L’associazionismo sportivo e la nascita del Touring Club Italiano

Marcella Fusco

Marco Meriggi, in Milano borghese (Marsilio, 1992) definisce le associazioni come luoghi d’ identità,ovvero luoghi fisici d’incontro, ma soprattutto metaforici, in cui riconoscersi.

"Le associazioni nascono per incontrarsi tra pari" (ibidem) e se hanno un carattere prettamente nobiliare nell’ Italia preunitaria,sono espressione dell’elites borghese nella società postunitaria,aumentano numericamente e diventano " di massa" dopo il 1890,"dal 1881 nascono circoli d’intenzione specialistica",con associati appartenenti alla piccola e media borghesia e hanno carattere meramente nazionale.( M. Meriggi, Dalla restaurazione all’età liberale. Per una storia del concetto di associazione in Italia,in R. Gherardi, G. Gozzi (a cura di) I concetti fondamentali delle scienze sociali e dello Stato in Italia e in Germania tra Otto e Novecento, "Annali dell'Istituto storico italo-germanico", Quaderno 32, Il Mulino).

"Un’inchiesta ufficiale del 1894 censiva in 9379 le associazioni esistenti in Italia: 6364 mutualistiche, 1624 ricreative, 1384 politiche",( Ibidem),"La modalità associativa cessava di essere prerogativa dell’èlite", ma non cessava di essere modalità del "vivere civile"," Esse offrivano uno spicchio di protagonismo a uomini sin lì " senza qualità" che solo ora riuscivano ad accedere a quell’ esercizio delle virtù borghesi sin lì per loro impraticabile".(Ibidem ).

Tra le prime forme di associazionismo postunitario, le società ginnastiche nascono con intenti patriottici, un po’ militareschi, su valori risorgimentali. Sergio Giuntini, in un volume commemorativo dei 125 anni della società "Forza e Coraggio" di Milano, nata nel 1870 (S. Giuntini, Società Ginnastica Milanese "Forza e Coraggio". Alle origini dello sport a Milano, Milano, Work team s.a.s., 1995), riporta un‘analisi fatta da Gregorio Draghicchio sulla rivista "Pro Patria" (1885) che fissava a 113 il numero delle società sportive esistenti nel 1882,con14409 associati di cui 9703 attivi, poca cosa se confrontati con i dati di società analoghe in Germania o in Inghilterra, ma è da sottolineare che la maggioranza degli iscritti era concentrata al Nord.

"Nel 1866, il Municipio di Milano inviò una mezza dozzina di maestri elementari a Torino per acquistarvi la patente di ginnastica;preparò quindi una Palestra grandiosa a Porta Romana, e stabilì l’ insegnamento della ginnastica in tutte le scuole,che intervenivano per turno a Porta Romana, sotto la direzione di Maestri del collegio militare", dopo l’entusiastica partecipazione a un concorso ginnico a Bellinzona, si decise la fondazione della Società "Forza e Coraggio".

Il movimento ginnico ai suoi inizi" è un concentrato di ceti medi,i quali esprimono nel comune denominatore della Ginnastica un fenomeno generalizzato nell’ Ottocento,che, dopo l’Unità, traghetta i nuovi cittadini dai club èlitari dell’aristocrazia nobiliare e redditiera: le famose società del "Giardino", dell’"Unione", degli "Artisti e Patriottica", all’associazionismo borghese su base commerciale, filantropica, mutualistica, ricreativa, ginnastica." (S. Giuntini, Ibidem).

Le società si basano su una concezione tardo risorgimentale delle attività sportive: elemento d’addestramento pre-militare e d’acceso nazionalismo.

L’articolo 1 dello Statuto societario del 24 marzo 1870 recitava. "E’ costituita in Milano, una Società sotto il nome di Società Ginnastica Milanese, la quale ha per iscopo di generalizzare nei giovani quegli esercizi ginnastici che possono renderli agili e forti, e perciò più utili a loro e alla Patria".Come motto la società sceglierà nel 1871: "Forza e Coraggio" e tale motto finirà per soppiantare la dizione originaria.

Nel 1883, da una scissione interna, nasceva la società "Pro Patria" e nel primo numero del suo giornale, datato 15 Maggio 1884, si legge:"Siamo giovani, forti di braccio e di cuore;siamo giovani e sentiamo scorrere bollente il sangue dei vent’anni. [...] noi vi chiamiamo al lavoro che nobilita, ai maschi esercizi che fortificano, alle nobili baldanze che innalzano, alla virtù che fa rivivere."

