Il 24 giugno 2004 il Dipartimento di discipline
storiche di Bologna ha organizzato un seminario per esaminare le
questioni poste dall’entrata in vigore delle Indicazioni
nazionali per i piani di studio personalizzati.
Sono intervenuti nel seminario i proff. Alberto De
Bernardi (direttore del D DS),
Paolo Prodi (DDS e
Giunta centrale degli studi storici), Tommaso Detti (Sissco),
Raffaella Baritono (SIS e
UNIBO),
Gaetano Greco (UNISI e
SISEM),
Alessandro Pastore (S ISEM E
Univr), Antonio Brusa (UNIBA),
Tiziana Lazzari (Reti Medievali e Dipartim. Paleogr. e Medievist. –
Unibo), Rolando Dondarini, Angela De Benedictis (DDS),
Antonino Criscione (commis. didattica INSMLI),
Flavia Marostica (IRRE ER),
Anna Galetti (scuola primaria, MCE),
Elda Guerra (LANDIS –
SIS –
SSIS),
Paolo Coppari (CLIO ‘92
– scuola media –SSIS),
Carla Salvaterra (Cliohnet – UNIBO).
Erano presenti altri storici di diversi
dipartimenti e più di 60 insegnanti di ogni ordine e grado
scolastico. La discussione ha messo in evidenza parecchi
problemi che i nuovi programmi di storia generano. Il documento li
esamina e li critica ad uno ad uno e avanza proposte per ispirare
altri programmi più favorevoli alla formazione del sapere critico di
studentesse e studenti.
Le critiche
1. L’importanza della formazione storica per la
formazione critica
Con passione concorde si rivendica il ruolo della
formazione storica nella formazione delle cittadine e dei cittadini:
di tutti i cittadini, indipendentemente dal percorso formativo che
ciascuno di essi segue negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza.
Tale ruolo non può essere soltanto dichiarato, ma deve essere
tradotto in indicazioni che siano capaci di promuovere insegnamento e
apprendimento potenti nella formazione critica. Eppure, questo ruolo,
che già appare assai poco rilevante, rischia di essere ulteriormente
depresso da molte mosse del M IUR.
Infatti, il MIUR nella
sua Guida ai percorsi universitari non attribuisce ai laureati
in storia lo sbocco professionale dell’insegnamento. E le Indicazioni
ministeriali qui in discussione riducono lo studio della storia
antica a una faccenda riservata ai bambini; non assicurano a tutti gli
scolari una uguale opportunità di formarsi con l’apprendimento
della storia, poiché molti adolescenti che sceglieranno la formazione
professionale non potranno più studiare la storia; hanno eliminato il
legame tra storia ed educazione civica; con la selezione e la
tematizzazione degli argomenti non ispirano la produzione di manuali
migliori; riducono il tempo dello studio della storia del ‘900;
riducono il tempo della storia nell’insegnamento. Le Indicazioni sono
una minaccia per l’avvenire della storia nel nostro paese.
Di fronte a questi indizi, ed ai gravi pericoli che
ne conseguono per la formazione dei cittadini in uno Stato
democratico, si ribadisce l’esigenza che non vengano preparati ed
imposti programmi di Storia differenziati secondo le diverse tipologie
degli istituti d’istruzione secondaria superiore (scuole
professionali comprese), ma conservino un carattere fortemente e
sostanzialmente unitario, al di là dei possibili approfondimenti in
relazione ad un maggiore orario d’insegnamento. In particolare, si
rifiuta l’ipotesi che singole storie specialistiche (dalla storia
economica a quella religiosa) possano essere utilizzate come gli assi
portanti del curricolo di Storia di scuole secondarie indirizzate alla
formazione di particolari figure professionali.
