Un nuovo inizio?
di Antonino Criscione, Insmli

La scuola di formazione LANDIS di Reggio Emilia sul curricolo di storia del 23 e 24 febbraio 2000, alla quale hanno partecipato i rappresentanti di 15 Istituti della rete nazionale degli Istituti di Storia della Resistenza e insegnanti delle scuole di Reggio e provincia, ha assunto il duplice aspetto di punto di arrivo e di punto di partenza nel percorso di elaborazione che il LANDIS e le sezioni didattiche degli Istituti hanno condotto in questi anni: punto di arrivo, perché in esso sono confluiti ragionamenti e ipotesi di lavoro verificati da una rete di soggetti che, senza la garanzia di un approdo istituzionale, hanno esplorato il campo della didattica della storia nel corso degli ultimi venti anni; punto di partenza, perché questi soggetti hanno cominciato a confrontarsi con il terreno della costruzione di un nuovo curricolo verticale di storia nel contesto dei mutamenti introdotti dalla legge sul riordino dei cicli approvata dal Parlamento il 2 febbraio 2000. Quello che segue è un tentativo di fornirne un resoconto ragionato, e per forza di cose parziale, allo scopo di mettere in luce temi e spunti utili per la prosecuzione del dibattito.

La discussione, sviluppatasi nel corso delle due giornate a partire dalle relazioni di A. Delmonaco, M. Pinotti, C. Grazioli, A. Brusa, e dal contributo di M. Gusso, ha messo in evidenza l'importanza della posta in gioco e lo spessore problematico del tema sia sul versante del rapporto con il Ministero della P.I., sia sul versante della chiarezza e articolazione nei contenuti della proposta di curricolo. Per quanto riguarda il primo punto, è emersa in alcuni casi l'impressione che il passaggio nel quale ci si trova quanto al rapporto con l'istituzione, che costituisce il logico sviluppo delle esperienze di lavoro comune già sedimentate (Convenzione sull'aggiornamento, Progetto Storia), stia per avvenire in un contesto segnato da tensioni e aspetti contraddittori: all'avvio di un radicale processo di riforma della scuola italiana non sembrano corrispondere, stando alle cronache di questi mesi, l'adesione e il consenso di buona parte di coloro che di questa riforma saranno protagonisti, e cioè gli insegnanti. Per quanto riguarda il secondo punto nel corso del dibattito si sono sovrapposte aree di consenso e aree problematiche: se infatti alcune importanti opzioni di fondo sono considerate patrimonio comune , lo stesso non si può dire in relazione ad altri nodi importanti nella costruzione del curricolo.

Il lavoro svolto in questi anni ha costruito alcuni punti di riferimento, che identificano le esperienze di innovazione promosse e sostenute dal LANDIS e dalle sezioni didattiche degli Istituti e ne qualificano la proposta complessiva: il rifiuto del modello didattico tradizionale fondato sulla "trasmissione" di conoscenze storiche preconfezionate in favore di un'idea di insegnamento/apprendimento della storia orientata alla sperimentazione di pratiche di ricerca e all'acquisizione di abilità e di conoscenze in contesti significativi di apprendimento, come il laboratorio di storia; l'indicazione di una finalità formativa nella capacità di "pensare storicamente" intesa come "cultura storica", possesso di un corredo di competenze critico-analitiche e di passioni conoscitive centrate sul rapporto tra passato e presente; l'attenzione alla storia locale e ai suoi rapporti con la storia nazionale e planetaria, che porta a considerare il territorio come un importante contenitore di tracce e di documenti del passato e pone la necessità di costruire strumenti di interrogazione e di ricerca atti a sondarne i messaggi; la centralità del Novecento e delle sue storie per costruire conoscenze e concettualizzazioni adeguate per una lettura del presente come storia; l'importanza della mediazione didattica operata dall'insegnante come ricerca di un terreno di congiunzione e di confronto tra la ricerca storica e i saperi e i bisogni formativi degli studenti.