Sempre nel 1870, contemporaneamente a "Forza e Coraggio", viene fondato il "Veloce Club", che si sviluppa ad opera di industriali e corridori,come Cesare Nazari, Corrado Frera, Oreste Gorla , più tardi Umberto Dei, Giuseppe Rossi, Edoardo Bianchi e Carlo Borghi .E come dimenticare Federico Johnson , che sedicenne, il 18 dicembre 1871, prese parte alla seconda corsa milanese- da Porta Venezia a Porta Tenaglia- giungendovi primo in 9’30": Eletto presidente nel 1879,intuì che i destini della bicicletta non erano solo legati alle competizioni agonistiche. La bicicletta è simbolo del mito del progresso, al quale si richiamano un po’ tutte le attività dell’epoca in una società che viveva il suo primo boom industriale.(C. Ottaviano, Protagonisti dell’intervento pubblico: Luigi Vittorio Bertarelli e il Touring Club Italiano, in "Economia Pubblica", n. 10/11, 1984.).

E’ in quest’ottica che si inscrive la nascita del Touring club Ciclistico Italiano,costituito nell’albergo degli Angioli l’8 novembre 1894,da 57 gentiluomini,che si erano riuniti su invito del Consiglio Direttivo della Milano Società Velocipedistica,ma già con l’intenzione di fondare un’associazione turistica distinta dalla torinese Unione velocipedistica, a cui lasciano l’ organizzazione delle attività sportive. Ci sono industriali come Jonhson, Bertarelli, Riva; pubblicisti come Bianchi, Carugati, Magnasco; impiegati e funzionari come Guicciardi e Citterio; artefici come Venegoni e Brogli; un editore di musica, Ricordi; commercianti come Gorla e professionisti come dell’Oro, Forlanini, Albrighi, Luzzatto, Fioroni, Segrè.

Come si può notare, nomi noti di persone già associate ad altri sodalizi,di cui 8 alla" Forza e Coraggio"e uomini di estrazione tipicamente borghese.

Giuseppe Bozzini in: 90 anni del turismo in Italia, riporta che lo stesso Bertarelli, nel 1915, informava che dei 60 consiglieri succedutisi nel primo ventennio12 erano industriali, 9 commercianti o uomini d’affari, 14 avvocati, notai, dottori in legge, professori di lettere, 6 impiegati, 3 pubblicisti, 5 medici, 2 militari non in servizio attivo, 4 ingegneri professionisti,5 senza professioni definite. Ne deriva che i valori ispiratori del TCI furono quelli propri della borghesia post risorgimentale:patriottismo, mito del progresso, impegno educativo delle masse attraverso l’azione, paternalismo.Testimoniano ciò: la diffusa propaganda,attraverso il giornale "La Bicicletta", guide, carte,annuari;il distintivo: "il Tricolore italiano incluso in una ruota di ciclo"; l’inno,scritto da Olindo Guerrini nel ‘900 e, primo fra tutti, lo Statuto, che all’art: 3 stabiliva l’apoliticità e aconfessionalità dell’associazione.

Questi valori accompagnavano e sostenevano un’attività volontaria e moderna,che faceva riferimento ai modelli delle associazioni similari inglesi e francesi.Il primo Touring Club era stato fondato in Gran Bretagna già nel 1878 e fu proprio il Cyclists’ Touring Club ad essere preso come modello, quale espressione del paese all’ avanguardia nel campo del turismo,insieme al Touring Club de France." E tuttavia l’azione del Touring Club Italiano non si esauriva in scopi immediati, ma presupponeva anche più larghi orizzonti ideali, e cioè la consapevolezza d’appartenere a un vasto ambito di civiltà che andava oltre i ristretti confini nazionali" (in:T.C.I. Milano 1894, La città che sale,Milano, 1994). Ciò ha fatto affermare a C. Ottaviano che si trattava di un’associazione "intermedia",come quelle esistenti negli Stati Uniti e del tutto mancanti nell’ Italia liberale.

Noi, invece, riteniamo che l’associazionismo volontario, pratico, che rispondeva ai bisogni insoddisfatti dallo Stato e fiancheggiatore dell’ operato governativo, sia stato tipico di una certa borghesia meneghina animata da ideali civili ,ispirata al modello del self- made man,di sentire cattolico, velato di calvinismo.Si ricorda a tale proposito l’attivismo di sodalizi come la Società Umanitaria e L’ Unione femminile,anche se operanti in altri campi. Con questa riflessione, non si vuole sottovalutare l’azione del Touring, ma anzi sottolinearne la specificità e l’utilità storica. L’ultimo scritto di Bertarelli si conclude con queste parole:"io ho visto e, come poveramente seppi, ho raccontato: La mia parte, con buona volontà, è fatta: Avanti ora gli altri!".