D.: Un tema
importante, che attraversa tutto il libro, è il confronto con la
categoria di totalitarismo, della quale si mette in evidenza da una
parte l’insufficienza dall’altra parte l’utilità per una piena
comprensione del fascismo.
R.: Il punto da cui
io sono partito è una riflessione sulla categoria del totalitarismo e
sulla legittimità ad applicarla al regime fascista. Perché questo
approccio? Perché esso chiama in causa non solo la necessità di
valutare il carattere effettivamente propositivo della categoria
"totalitarismo", ma anche perché, una volta affermato che
questa categoria abbia una sua legittimità, è possibile avviare un
confronto e una valutazione comparata di tutti i totalitarismi
moderni, il fascismo, il nazismo, lo stalinismo, che non sia votata ad
un destino negativo, e cioè quello di affermare che questi tre regimi
sono la stessa cosa, ma che sia invece votata ad un destino positivo,
e cioè individuare quali sono i termini possibili di una comparazione
tra regimi che hanno punti di contatto e, come tutte le esperienze
storiche, originalità e dissimiglianze.
Il fatto che
fascismo, nazismo e comunismo, si definiscano in quanto regimi
comparabili non comporta affermare che essi siano la stessa cosa,
significa soltanto dire che essi sono comparabili. Per poter dire ciò
bisogna però astrarre da questi regimi una categoria generale che li
renda tali e che sia depositaria di alcuni contenuti storici che
effettivamente compaiano in tutti i regimi. Per fare questo
bisogna da un lato riflettere sul fatto che la categoria di
totalitarismo non è una categoria neutrale, ma è nata in una certa
fase storica nella quale è servita a un uso pubblico della storia
fortemente orientato, e quindi bisogna liberarla dall’uso che ne è
stato fatto, e che era un uso tutto interno alla guerra fredda.
Bisogna quindi ritornare alle categorie arendtiane del totalitarismo,
più ampie, più larghe, e quindi assai più utili in sede
storiografica Si tratta cioè di storicizzare la categoria stessa del
totalitarismo. Ovviamente il carattere ideologico che essa ha avuto
non ha giovato al suo uso, e quindi non c’è dubbio che recuperarla
significa liberarla da questi condizionamenti e da queste
incrostazioni per andare all’essenza delle cose.
Ma noi dobbiamo anche
liberarci da una caratteristica della cultura storiografica italiana
che accomuna, per usare queste parole che non definiscono niente,
"revisionisti" e "antirevisionisti" sul fatto che
il fascismo sia un unicum, che il fascismo italiano non sia
comparabile con nessun altro regime coevo.
Io credo che in
questo caso bisogna prendere sul serio i protagonisti: se c’è un
regime che si è definito come totalitario, questo è il regime
fascista. Mussolini fin dagli anni ’20 ha detto che il regime che
intendeva costruire era totalitario. Questa definizione offre dunque
una chiave di lettura che non può rimossa e che serve invece a
penetrare nella storia del fascismo con una bussola euristicamente
molto utile.
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