2. I contenuti e il carattere della storia
scolastica secondo le Indicazioni: una visione ideologica di
regime
I programmi del 1979 per la scuola
"media" e quelli del 1985 per la scuola elementare non
elencavano liste di contenuti ma i primi si limitavano ad attribuire
archi cronologici e i secondi contenevano vaghi riferimenti a
contenuti come i quadri di civiltà e la storia nazionale. Non
imponevano una selezione e una formulazione tematica degli argomenti.
Erano molto liberali e aperti. Di conseguenza il plasmare il carattere
della storia scolastica è dipeso dai produttori dei libri di testo
che hanno liberamente potuto accogliere nella manualistica le
conquiste della storiografia esperta sia per quanto riguarda i temi,
sia per la composizione delle conoscenze sia per la varietà delle
interpretazioni.
Le Indicazioni attuali elencano, invece, un
inventario completo di contenuti e li formulano tematicamente e
concettualmente. In tal modo impongono ai produttori di storia
scolastica – che devono conformarsi ad esse per stare nel mercato
– la selezione delle conoscenze e la loro tematizzazione. La
presenza di manuali conformisti finirà per affermare una visione
unica della storia, che diventerà una vulgata senza rapporti con le
conoscenze elaborate dalla storiografia esperta.
Ecco alcuni esempi di tale propensione ad imporre
il senso comune storico e la visione ideologica di regime: si dice
"comparsa dell’uomo" invece di "ominazione",
si scrive "la civiltà europea dopo il Mille e l’unificazione
culturale e religiosa dell’Europa: le radici di una identità comune
pur nella diversità dei diversi sistemi politici" come se
non ci fossero stati gli scismi e le persecuzioni dell’eterodossia e
se il mondo bizantino non facesse parte dell’Europa. Si scrive
pudicamente "l’apertura dell’Europa ad un sistema mondiale
di relazioni: la scoperta dell’"altro" e le sue
conseguenze" come se non ci fossero stati i colonialismi e i
loro terribili misfatti. Si scrive "la crisi della sintesi
culturale, politica e sociale del Medioevo" come se fosse
possibile pensare ad un’Europa medievale senza conflitti, senza
differenze. Si scrive "la crisi dell’unità religiosa e la
destabilizzazione del rapporto sociale" senza citare i
protestantesimi e i cruenti conflitti generati dal radicalismo
religioso. Si scrive "la competizione tra Stati e le sue
conseguenze" tacendo ipocritamente sui fenomeni
imperialistici; si scrive "i totalitarismi" per non
nominare il fascismo e nazismo. Ma ciò che è omesso è ancora più
gravido di effetti deleteri sulla cultura storica dei "buoni
europei": tutta la sfera della storia politico-istituzionale, di
quella economica e sociale può e deve essere ignorata. Così come
può e deve essere ignorato che la storia è storia di uomini e donne:
infatti non c’è un solo accenno di ricezione della storia di
genere.
Turba profondamente immaginare quale sapere storico
potrebbe generare un manuale che si conformi alla lista del M IUR.
Un sapere che non riesce a rendere conto nè dei processi politico
istituzionali che hanno portato dall’organizzazione feudale allo
stato di diritto, nè dei processi di formazione dell’Europa dall’Atlantico
agli Urali, nè di fenomeni epocali come – tanto per fare alcuni
esempi - la formazione delle economie mondo e delle loro connessioni,
come lo schiavismo e la fine tardiva della schiavitù, come i processi
di industrializzazione e la formazione delle masse operaie, come il
colonialismo e l’imperialismo e la susseguente decolonizzazione,
come l’emancipazione femminile, come la persecuzione degli ebrei e
la shoah... Le Indicazioni hanno deciso che lo studente
italiano deve conoscere solo un po’ di storia europea. Ma non è
solo la storia antica ad essere colpita, poiché anche la storia
medievale, la storia moderna, la storia nazionale, la storia d’Europa,
la storia contemporanea verranno mal conosciute e non comprese in conseguenza delle scelte
contenutistiche e tematiche dettate dall’ideologia ministeriale.
