Maria Teresa Sega (a cura di), La scuola fa la storia. Gli archivi scolastici per la ricerca e la didattica
Provincia di Venezia, Città di Venezia, Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea,  Nuova dimensione, 2001

a cura di Riccardo Marchis

              

  Fin dalle prime battute di questo libro, anzi sin dall'evocativa foto di copertina: un'aula elementare fitta di simboli e di ordinate bambine, nel 1927, il lettore si troverà sospinto in una dimensione nella quale i suoi ricordi e le memorie familiari vengono chiamate ad interagire con i contributi, di volta in volta, storiografici, documentali e didattici che si susseguono nelle pagine. Non è l'effetto di un caso né dell'argomento pur carico di risonanze affettive, quanto piuttosto l'agire di una scelta precisa, operata per attraversare il tema di una scuola chiamata a guardare sé stessa, riflessa nel prisma delle sue carte.

Una proposta che viene così espressa ai lettori e sperabili attori dalla curatrice del volume, Maria Teresa Sega: "Storicizzare la scuola, non solo come istituzione, ma come luogo della socializzazione giovanile e infantile, della formazione intellettuale e professionale, può rappresentare uno dei terreni di ricerca privilegiati di una storia del Novecento che includa generi e generazioni come soggetti". E a completarla, per l'insegnante che la voglia praticare, l'indicazione a collocarsi in "una posizione particolare di osservatore sia interno che esterno, posizione intrigante e feconda per un approccio alla storia che non elida la memoria autobiografica, ma nello stesso tempo consenta il distanziamento da essa". Si tratta di una proposta convincente rivolta ad una scuola - lo si dice in altra parte dell'introduzione - immemore di sé, del suo passato e del suo vissuto quotidiano, ricco di percorsi, di attività che ne inverano le funzioni.

Dunque un libro fitto di spunti e di suggestioni, nel quale convergono numerosi fili di un campo di ricerca ampliatosi negli anni e dissodato da interventi anticipatori che trovano nell'area di Nord Est esempi convincenti e numerosi, orientati ai metodi della didattica attiva e dell'uso esperto delle fonti.

L'occasione per presentare alcune di quelle esperienze venne fornita da un convegno tenutosi nell'ottobre del 1999, a Venezia, che richiamò l'attenzione di un ampio pubblico attirato da un programma capace di accostare sguardi e competenze differenti, che ora il libro eredita e mantiene [vedi anche, in questo sito]. Dalla lettura in successione delle due parti di cui si compone, si ricava conferma della ricchezza di un viaggio di scoperta tra le memorie e le carte della scuola, generalmente intese, al di là delle consistenze delle singole raccolte, più o meno dotate ma gravate tutte, quasi senza eccezioni, dal peso dell'incuria troppo a lungo durata.

Un viaggio dagli itinerari di partenza più svariati, ospitato nella seconda parte del volume, che si può far iniziare - in sintonia con la Curatrice - da una focalizzazione sulla scuola intesa come luogo centrale dell'esistenza delle persone, occasione e motore di quella trasformazione antropologica che ci ha inserito, bambini e bambine, nella comunità di coloro che leggono e scrivono; la scuola intesa come teatro di modificazioni fondamentali e riti di passaggio, della scoperta di sé e dell'altro da sé, della crescita e del conflitto come dimensione anch'essa di scoperta dei propri confini; e infine, per restare ancora sullo stesso piano di letture, la scuola come luogo della formazione culturale e, all'opposto, come luogo di estraneità e marginalizzazione.
Proseguendo nell'esplorazione - che è del libro così come delle potenzialità degli archivi -, la scuola come spazio di rappresentazione delle intenzioni politiche dominanti, rispecchiate nei progetti educativi e sociali ad essa consegnati perché ne fondasse le ragioni di durata e ne curasse il successo attraverso la formazione degli scolari e la penetrazione capillare nelle famiglie.

E poi ancora la scuola come luogo di intensa passione civile dei suoi operatori, variamente declinata dagli ultimi decenni dell'Ottocento - testimoniati negli archivi più ricchi e fortunati - all'oggi, che si traduce in un rapporto talora conflittuale, talaltra convergente ma sempre complesso con l'istituzione, che si mostra nel tempo come uno dei luoghi più sensibili per misurare le modificazioni e i processi in corso nella società italiana.

Per questa ragione in particolare andrebbe colto l'invito di Ester De Fort, contenuto nel saggio di avvio del volume, per una nuova stagione di studi di storia della scuola, che metta compiutamente a frutto le aperture sulla storia sociale e dei soggetti dell'"azione educativa"; così come andrebbe seguito, per l'insieme delle cose dette in precedenza, l'invito di Claudia Salmini e Quinto Antonelli a censire e recuperare il patrimonio documentario, secondo metodi coordinati e aderenti alle articolate forme del bene da salvare. E allo stesso modo, sotto il profilo della mediazione docente, andrebbero capitalizzate le potenzialità dell'archivio per la progettazione e le ricerche didattiche, in particolar modo se coniugate al laboratorio, nella ricca accezione di cui scrive, in apertura della seconda parte, Dino Renato Nardelli.
In definitiva un viaggio di estremo interesse, che potrebbe continuare a lungo tra le pagine del libro e nel suo "cantiere" di riferimento, formato dalle iniziative germinate un po’ ovunque, in piccoli e grandi centri della penisola, che si sono coniugate nel tempo con il lavoro di innovazione della didattica della storia.

Rimane da investigare un punto, ossia la questione nodale della formazione del personale della scuola disponibile a svolgere la funzione di mediatore tra la risorsa- archivio e l'utenza, in primo luogo docenti e studenti, per garantire con il massimo dei risultati un corretto rapporto con il bene. Ciò rimanda ad un orizzonte più vasto e ancora poco presente nella scuola italiana, riguardante la diffusione di una sensibilità documentalistica, posta al centro invece delle attenzioni di organismi come l'Unesco e l'Ifla (International federation of library associations and istitution). Dai loro documenti emerge la centralità - per la costruzione di una piena cittadinanza - di quegli ambienti formativi che sono in grado di accrescere negli allievi l'uso autonomo ed esperto delle informazioni e delle fonti; in tale orizzonte la biblioteca laboratorio multimediale e l'archivio scolastico contribuiscono a integrare una dimensione formativa che indubbiamente facilita il passaggio da "un insegnamento basato sull'uso delle risorse all'apprendimento attraverso le risorse".

Un motivo ulteriore per richiedere alla scuola di rammemorarsi.