Dittatura di sviluppo

 

D.: Nel libro si parla di "dittature di sviluppo", indicando in questo un tratto comune a fascismo, nazismo, stalinismo. Questa sottolineatura, se da una parte collega il discorso sul totalitarismo a elementi non ideologici ma strutturali, dall’altra parte si espone ad alcune osservazioni critiche: non si può certo dire che la Germania, al momento dell’ascesa al potere di Hitler, si trovasse nelle stesse condizioni socioeconomiche dell’Italia né tanto meno della Russia. Un’altra osservazione: ad un certo punto si afferma che il fascismo è un totalitarismo "incompiuto" o "in costruzione" in quanto legato ad una modernizzazione, quella italiana, anch’essa incompleta. Potresti chiarire questi punti?

R.: La questione "dittature di sviluppo" è stata introdotta dalla storiografia americana, e soprattutto dalla politologia americana, e ha qualche utilità nel nostro discorso, perché pone l’accento su un tema importante. In genere, quando noi parliamo di fascismo e di nazismo, siamo implicitamente portati ad assegnare a queste dittature un carattere reazionario, estendendo la categoria "reazionario" a piani molto differenti, per esempio sul piano economico, immaginando che queste dittature volessero bloccare, interrompere, far regredire la crescita economica in nome, per esempio, di ideologie ruraliste o di ideologie tradizionaliste che possiamo definire "preindustriali". Questo non è il caso né del fascismo né del nazismo, e non è ovviamente il caso dello stalinismo. Soprattutto nel fascismo italiano e nello stalinismo vi è anzi una fortissima accentuazione del carattere di sviluppo che i regime vogliono fare intraprendere al proprio paese.

Il Duce infatti tende a presentarsi come il simbolo dell’homo faber: Mussolini costruttore di città, Mussolini che distrugge i quartieri fatiscenti, che introduce in Italia un’accelerazione della crescita. Da questo punto di vista il planismo, sia comunista che fascista, è fortemente intessuto della convinzione che il domionio dello stato sull’economia abbia per fine la modernizzazione e lo sviloppo. In riferimento a questo aspetto forse è proprio il nazismo il regime che ha meno forte questa accentuazione, perché ha un’ideologia fortemente segnata da elementi di tradizionalismo: il richiamo all’Heimat è qualcosa che entra in rotta di collisione con l’assumere compiutamente un’ideologia modernizzatrice o "sviluppista", che invece è molto forte nel fascismo e nel comunismo. Pensare che in particolare il fascismo sia stato un regime "contro lo sviluppo" non ha fondamento, perché anche ciò che appare più "contro lo sviluppo", cioè per esempio l’autarchia o le politich agricole, nel contesto in cui si collocano hanno al loro interno degli elementi di crescita e di sviluppo dell’economia italiana che sono, alla luce dei fatti storici, ormai indiscutibili.

Venendo all’altra questione che tu ponevi, e cioè il rapporto tra modernizzazione italiana e fascismo, io volutamente sottoposto alla discussione l’idea del "totalitarismo imperfetto", proposta da Sabbatucci e poi ripresa da altri, come Tranfaglia. "Imperfetto" fa infatti riferimento all’idea che, nonostante le dichiarazioni di principio, poi la realtà era in qualche modo diversa. Dire invece, anche se si tratta di sfumature, "totalitarismo incompiuto" significa sottolineare che il processo totalitario, interrotto con la guerra e il crollo del fascismo, era un processo in itinere, i cui esiti erano assolutamente imprevedibili, e che Mussolini soprattutto nella seconda metà degli anni Trenta aveva perseguito un progetto di totalitarismo compiuto. Il problema è che il totalitarismo compiuto presuppone una cessione di controllo sui processi economici e produttivi da parte dei poteri economici al potere politico, e questa cessione non si è verificata. La borghesia italiana si è sottratta alle istanze di controllo del sistema economico che provenivano dal corporativismo fascista. Da qui è nata un’incompiutezza, per il semplice fatto che questo contrasto tra potere politico e potere economico insito nel disegno planista corporativo del fascismo ha determinato che l’evoluzione totalitaria del regime subisse un’interruzione.