Col dettare una lista finita o esemplificativa di
contenuti - al di là del fatto che essa sia condivisibile o meno,
completa o parziale, aggiornata o datata - le Indicazioni suggeriscono,
comunque, l'idea che la storia sia un corpus limitato di conoscenze da
apprendere gradualmente con diversi livelli di specializzazione
cronologica o tematica, piuttosto che promuovere l'idea che anche la
storia è una disciplina fatta di teorie e di prassi che guarda la
realtà umana attraverso metodologie, categorie e interpretazioni che
mutano a seconda di tempi e luoghi diversi. Esse, inoltre, avviliscono
la conoscenza storica alla funzione di plasmatrice di identità
piuttosto che esaltarne il valore cognitivo. Queste Indicazioni costituiscono
una minaccia per la formazione critica dei giovani, proprio perché
contraddicono i caratteri essenziali del lavoro della comunità degli
storici.
3. Un processo di decisione "catacombale"
Il processo di decisione che ha portato ai testi
allegati al decreto di riordino dei cicli è stato
"catacombale", niente affatto trasparente: non ha coinvolto
le associazioni degli storici, né le associazioni di didattica
disciplinare, né ha tenuto conto delle buone pratiche didattiche che
si sono elaborate nel quadro dei programmi del 1985 e del 1979 e del
decreto sulla nuova periodizzazione del ciclo di storia della scuola
media, né ha reso possibile agli insegnanti di discutere dei testi
prima della loro emanazione né, infine, ha dato agli editori il tempo
per poter elaborare con perizia testi per la scuola elementare.
4. Un testo schizofrenico
Il testo delle Indicazioni afferma dei
principi e li contraddice subito dopo creando per gli insegnanti una situazione di "doppio legame" generatore
di ansie schizofreniche:
- riconosce la piena autonomia degli istituti
scolastici e degli insegnanti a programmare a trasformare gli
obiettivi indicati in propri obiettivi formativi, ma contraddice tale
affermazione con la confezione di una lista di contenuti rigida e
asfittica;
- esalta la conoscenza delle radici classiche e
giudaico-cristiane ma contraddice tale esaltazione diminuendo il ruolo
della storia antica e della storia del cristianesimo. Tace del tutto
sulla storia dell’ebraismo e degli ebrei dopo l’età antica;
- pretende che gli studenti distinguano "tra
svolgimento storico [sic], microstorie e storie settoriali o
tematiche", ma chiude gli accessi alle storie settoriali e
tematiche;
- vuole che gli scolari scoprano "specifiche
radici storiche medievali e moderne nella realtà locale e
regionale" e che approfondiscano le dimensioni e le risonanze
locali di fenomeni ed eventi di interesse e portata nazionale e
sovranazionale, ma non dice nulla a proposito dell’insegnamento
delle storie a scala locale;
- si attende che gli scolari sappiano "distinguere
tra storia locale, regionale, nazionale, europea, mondiale, e
coglierne le connessioni, nonché le principali differenze (anche di
scrittura narrativa)", ma esclude ogni conoscenza a scala
mondiale;
- indica gli obiettivi che gli scolari sappiano "usare
il passato per rendere comprensibile il presente e comprendere che
domande poste dal presente al futuro trovano la loro radice nella
conoscenza del passato" e che sappiano comprendere "di
un quotidiano o di un telegiornale le notizie principali, utilizzando
i nessi storici fondamentali necessari per inquadrarle o sapendo dove
andare a reperirli", ma esclude tutte le conoscenze di storia
economica, sociale, di genere, e quelle a scala mondiale che sono ogni
giorno in gioco nella comprensione dei processi storici in corso;
- addita la esigenza della correttezza
epistemologica delle discipline di studio e la contraddice con la
proposta di un storia segnata ideologicamente e con l’includere
argomenti che sono pertinenti alle scienze della Terra e non alla
storia ["La terra prima dell’uomo"];
- raccomanda di "distinguere e selezionare
vari tipi di fonte storica, ricavare informazioni da una o più
fonti" ma non rileva che le fonti sono in genere beni
culturali e trascura ogni accenno all’educazione al patrimonio;
- infine, contraddice tutti gli obiettivi riducendo
il tempo dedicato all’insegnamento della storia.
