Caro studente di
storia,
come cittadina
italiana ti chiedo scusa. Ti ho sempre detto che lo stato vero, quello
che tu incontri in mille modi nella tua giornata un po’ perplessa,
un po’ indifferente, non è la Repubblica dei filosofi, non è né
cultura al potere, né potere della cultura ma mai, dico mai, ti ho
fatto capire che si può, se si vuole, mettere insieme in una traccia
per l’Esame di Stato tale insipienza storiografica quale quella che
ti è stata proposta ieri: "Il terrore e la repressione politica
nei sistemi totalitari del Novecento".
Ti chiedo scusa,
anche, come insegnante di storia per averti insegnato cose che non ti
hanno aiutato certo a svolgere tale traccia.
Sì, ti ho detto che
i numeri contano nelle proporzioni degli accadimenti, ma non ti ho mai
insegnato a comprendere i fenomeni sulla base di una contabilità
secca: un mucchio di morti da qua, un mucchio più alto di morti da
là, dunque…
E, quando le
proporzioni erano necessarie, ti ho sempre spinto a controllare che
non ci fossero trucchi, che non si barasse sulle quantità, che ciò
che era nel dubbio dovesse essere lasciato nel dubbio: non si possono
ridurre le migliaia a centinaia e calcolare ad occhio le centinaia di
milioni. Ma non è questo il punto peggiore.
Ti ho insegnato,
almeno lo speravo, che le proporzioni dei fenomeni sono solo una spia
della loro vastità, ma che non ti danno modo di comprenderne la
qualità. Mi spiego. Da quando eri piccolo ti è stato insegnato che
per qualunque realtà storica si dovessero stabilire innanzitutto tre
dati: dove, quando, chi. Lo spazio, dunque, il tempo, i soggetti e le
loro relazioni possono aiutarti anche nella comprensione delle
quantità.
Seguimi un attimo:
nella traccia che ti è stata proposta si citano innanzitutto l’Italia,
senza date, ma tu lo sai che il fascismo è durato vent’anni circa.
Soggetti: prigionieri politici, confinati in domicilio coatto,
esiliati e fuoriusciti politici. E gli ebrei consegnati ai nazisti in
Italia, quelli spogliati di tutto, delle case e del lavoro, ed anche
della vita, dove li mettiamo? E i crimini di guerra in Etiopia, in
Grecia, in Albania, in Iugoslavia, crimini fascisti, tra cui rientra
anche la prima stagione delle foibe, non esistono? E poi, chi volle
tutto questo? In nome di che cosa?
Poi viene il nazismo:
Germania, 1933-1939, 1939-1941, "durante la guerra", dunque
1939-1945. Ti ho sempre insegnato che le periodizzazioni hanno un
senso per chi le formula ma, in questo caso, non so spiegarti, e me ne
scuso, il loro significato anche perché la punteggiatura è di quelle
che, se l’avessi usata così in un tuo compito, ti avrei invitato ad
essere meno ambiguo. I 6 milioni di ebrei e gli altri sono "stati
uccisi "durante la guerra" oppure "sono morti nei campi
di concentramento" come "più di un milione di deportati e
decine di migliaia di zingari"? E poi, morti come? Suicidi per
disperazione, vittime delle inclemenze del tempo, o perché malati e
deboli per conto loro? Comunque, anche qui abbiamo dei soggetti,
vittime senza ombra di carnefici.
Al di là della
macabra contabilità, la storia, quella vera che ti insegna a
comprendere i contesti, le relazioni in atto, le tendenze e le
situazioni diverse, quella che ti chiede la completezza delle
informazioni, quella che ti ho insegnata, non ha campo. Lo
spezzettamento delle date può far pensare ad un punto di vista "funzionalista",
così si dice in storia: vuol dire che, a seconda dei momenti, il
nazismo scelse ciò che più gli conveniva, e quindi cambiò
obiettivi. Fu così che, durante la guerra, "morirono" gli
indesiderati ebrei, prigionieri di guerra sovietici e zingari, più
vari altri "deportati", fra cui, non costava molto dirlo,
gli omosessuali ed i testimoni di Geova. Ma, a parte il fatto che un’altra
scuola storica, quella degli "intenzionalisti" vede le cose
in modo diverso, e cioè rintraccia nel percorso del nazismo una linea
più coerente tra le fasi, per parlare solo degli ebrei essi
"morirono" per una ragione precisa: l’antisemitismo.
Altrimenti non si capisce il breve cenno al "genocidio" che
ti si presenta fra le citazioni d’appoggio. Ma questo avrebbe
spostato l’attenzione dalle vittime ai carnefici. E ti avrebbe dato
modo di riflettere, storiograficamente, sul fenomeno del nazismo, e su
vari aspetti della realtà odierna.
Poi viene il
comunismo. Lo spazio ed il tempo sono indicati in modo anomalo: la
Russia comunista fra il 1936 ed il 1938, mentre per "regimi
comunisti" all’ingrosso viene indicato mezzo mondo seguito da
un "ecc." senza indicazione di tempo, senza soggetti: solo
la cifra tonda di 100.000.000 di "persone contrarie al
regime", che fa certo impressione e che può reggere dal punto di
vista giornalistico, ma non nella disciplina della storia: spazio
ambiguo, tempo non precisato, soggetti non sufficientemente definiti.
