubbliche islamiche ex-sovietiche, tutti stati per i
quali il territorio afghano ha sempre suscitato grandi interessi
geopolitici. Il libro è completato da cartine, tabelle, cronologie,
note e unampia bibliografia.
Rashid ci
offre con Talebani un quadro accurato dal punto di vista
storico, politico e religioso delle vicende recenti dellAfghanistan,
con molte linee di pensiero profonde e innovative nella spiegazione
dei fenomeni. E un testo da cui non può prescindere chiunque sia
interessato a farsi unidea non superficiale su un argomento che ha
fatto scorrere fiumi dinchiostro, ma su cui pochi libri validi sono
stati pubblicati.
Ahmed Rashid, Talebani. Islam,
petrolio e il Grande scontro in Asia centrale, Feltrinelli, Milano
2001, pp.312, euro 16.50
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