5. Il tempo della storia scolastica
Si è espressa una forte preoccupazione per la
riduzione del tempo d’insegnamento della storia. Infatti, un
insegnamento efficace per la formazione critica richiede che l’insegnante
organizzi e guidi l’apprendimento e le pratiche laboratoriali
conseguenti richiedono tempi distesi di interazione tra insegnanti e
allievi, dunque maggior tempo per migliorare la formazione storica. Ma
il riordino promette minor tempo per la storia sia in conseguenza
della eliminazione delle 30 ore di educazione civica nella scuola
"media", sia per la menomazione del tempo dedicato alla
storia antica e a quella del ‘900, sia per il rischio che la storia
sia trascurata dal maestro tutor a cui vengano attribuite tutte le
discipline più importanti.
Le proposte
6. I criteri di validità di nuovi programmi
Un programma può essere riconosciuto valido:
a. se riesce ad ispirare sistemi di conoscenze atti
ad essere insegnati nei tempi debiti e con i modi operativi;
b. se ispira un insegnamento capace di assicurare
un percorso formativo comune a tutti gli studenti e le studentesse e
che fornisca grandi quadri cronologico-spaziali e di sapere critico;
c. se riesce ad ispirare agli editori e autori
libri di testo più rispettosi delle elaborazioni alte della
storiografia esperta;
d. se orienta e ispira gli insegnanti e li motiva a
studiare oltre la laurea e l’abilitazione;
e. se mette in condizione di formare cultura
storica atta a far comprendere il mondo attuale che è generato da
lunghi processi di trasformazione ed è ormai plurale e interrelato;
f. se dà valore alla conoscenza delle storie a
scala locale;
g. se induce a includere nei processi di
insegnamento e di apprendimento i beni culturali
h. se non suggerisce l'idea che la storia sia un
corpus limitato di conoscenze da apprendere gradualmente con diversi
livelli di specializzazione cronologica o tematica.
Pensare programmi vuol dire pensare nuove storie da
insegnare con nuovi metodi e nuove risorse: tutte novità che non
possono essere elaborate che attraverso seminari, convegni, dibattiti
nei quali si incrocino le riflessioni degli storici e degli studiosi
dei problemi dell’insegnamento della storia. Ad un esito positivo non portano commissioni
formate con cooptazioni partigiane e con orizzonti angusti. E gli
attuali programmi non soddisfano nessuna delle condizioni elencate.
Che cosa rivendicare per ovviare ai rischi insiti nell’applicazione
conformistica da parte degli editori e di insegnanti che non assumono
l’autonomia riconosciuta come un punto di forza per impostare
diversamente il sapere storico? Ecco la proposta di alcuni caratteri
che dovrebbero caratterizzare la storia scolastica.
7. Processi di lungo periodo
I programmi scolastici dovrebbero raccomandare di
fondare la cultura storica sulla conoscenza dei processi di lunga
trasformazione che travalicano le barriere cronologiche dei singoli
fatti e quelle dei periodi canonici. Non è possibile comprendere il
modo in cui si configurano i problemi attuali senza risalire molto
indietro nel passato e senza che l’inizio dei fenomeni non sia
considerato processualmente legato alla fine attuale. Ad esempio, come
si può comprendere l’egemonia degli USA oggi senza tener conto non
solo della "Rivoluzione americana" ma di altri importanti
fatti della storia statunitense dell’800 e del ‘900? Ma le Indicazioni
inseriscono nell’elenco solo la Rivoluzione americana
8. Scala spaziale adeguata ai fenomeni
Contro la tendenza a ridurre la scala di
osservazione dei fenomeni alla sola Europa occidentale, occorre
sottolineare che ogni fenomeno storico ha una scala spaziale
privilegiata di osservazione per l’intelligibilità dei processi e
degli aspetti: essa può essere la scala mondiale per tanti processi
che non potrebbero essere compresi senza la visione delle connessioni
tra gli scenari disparati del mondo e può essere la scala locale per
costruire conoscenze capaci di essere la base per la comprensione di
fenomeni sovralocali. I programmi dovrebbero raccomandare che la
formazione storica e critica si elabori con la composizione di
conoscenze a scale spaziali diverse.