Ed anche qui, vittime, ma non carnefici. La vaghezza delle indicazioni
inchioda ad una sola cifra, enorme anche se non documentabile, una
storia durata quasi un secolo, in mezzo mondo. Si parla di
"regimi" unificati dal solo aggettivo "comunisti",
si fa cenno con le date al "terrore staliniano" e tutto il
resto è solo quel numero, spiegato con "persone contrarie al
regime". Non è vero. Gli spazi contano, per capire: una cosa è
la Cina, un’altra la Cambogia, un’altra l’URSS, un’altra Cuba,
per dirne solo alcuni; e conta il tempo: una cosa è il 1936, un’altra
il 2003, ultime condanne a Cuba, ma anche in Cina ed altrove; e
contano i soggetti: membri anche eccellenti del Partito, contadini
spostati e decimati in massa, intellettuali, operai in lotta contro l’industrializzazione
forzata, Tedeschi del Volga, stranieri, religiosi, donne ed uomini
travolti da molte storie, incolpevoli. E, tutti insieme, spaventosa
distesa di vittime, fanno parte dell’enorme storia, complicatissima,
delle lotte di classe e dell’enorme speranza di masse di diseredati
per una maggiore giustizia sociale, che ha traversato come un’onda
sismica l’intero Novecento, dividendosi, coniugandosi in alcuni
luoghi con la democrazia (come dimostra quel Carlos Altamirano che
viene citato nella traccia) ed in altri, troppi, sfociando in modi
diversi nelle forme dell’oppressione. Al di là della cifra delle
vittime, è questa speranza, forse, la vittima peggiore. Ma non conta
fra i morti.
E poi, per completare
il "secolo degli orrori", si allude ad altri scempi così,
alla rinfusa, morti per pulizia etnica e per ragioni religiose, per
follie dittatoriali e per rappresaglia, e si potrebbe continuare. Non
hanno nessun senso storiografico, soprattutto se inseriti sotto un
titolo come quello che ti si propone. Non c’entrano, con essi, i
totalitarismi. Ma, forse, sono state messi lì per giustificare l’inserimento
delle foibe istriane, che fanno parte di un altro capitolo della
storia.
Ecco, siamo all’ultima
notazione sulla traccia. Ti ho abituato a pensare che, quando i
fenomeni sono così complessi, la storiografia usa rinchiuderli in
"categorie" che non hanno una realtà vera e propria, come
Anna Frank o come Giacomo Matteotti o come Nikolaj Bucharin o Varlam
Shalamov, ma servono a riassumere, nell’interpretazione della
storia, classi di realtà e di fenomeni, tipo Rinascimento,
Capitalismo, eccetera. Sono utilissime, a patto che la convenzione
per cui sono nate, discussa dagli storici, sia rispettata. Non posso
chiamare "Rinascimento" la fine di un’epidemia oppure
"Capitalismo" una serie di esecuzioni capitali. Questo ti ho
insegnato. Ma adesso tu trovi sotto la categoria
"totalitarismo" di tutto un po’: totalitarismi (Hannah
Arendt ne riconosceva solo due: nazismo e stalinismo) ma anche
dittature, regimi autoritari, scontri tribali e religiosi, contrasti
etnici e politici, fino ai non citati 111 paesi denunciati da Amnesty
International per l’applicazione della tortura: ti basti sapere che,
per tale Organizzazione, anche l’Italia "non è al di sopra di
ogni sospetto" (comunicato stampa del 26 giugno 2002, in cui si
denunciano i 111 paesi).
Non ti ho aiutato,
dunque, a fare il tuo compito per l’esame, perché ti ho insegnato
un’altra storia.
E, tuttavia, se tu
hai seguito bene il percorso che abbiamo fatto insieme, una via per
capire "storiograficamente" la traccia ce l’hai. Ti ho
sempre fatto comprendere che ogni atto può essere letto come un
documento, e che la storia non può essere guardata altrimenti che con
gli occhi di oggi ma che tali occhi possono essere addestrati ad
osservare il passato senza confonderlo con il presente, misurando le
distanze e le continuità, i mutamenti e le svolte decisive. Ed a
valutare lo sguardo che si rivolge al passato.
Ora, per favore,
considera il documento che ti hanno proposto. Inseriscilo nel contesto
politico e culturale che abbiamo davanti, misurane la correttezza
storiografica e le rilevanze che propone. Senza considerare durate,
spazi, tempi, diversità, ti vuol far capire che il peggior male dell’umanità
in assoluto è stato il comunismo perché la contabilità dei morti
decide così. Contro, in seconda linea, il nazifascismo ed altri
malanni dell’umanità. Se uno si trova a scegliere tra due mali,
senz’altro, se è furbo, sceglie quello che ritiene il minore, anche
per i suoi interessi, soprattutto se può "sdoganarlo",
sminuirlo, mostrare che è reso ormai innocuo. Ma, se è diverso dai
due, lui stesso è senz’altro il "bene". Totalitarismo
contro libertà, cioè contro liberismo, non ti pare?
No, a te non pare
perché, da tutto ciò che hai studiato, hai imparato anche a guardare
nelle zone oscure, dove arriva più spesso la memoria che la storia,
per poi connetterle ai grandi scenari e comprenderne così il
significato profondo.
Così leghi la
memoria alla storia, e la storia, nella tua coscienza, diventa
memoria. Per questo i "diritti umani" non sono per te una
questione da ragioniere, e, credo, nella tua volontà di dare
giustizia non ti accontenti di questa storia all’ingrosso. Io spero
che tutte le ingiustizie, anche quella sociale, continuino ad essere
viste da te come tali.
Ma questo, caro
studente, è un compito che ti assegno per la vita.
La tua insegnante di storia
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