SUL CURRICOLO VERTICALE
di Laurana Lajolo (Presidente Commissione Didattica, Insmli)


 

In preparazione del secondo modulo della Scuola di formazione Landis e del Convegno sul curricolo, mi pare importante sottolineare alcuni aspetti innovativi della proposta sul curricolo che si sta delineando, partendo dai due documenti prodotti nel corso della discussione e dell’elaborazione collettiva. La riforma della scuola, approvata in via definitiva, comporta, infatti, tra le altre cose, la revisione dei curricoli disciplinari, e, in specifico per quanto ci riguarda, la definizione di un curricolo verticale di storia, che superi la ripetitività dei cicli e indichi un nuovo approccio alla materia. Premesse del ragionamento e della proposta del curricolo sono, oltre alla legge di riforma, il decreto sull’insegnamento della storia contemporanea; le indicazioni del documento dei saggi sui saperi minimi ; il regolamento sull’autonomia scolastica. Infatti da tali normative emergono delle direttrici e prospettive generali, che ricadono specificatamente anche sulla nostra progettualità dell’insegnamento/apprendimento della storia. La definizione di una nuova enciclopedia del sapere pone l’interrelazione tra aree formative da sempre separate e quindi l’interdisciplinarità e la trasversalità; la centralità delle competenze degli studenti e la flessibilità del sistema scolastico; il sistema integrato scuola-lavoro; la considerazione della storia come materia curricolare. Inoltre, l’istituzione da parte del Ministero di una tavola di consultazione delle associazioni disciplinari , a cui siamo stati chiamati, in merito al curricolo è un’interessante proposta di una ricerca comune tra più soggetti. La proposta di curricolo verticale parte dalla nostra specificità di Istituti di ricerca in campo storiografico e in campo didattico. Essa ridefinisce lo statuto della disciplina, in relazione ai bisogni formativi e agli stili cognitivi dei discenti, alle metodologie di apprendimento/insegnamento, prestando particolare attenzione alla definizione di una nuova storia generale (pluralità di scale spaziali e temporali), di quadri strutturali, con il raccordo interdisciplinare; di valorizzazione della pluralità delle storie (storie di genere, storie locali, microstorie, ecc.), nel quadro dell’ottica europea e della mondializzazione.

L’aspetto cognitivo ed operazionale della disciplina non esclude quello affettivo-relazionale e valoriale, secondo un processo, che prende avvio dalla costruzione delle categorie spazio-temporali per delineare le scansioni logiche e le mappe concettuali, in grado di interpretare il passato, partendo dalle domande del presente. Le competenze acquisite devono essere spendibili in settori produttivi in continua trasformazione, nell’ottica del sistema integrato scuola-lavoro.
La pluralità delle fonti, in particolare della storia contemporanea, ha stimolato la nostra attenzione all’interdisciplinarità tra i saperi umanistici e tecnico-scientifici, compresa la considerazione dei media e delle nuove tecnologie nel "fare storia".
In tale strategia complessiva si colloca anche la relazione tra memoria e storia (memoria individuale, collettiva, storiografia) e l’uso pubblico della storia nella ricostruzione del passato.

Pensiamo a una scuola del saper fare, dell’imparare per imparare, della formazione e della valorizzazione di un’intelligenza duttile degli studenti e, quindi, la metodologia del laboratorio e le sequenze dal vicino al lontano e dal presente al passato assumono un ruolo centrale.
Il laboratorio diventa una pratica ordinaria, e non episodica nell’ottica del sapere come processo, superando la trasmissione e l’acquisizione passiva di conoscenza. Entra a costituire i momenti-chiave del sapere, in quanto luogo logico delle operazioni cognitive; in quanto luogo fisico di sperimentazione di un rapporto di cooperazione tra docenti e studenti, fino a dilatare gli spazi educativi all’intera scuola (archivi, biblioteche, laboratori scientifici) e al territorio di pertinenza (la città e il paese); in quanto luogo virtuale del collegamento con le reti informatiche.
La nostra proposta di curricolo verticale, focalizzata sulle esigenze formative degli studenti e sulle scansioni logico-cognitive della disciplina, intende indicare quadri di riferimento e metodologie, ma, al contempo, risultare flessibile, cioè non prescrittiva di specifiche articolazioni di programmi, che vanno demandate all’autonoma progettazione delle scuole. Il dato rilevante è che nella nostra scansione del curricolo prevediamo la conclusione del programma di storia generale fino allo studio della storia contemporanea nel limite dell’obbligo (15 anni), dedicando l’ultimo triennio all’approfondimento di nuclei tematici.
In raccordo con la scuola dell’infanzia, dai 6 ai 15 anni si prevede la costruzione di un nucleo elementare attraverso la formazione delle categorie spazio-temporali secondo le prospettive della quantità, qualità e socialità.
Dai 9 ai 15 anni viene collocato lo studio della storia generale, in connessione con la geografia, le scienze sociali ed altre aree, attraverso un curricolo organizzato per moduli, che consentirà una più facile certificazione delle competenze raggiunte. I quadri tematici faranno riferimento alla mondialità, intrecciata alla dimensione europea, nazionale e locale-territoriale.
Dai 15 ai 18 anni si ipotizza l’approfondimento di alcuni nodi tematici, con particolare attenzione allo studio della problematicità del presente.
Il secondo modulo della Scuola di formazione Landis (Reggio Emilia 24-25 febbraio) e il prossimo convegno Landis, programmato per il 28 marzo  saranno tappe significative anche pubbliche. Credo che la discussione debba interessare tutti gli Istituti e i docenti, che potranno pubblicare i loro contributi sulla rivista on-line.

 

(febbraio 2000)