9. Storia di donne e uomini
La cultura storica e critica deve comporsi di
conoscenze che siano capaci di far comprendere come i processi storici
hanno coinvolto le donne e come le donne sono state elemento
importante del loro svolgimento e come i rapporti di genere si sono
configurati, trasformati e diversamente costruiti nel corso della
storia.
10. I beni culturali come strumenti per la
formazione storica e civica
Programmi che vogliano sollecitare la formazione
storica e civica devono mettere in forte rilevanza la convenienza ad
usare i beni culturali nell’insegnamento e nell’apprendimento
della storia.
11. La storia del ‘900
I processi storici si comprendono assumendo la
scala temporale di lungo periodo per analizzarli, ma non possono
essere compresi se non si studiano anche i loro esiti e le
trasformazioni a cui hanno portato nel corso del ‘900. Perciò
assegnare all’ultimo anno di corso troppi processi comporta la
conseguenza già verificata che gli insegnanti non riescono a gestire
la programmazione per svolgere in modo soddisfacente i processi
novecenteschi. Per questo motivo si suggerisce di preferire per l’ultimo
anno di ogni ciclo la periodizzazione 1870-fine XX secolo anzichè
quella dall’età napolenica al 1970 con la convinzione che gli
allievi potranno comprendere meglio i processi in corso se
conosceranno il loro lungo svolgimento e i loro recenti esiti.
12. La storia nei licei
Si è concordi nel raccomandare alle commissioni
che stanno elaborando i programmi per i licei di a. non diversificare
l’essenziale dei programmi secondo l’asse culturale degli istituti
di istruzione secondaria di II grado, per non formare culture storiche
di diversa qualità; b. distendere il programma per tutti i cinque
anni di corso degli istituti superiori (contro la possibilità di
distinguere tra un quadriennio e un "monoennio" terminale),
in modo da rendere più agevole l’affrontare lo svolgimento delle
storie a diversa scala spaziale; c. indicare all’insegnamento e all’apprendimento
un forte carattere critico mediante l’esame di molteplici
interpretazioni storiografiche su temi e problemi controversi.
13. Questione dello sbocco professionale dei
laureati in storia e delle classi abilitanti
Al corso di Laurea in Storia deve essere
riconosciuta opportunità di promuovere professionalità all’insegnamento
uguale a quella di altri corsi di laurea umanistici. Occorre
individuare classi di abilitazione adeguate per questo e la Storia
dovrebbe essere insegnata da laureati in Storia. A tal fine si propone
l’abbinamento della nostra disciplina alla Geografia ed alle Scienze
Sociali (Antropologia, Sociologia e Demografia), in accordo ad una
pratica scientifica ormai consolidata nel lavoro degli storici.
In ogni caso, ai fini della qualità dei futuri
docenti di Storia si ritengono irrinunciabili almeno due requisiti per
l’accesso all’insegnamento di tale disciplina:
a. il possesso preliminare di una preparazione
disciplinare sull’intero curricolo diacronico di Storia: possesso
certificato tramite il superamento dei corrispondenti esami
universitari;
b. il superamento di specifici esami disciplinari
con prove scritte, tanto all’inizio quanto alla conclusione dei
corsi di formazione professionale con valore di abilitazione, oppure
in occasione dei concorsi di abilitazione e/o di assunzione a tempo
indeterminato.
