Riportiamo dalla mailing-list della SISSCO (Società Italiana per lo Studio della Società Contemporanea) http://www.iue.it/LIB/SISSCO/info/lista.html  un intervento di Paola  Di Cori

 

Il giuramento di Clio. A proposito di manuali di storia e di altre calamità innaturali

di Paola Di Cori

 

Dopo le roventi polemiche seguite alla mozione presentata dal Consiglio regionale del Lazio sui manuali di storia, che la rozza e pericolosa pretesa censoria di Storace sia da rigettare nettamente sembra fuori discussione. Più utile è forse evidenziare alcuni aspetti emersi dalla polemica da essa scatenata che riflettono mutamenti profondi in atto nella società italiana. Molto inquietante al riguardo è stata la conferma circa l'esistenza di forti tentazioni autoritarie presenti nel paese; in risposta a quanto deliberato nel Lazio, altre 5 regioni hanno subito preso in considerazione, anche se in seguito l'hanno accantonata, la possibilità di adottare misure di controllo sui manuali.

Tuttavia, da un altro punto di vista, questa polemica ha svolto una funzione di rispecchiamento nei confronti di quella crisi del senso storico intorno a cui nell'ultimo decennio sono stati sparsi fiumi di inchiostro in tutte le regioni del globo. In pochi giorni (la mozione è stata presentata il 9 novembre, e l'intervento ampiamente condivisibile del presidente del consiglio Giuliano Amato del 15 novembre si pone a chiusura di una prima ondata di reazioni), attraverso la discussione sulla legittimità o meno del fatto che i consiglieri regionali intervengano sui libri di testo adottati nelle scuole, un pubblico molto ampio di non specialisti ha avuto modo di prendere contatto con alcuni dei problemi principali che agitano la storiografia contemporanea e non solo quella.

La parte del leone, come anche i lettori meno avvertiti avranno colto, l'ha svolta la questione dell'obiettività, da sempre argomento di dispute secolari tra coloro che si occupano professionalmente di storia, e più di recente al centro di accanite battaglie teoriche tuttora in corso. Si tratta di una questione apparentemente accantonata dalla maggior parte degli storici, che preferiscono impegnarsi a fornire spiegazioni circa l'esistenza di una varietà di metodologie, di possibili percorsi di ricerca e di risultati di entrambe. Ciò non toglie che all'interno delle associazioni di mestiere e presso i dipartimenti universitari sia ampiamente condiviso e praticato un senso di responsabilità etica nei confronti del proprio lavoro, dei materiali utilizzati per la ricerca e della loro destinazione. Esiste cioè una specie di implicito "giuramento di Clio" relativo all'uso e manipolazione delle fonti, alla presentazione e rappresentazione dei fatti e dei problemi studiati. Sebbene tutti/e coloro che oggigiorno si impegnano nel mestiere non potrebbero né auspicare né scrivere un testo "obiettivo", qualcosa che infatti è un oggetto impossibile da trovarsi, è altrettanto evidente che - pur all'interno di un'ampia gamma di discrezionalità - chiunque scriva manuali è tenuto/a a rispettare il "giuramento di Clio"; vale a dire che mentre sono consentite scelte interpretative diverse di carattere politico-ideologico, non sono ammissibili omissioni abnormi nè deformazioni evidenti di eventi e problemi pienamente accertati dalla più recente documentazione raccolta e scientificamente analizzata.

Ma se tali indispensabili cautele risolvono in parte la questione dell'obiettività, almeno nei suoi elementi più generali e generici, questa stessa obiettività viene messa a dura prova da altre componenti fondamentali che solo negli ultimi decenni sono intervenute a trasformare in profondità il modo con cui la storia si studia, si scrive e si insegna. Mi riferisco alla questione relativa alla pluralità dei soggetti protagonisti della Storia con la maiuscola, la cui introduzione relativamente recente comporta l'esistenza ormai di una molteplicità di storie possibili, spesso tra di loro conflittuali. I contrasti intorno ai manuali non sono che il riflesso delle tante difficoltà che ormai caratterizzano le veloci trasformazioni che investono le società in cui stiamo vivendo, e l'ancor più rapido processo di dis-omologazione delle sue diverse componenti, un tempo rassicurantemente aggruppate in forme di classificazione riconosciute.

E' però un dato di fatto che gli spazi in cui ci troviamo a vivere nell'attualità sono ormai irriconoscibili anche a chi li ha sempre abitati; e di tutto ciò parlano le polemiche sui manuali. Sebbene la fine di una storia uguale e comune all'intera umanità, quella che ci raccontavano i testi adottati nelle scuole fino agli anni Ottanta, sia stata salutata con sollievo da chi in essa non ha mai avuto alcun ruolo - cioè da tutti/e quei milioni che appartengono alle cosiddette 'minoranze' sociali, etniche, religiose e sessuali esclusi per secoli dai vecchi manuali -, è evidente che il risultato non ha dato luogo a un immaginario teatro contemporaneo dove ciascuno/a può rispecchiarsi in maniera soddisfacente. Da alcuni anni a questa parte il manuale di storia ha subìto una progressiva trasformazione; da un racconto più o meno coerente con un numero relativamente esiguo di personaggi, è diventato un insieme disomogeneo, con protagonisti sempre nuovi, fatto di capitoli aggiunti ad ogni nuova riscrittura per includere alcuni protagonisti rimasti fuori dalla versione precedente, o per correggere imperdonabili omissioni. E' ovvio che quelle pubblicate negli ultimi anni non possono affatto essere unanimemente accolte come storie obiettive e buone per tutti, esempi che un ideale illuministico duro a morire vorrebbe ancora poter concepire, e nelle quali ciascun lettore si può riconoscere e sentire rappresentato.

Da questo punto di vista, la conclusione pur paradossale che occorre ricavare dalla polemica sulla mozione della Regione Lazio, è che la vera storia censurata anziché essere quella dei manuali attualmente in uso, era invece proprio quella versione largamente accettata e divulgata che si studiava in altri tempi. Quella che Storace cerca di proporre oggi costituisce infatti soltanto una variante involgarita e inammissibile delle vecchie ricostruzioni settarie su cui abbiamo studiato e insegnato fino a pochi anni fa.

Nessuna ricetta facile, quindi, né soluzioni ideali: non si possono più accogliere i vecchi manuali, né sono tollerabili commissioni di censura controllate da organismi politici di qualunque natura essi siano; ma se per questo, non sembrano da preferire neanche alcune scialbe versioni "multiculturali" politicamente corrette, auto-consolatorie e pacificanti, con cui si vorrebbero minimizzare i segnali di conflitto o di ambivalenza insiti in ogni interpretazione; qualcosa che equivarrebbe a eliminare dal racconto storico ogni traccia umana.

Paola Di Cori
 è' stata docente affidataria del corso di Storia della storiografia contemporanea presso la Facoltà di Lettere, Università di Torino, nell'a.a. 1998-99 e docente supplente del corso di Metodologia della ricerca storica, presso la Facolta' di Magistero, Universita' di Torino dal 1992 al 1998.
E' membro del Collegio dei docenti del Dottorato in storia contemporanea - Dipartimento di Storia - Universita' di Torino e membro del Comitato Scientifico del CIRSDE, Centro Interdipartimentale di Ricerche e Studi delle Donne, Universita' di Torino.