Sul tema specifico del curricolo verticale è stata ribadita la necessità di superare la ciclicità ripetitiva dei programmi di storia in favore di un'ipotesi che prevede che la "storia generale" venga svolta una sola volta e in un arco di tempo che ne renda possibile un insegnamento/apprendimento rispettoso della complessità dei temi trattati nonchè delle molteplici intelligenze degli studenti. Ciò significa assegnare a questa parte del curricolo un periodo di tempo non inferiore a 5 anni, preceduto da una fase propedeutica, dedicata alla fondazione dell'alfabeto della storia nei primi anni (6/9 anni) del primo ciclo, e seguito nel triennio finale del secondo ciclo da una fase dedicata all'approfondimento di temi e problemi, privilegiando la dimensione del laboratorio e l'acquisizione della sintassi della conoscenza disciplinare.

Le principali oscillazioni si sono verificate attorno a vari punti, che qui vengono per comodità raggruppati in tre aree:

a) la proposta di una "nuova storia generale" contenuta nella relazione di A. Brusa, da collocare nella parte centrale del curricolo (gli ultimi tre anni della scuola primaria e i primi due anni della scuola secondaria), implica un doppio scardinamento: 1. viene messo in discussione il tradizionale impianto cronologico-lineare in favore di strutture temporali più complesse come le durate e le periodizzazioni; 2. si passa da una storia insegnata come "autobiografia della nazione" ad una pluralità di soggetti e oggetti storici e quindi ad una idea di storia della umanità in una prospettiva interculturale adeguata all'epoca della mondializzazione. Questo comporta da una parte la domanda se e fino a che punto sia oggi possibile disegnare una "storia generale", per quanto "nuova"; dall'altra una più attenta considerazione del modo in cui, abbandonato l'asse cronologico come principale collante della storia-materia, si possa sostituirlo con categorie del tempo storico più complesse e più aderenti alla natura interna e ai ritmi dei fenomeni storici esaminati;

b) il rapporto tra logica del laboratorio e logica del curricolo: la proposta del "laboratorio di storia" è diventata patrimonio comune dell'iniziativa di innovazione nella didattica della storia per la sua capacità di porre in termini concreti un'alternativa praticabile alla didattica tradizionale e di confrontarsi con il problema della motivazione e del coinvolgimento degli studenti nel "fare storia" e nella sperimentazione delle procedure di ricerca. Nello spostare l'attenzione sul curricolo vanno mantenuti gli elementi di novità e di alternativa propri del laboratorio, evitando la deriva verso l'ingegneria istituzionale e il prevalere della prospettiva dell'insegnamento a scapito della centralità dell'apprendimento;

c) il problema dei "nuclei fondanti" e delle "conoscenze minime": se è vero che al centro del curricolo va collocato il sapere come processo e non come risultato, e quindi occorre ragionare in termini di competenze e cioè di capacità di muoversi all'interno della disciplina storica con la consapevolezza dei suoi strumenti e dei suoi metodi, ciò non può significare la rinuncia a indicare "nuclei fondanti", punti centrali del percorso storico portatori di senso, atti a far abitare il tempo presente e a fare degli studenti dei cittadini a pieno titolo della realtà in cui vivono. Proseguire su questa strada potrebbe però portare a ricadere nella logica del programma e della conseguente indicazione di contenuti perdendo di vista sia la necessità di tener conto dell'autonomia delle scuole, sia la centralità della mediazione didattica ricercata dall'insegnante nel rapporto tra sapere storico e bisogni formativi degli studenti.

Il dibattito, svoltosi in parte in seduta plenaria e proseguito poi in gruppi divisi per ordine di scuola, ha messo in luce come, a partire dalle questioni sollevate e dai punti di consenso identificati, sia necessario sviluppare ulteriormente la ricerca e la riflessione. Alla definizione di un nuovo curricolo di storia la rete degli Istituti e delle loro sezioni didattiche possono dare un apporto qualificato valorizzando le esperienze di ricerca storiografica, di documentazione e di ricerca didattica sviluppate nel corso del tempo, proponendo un punto di vista nello stesso tempo interno ed esterno alla scuola e quindi capace di proporre criteri non limitanti di scelta e di orientamento.

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