13. L’identità inventata e la centralità dell’educazione
civica
Contro ogni tentazione ideologica e di "uso
pubblico" della Storia, la comunità degli storici ribadisce l’assoluta
irrilevanza scientifica delle chiacchiere sull’uso della storia per
la costruzione di presunte "identità" (etniche, politiche,
religiose, culturali, sociali e via dicendo) e rifiuta decisamente l’ipotesi
che la nostra disciplina si faccia strumento di trasmissione di simili
vaneggiamenti ai giovani. Da tempo, fra gli storici è acclarato al di
là di ogni ragionevole dubbio che:
a. ogni soggetto storico non è mai definito una
volta per sempre, ma al contrario muta e si trasforma nello
scontro-confronto con altri soggetti e che in tale situazione si
definisce provvisoriamente;
b. ogni individuo non è portatore di un’identità
monoliticamente primigenia, ma costruisce la sua personalità
acquisendo e componendo insieme – più o meno coscientemente – una
pluralità di "appartenze", anch’esse mutevoli nei tempi e
negli spazi della propria esistenza.
Pertanto, gli storici italiani, ribadendo la
centralità dell’educazione civica fondata sui principi della
costituzione italiana nel processo formativo dei giovani, richiamano
il legislatore a riconoscere e ribadire la funzione civile dell’insegnamento
della Storia come educazione alla scoperta, all’analisi ed al
confronto delle diverse appartenenze compresenti nel singolo
individuo, nei segmenti sociali, nelle comunità di diversa
dimensione, lungo l’arco del tempo e negli spazi vissuti dagli
uomini.
Hanno approvato il documento fino al 07-07-2004 h.
16.30 i seguenti professori, professoresse, ricercatrici e ricercatori in
storia:
Alberto De Bernardi (direttore del D DS),
Paolo Prodi (DDS,
PRESIDENTE DELLA GIUNTA
CENTRALE
DEGLI STUDI STORICI), Gaetano
Greco (SISEM,
UNISI),
Raffaella Baritono (SIS,
UNIBO),
Ivo Mattozzi (DDS,
PRESIDENTE DI "CLIO
’92"), Antonio Brusa (UNIBA,
UNIPV),
Flavia Marostica (IRRE ER),
Cesarina Casanova (DDS e
SSIS BOLOGNA),
Giancarlo Angelozzi (DDS e
SSIS BO),
Adriano Prosperi (UNIPI),
Livio Zerbini (Dipartimento di Scienze Storiche, UNIFE),
Elena Migani (dottoranda UNITS),
Paolo Capuzzo (dottorando DDS-UNIBO),
Giovanni Geraci (PRESIDENTE DEL
CORSO DI LAUREA IN STORIA , UNIBO),
Aurora Delmonaco (PRESIDENTE
DELLA COMMISSIONE DIDATTICA DELL’INSMLI),
Rolando Dondarini (DDS
– SSIS
BO),
Carla Salvaterra (DIPARTIMENTO DI
STORIA ANTICA UNIBO),
Silvia Mascheroni (Studiosa
di storia dell’arte e di educazione al patrimonio)
L E
SIGLE:
D DS =
DIPARTIMENTO DI DISCIPLINE
STORICHE DELL’UNIVERSITÀ
DI BOLOGNA
I NSMLI =
ISTITUTO NAZIONALE
PER LA STORIA
DEL MOVIMENTO
DI LIBERAZIONE IN ITALIA
I RRE ER
= ISTITUTO
REGIONALE DI RICERCHE EDUCATIVE DELL’EMILIA
ROMAGNA
S IS =
SOCIETÀ ITALIANA
DELLE STORICHE
S ISEM =
SOCIETÀ ITALIANA DEGLI STORICI
DELL’ETÀ
MODERNA
S ISSCO =
SOCIETÀ ITALIANA
PER LO STUDIO
DELLA SOCIETÀ
CONTEMPORANEA
S SIS =
SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE ALL’INSEGNAMENTO
SECONDARIO
|