D.: Un altro spunto
di discussione sempre a proposito dell’analisi che Polanyi fa del
fascismo. In L’essenza del
fascismo (pubblicato nel 1935, ora in Karl Polanyi, La libertà
in una società complessa,
Torino, Einaudi,1987, pp. 90-117) egli analizza i testi di alcuni
ideologi nazisti (O. Spann, L. Klages, A. Rosenberg) e sostiene che il
fascismo è antiindividualista e antiuniversalista, e quindi
anticristiano. Egli fa riferimento al tentativo, già in corso negli
anni Trenta in Germania e in Italia, di creare una religione politica
alternativa al cristianesimo. Ciò avrebbe determinato uno scontro
durissimo tra il fascismo e le Chiese, sia con le Chiese protestanti
sia con la Chiesa cattolica non in quanto istituzioni disposte anche a
compromessi ma in quanto portatrici di un’idea dell’uomo e dell’umanità
alla quale il fascismo si contrapponeva. Per Polanyi il fascismo è
antisocialista in quanto è anticristiano: le persone non esistono se
non in rapporto con la totalità rispetto alla quale possono essere
definite (la nazione, la razza); la società quindi esiste al di fuori
del rapporto tra le persone. Il razzismo è per Polanyi una componente
fondamentale del fascismo, nella sua accezione tedesca, nel momento in
cui si propone come nuova religione. Questo discorso si intreccia con
la questione del totalitarismo e con la questione del rapporto tra
Stato e società nel progetto totalitario del fascismo.
D.: Sono convinto che
questa sia una chiave di lettura stimolante del fascismo, perché un
progetto totalitario funziona nella misura in cui riesce a costruire
una religione civile che sia parte integrante dell’identificazione
dei cittadini con il regime, con lo Stato, con il potere politico.
Possiamo dire che in fondo tutte le grandi ideologie politiche del XX
secolo hanno attinto all’universo delle religioni molte delle loro
modalità concrete di funzionamento. Il tentativo, in una società
secolarizzata, di costruire dei progetti per il futuro che avessero
per oggetto non semplicemente il miglioramento delle condizioni di
vita ma la creazione di una nuova società, capace di rifondare l’umanità,
segnalano che la componente escatologica e teleologica di queste
ideologie sia fondamentale. Questa dimensione volontaristica e
irrazionale è l’elemento cruciale del processo di mobilitazione
della società civile, di fascistizzazione della società.
Non c’è dubbio che
in paesi come l’URSS il problema è stato risolto alla radice: le
Chiese vengono bandite e la religione abolita dall’universo dei
comportamenti collettivi, e quindi rimane soltanto la religione
pubblica, la religione di Stato, la religione del regime politico. E’
vero che Stalin non era un leader carismatico come Hitler o Mussolini,
che non si presentava a torso nudo o non riuniva milioni di uomini
nelle piazze di Norimberga, però è pur vero che qui il mito politico
del comunismo assume la stessa funzione che il Führer o Mussolin
antica hanno nel fascismo. E’ vero che tutto questo entra in rotta
di collisione con le Chiese laddove, come nei regimi fascisti, non si
procede per vie radicali come nel comunismo perché invece questi
regimi non dichiarano apertamente il loro anticlericalismo, il loro
ateismo. Anzi nel fascismo in particolare c’è, dopo un’iniziale
fase radicale, una cristianizzazione, una cattolicizzazione del
movimento che si pone in qualche modo a difesa e a bandiera della
religione. Però il conflitto resta, perché non c’è dubbio che il
totalitarismo di Mussolini che vuole educare gli italiani dalla
nascita alla bara cozza contro un analogo disegno della Chiesa, e
cristianizzare e fascistizzare gli italiani sono due progetti che
astrattamente possono convergere e convivere, ma in realtà sono in
rotta di collisione in quanto il fine della fascistizzazione è pur
sempre la visione di un regime secolarizzato che si pone dei problemi
che non hanno niente a che vedere con i fini ideali, religiosi del
cristianesimo. Qui si gioca, nel caso dell’Italia, un’ambivalente
serie di fenomeni: da una parte c’è il tentativo dei fascisti
cristiani o dei cristiani fascistizzati di pensare che il fascismo
possa essere la via attraverso la quale cristianizzare l’Italia e il
mondo, (Gemelli e tanti altri), dall’altra parte ci sono quei
cristiani che capiscono perfettamente che tra fascismo e cristianesimo
c’è una frattura, e animarono quelle organizzazioni e quegli ambiti
dentro cui sarebbe cresciuta una cultura cattolica antifascista; in
mezzo c’è il comportamento della Chiesa cattolica che, nonostante
la pressione dei fascisti cristiani o dei cristiani fascistizzati, non
accetta fino in fondo il terreno della delega e rivendica una sua
autonomia che, nonostante i Patti Lateranensi, darà sempre vita a
tensioni e contrasti, molto evidenti nella seconda metà degli anni
Trenta e soprattutto quando l’Italia entra in guerra.
Certo, sorprende lo
storico il fatto che nella Chiesa cattolica siano state scarsissime le
voci che si siano levate sull’atto dirimente del totalitarismo
fascista cioè l’assunzione della politica antisemita, ma questo in
parte si spiega con il fatto che l’antiebraismo è una componente
fondamentale della cultura cattolica dal medioevo.
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