Fin dalle prime battute di
questo libro, anzi sin dall'evocativa foto di copertina: un'aula
elementare fitta di simboli e di ordinate bambine, nel 1927, il lettore
si troverà sospinto in una dimensione nella quale i suoi ricordi e le
memorie familiari vengono chiamate ad interagire con i contributi, di
volta in volta, storiografici, documentali e didattici che si susseguono
nelle pagine. Non è l'effetto di un caso né dell'argomento pur carico
di risonanze affettive, quanto piuttosto l'agire di una scelta precisa,
operata per attraversare il tema di una scuola chiamata a guardare sé
stessa, riflessa nel prisma delle sue carte.
Una proposta che viene così espressa ai
lettori e sperabili attori dalla curatrice del volume, Maria Teresa
Sega: "Storicizzare la scuola, non solo come istituzione, ma come
luogo della socializzazione giovanile e infantile, della formazione
intellettuale e professionale, può rappresentare uno dei terreni di
ricerca privilegiati di una storia del Novecento che includa generi e
generazioni come soggetti". E a completarla, per l'insegnante che
la voglia praticare, l'indicazione a collocarsi in "una posizione
particolare di osservatore sia interno che esterno, posizione intrigante
e feconda per un approccio alla storia che non elida la memoria
autobiografica, ma nello stesso tempo consenta il distanziamento da
essa". Si tratta di una proposta
convincente rivolta ad una scuola - lo si dice in altra parte
dell'introduzione - immemore di sé, del suo passato e del suo vissuto
quotidiano, ricco di percorsi, di attività che ne inverano le funzioni.
Dunque un libro fitto di spunti e di
suggestioni, nel quale convergono numerosi fili di un campo di ricerca
ampliatosi negli anni e dissodato da interventi anticipatori che trovano
nell'area di Nord Est esempi convincenti e numerosi, orientati ai metodi
della didattica attiva e dell'uso esperto delle fonti.
L'occasione per presentare alcune di
quelle esperienze venne fornita da un convegno tenutosi nell'ottobre del
1999, a Venezia, che richiamò l'attenzione di un ampio pubblico
attirato da un programma capace di accostare sguardi e competenze
differenti, che ora il libro eredita e mantiene [vedi anche, in
questo sito]. Dalla lettura in
successione delle due parti di cui si compone, si ricava conferma della
ricchezza di un viaggio di scoperta tra le memorie e le carte della
scuola, generalmente intese, al di là delle consistenze delle singole
raccolte, più o meno dotate ma gravate tutte, quasi senza eccezioni,
dal peso dell'incuria troppo a lungo durata.
Un viaggio dagli itinerari di partenza
più svariati, ospitato nella seconda parte del volume, che si può far
iniziare - in sintonia con la Curatrice - da una focalizzazione sulla
scuola intesa come luogo centrale dell'esistenza delle persone,
occasione e motore di quella trasformazione antropologica che ci ha
inserito, bambini e bambine, nella comunità di coloro che leggono e
scrivono; la scuola intesa come teatro di modificazioni fondamentali e
riti di passaggio, della scoperta di sé e dell'altro da sé, della
crescita e del conflitto come dimensione anch'essa di scoperta dei
propri confini; e infine, per restare ancora sullo stesso piano di
letture, la scuola come luogo della formazione culturale e, all'opposto,
come luogo di estraneità e marginalizzazione.
Proseguendo nell'esplorazione - che è del libro così come delle
potenzialità degli archivi -, la scuola come spazio di rappresentazione
delle intenzioni politiche dominanti, rispecchiate nei progetti
educativi e sociali ad essa consegnati perché ne fondasse le ragioni di
durata e ne curasse il successo attraverso la formazione degli scolari e
la penetrazione capillare nelle famiglie.
E poi ancora la scuola come luogo di
intensa passione civile dei suoi operatori, variamente declinata dagli
ultimi decenni dell'Ottocento - testimoniati negli archivi più ricchi e
fortunati - all'oggi, che si traduce in un rapporto talora conflittuale,
talaltra convergente ma sempre complesso con l'istituzione, che si
mostra nel tempo come uno dei luoghi più sensibili per misurare le
modificazioni e i processi in corso nella società italiana.
Per questa ragione in particolare
andrebbe colto l'invito di Ester De Fort, contenuto nel saggio di avvio
del volume, per una nuova stagione di studi di storia della scuola, che
metta compiutamente a frutto le aperture sulla storia sociale e dei
soggetti dell'"azione educativa"; così come andrebbe seguito,
per l'insieme delle cose dette in precedenza, l'invito di Claudia
Salmini e Quinto Antonelli a censire e recuperare il patrimonio
documentario, secondo metodi coordinati e aderenti alle articolate forme
del bene da salvare. E allo stesso modo, sotto il profilo della
mediazione docente, andrebbero capitalizzate le potenzialità
dell'archivio per la progettazione e le ricerche didattiche, in
particolar modo se coniugate al laboratorio, nella ricca accezione di
cui scrive, in apertura della seconda parte, Dino Renato Nardelli.
In definitiva un viaggio di estremo interesse, che potrebbe continuare a
lungo tra le pagine del libro e nel suo "cantiere" di
riferimento, formato dalle iniziative germinate un po’ ovunque, in
piccoli e grandi centri della penisola, che si sono coniugate nel tempo
con il lavoro di innovazione della didattica della storia.
Rimane da investigare un punto, ossia la
questione nodale della formazione del personale della scuola disponibile
a svolgere la funzione di mediatore tra la risorsa- archivio e l'utenza,
in primo luogo docenti e studenti, per garantire con il massimo dei
risultati un corretto rapporto con il bene. Ciò rimanda ad un orizzonte
più vasto e ancora poco presente nella scuola italiana, riguardante la
diffusione di una sensibilità documentalistica, posta al centro invece
delle attenzioni di organismi come l'Unesco e l'Ifla (International
federation of library associations and istitution). Dai loro documenti
emerge la centralità - per la costruzione di una piena cittadinanza -
di quegli ambienti formativi che sono in grado di accrescere negli
allievi l'uso autonomo ed esperto delle informazioni e delle fonti; in
tale orizzonte la biblioteca laboratorio multimediale e l'archivio
scolastico contribuiscono a integrare una dimensione formativa che
indubbiamente facilita il passaggio da "un insegnamento basato
sull'uso delle risorse all'apprendimento attraverso le risorse".
Un motivo ulteriore per richiedere alla
scuola di rammemorarsi.
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